Spesso ci assalgono dubbi su ciò che è giusto e ciò che potrebbe non esserlo, ancora più spesso questi dubbi si trasformano in ansia per il domani e ci fanno essere poco lucidi e performanti.
I cambiamenti non sempre sono auspicabili: tuttavia capita che dopo una delusione o più di una si giunga alla fine di un matrimonio, divorziando, oppure dopo una bocciatura scolastica si arrivi a decidere di cambiare indirizzo di studi, o ancora sciogliere una società, mettere fine ad un’amicizia pluriennale in seguito ad un tradimento, cambiare facoltà universitaria per non aver superato un esame.
Alle prime difficoltà, oggi più di ieri, si è portati a gettare la spugna, in questa società fluida, con valori precari, dove tutto è immagine e nulla è sostanza, in cui i soldi sono il sommo bene e la gente è sempre più egoista ed approfittatrice.
Non sempre però cambiare rappresenta la scelta più azzeccata, a volte si finisce dalla padella alla brace, altre volte, invece, dopo aver a lungo ponderato, il cambiamento può essere un toccasana.
In politica, ad esempio, è doveroso cambiare i propri rappresentanti se questi ultimi non hanno soddisfatto le aspettative e le richieste del popolo durante il proprio mandato, nonché le promesse fatte in campagna elettorale. Ma attenzione a non cambiare scegliendo il cosiddetto ” meno peggio “; siamo stufi di sentire questa frase! Bisogna scegliere il meglio, sebbene poi fallibile. Se in seguito alla scelta più appropriata ci si accorge di aver sbagliato deve essere possibile rettificare la propria decisione ed esonerare gli incapaci, coloro che si montano la testa o non mantengono gli impegni presi entro un dato periodo di tempo.
Così a scuola: mai gettare la spugna se tal docente non è bravo a spiegare, se ha un metodo incomprensibile, se non sa accendere il fuoco della conoscenza, se non comprende il lato umano dei propri alunni, mai cambiare se si prende qualche insufficienza, se si viene rimandati o se si perde l’anno: bisogna analizzare le ragioni cogenti, obbligate, prima di attuare una rivoluzione!
Anche la decisone, oggi molto frequente, di lasciare il proprio coniuge, deve essere ben ponderata: siamo sicuri di volerne farne a meno? Prima di metterlo alla porta va analizzato il prosieguo: staremmo davvero meglio senza? È la scelta migliore cambiare partner per un altro? Oppure Peppe per Peppe, meglio tenersi il proprio Peppe?
Oltre ai coniugi chi altro ne soffrirebbe?
Di solito le ragioni del cambiamento sono unilaterali e quando si opta per un cambio di rotta avventato e drastico, nonché repentino, poi ci si pente, a volte non si può tornare indietro.
Capita anche di perdonare un’amica che ci ha deluso: in quel caso non si cambia idea sull’amicizia, ma si analizzano le cause che hanno generato il tradimento, l’errore.
E qui nasce la domanda da un milione di dollari. È possibile perdonare un tradimento? Vale in amore, in amicizia, sul luogo di lavoro, in politica.
Insomma è possibile non cambiare idea verso qualcuno dopo una cocente delusione? Come si può essere ancora ben predisposti nei confronti di un traditore o di un lestofante?
Qualcuno afferma che si possa perdonare ma non dimenticare, qualcun altro invece non persona e non dimentica.
In questo caso il cambiamento è ineluttabile? Chiedere scusa, tornare sui propri passi rappresenta un cambiamento positivo?
Ai posteri l’ardua sentenza, io la ricerco nello sguardo puro di mio figlio.
Annalisa Capaldo