*una mia amica scrive :
Ho sbagliato tanto nella vita.
Ho amato uomini che non mi amavano sperando di cambiarli, perché avevo letto da qualche parte che qualcuno era riuscito a trasformare un uomo normale in un supereroe. Ci ho provato anch’io. E ho fallito.
Ho desiderato uomini che non mi vedevano abbastanza, che mi tenevano in penombra. Non abbastanza in ombra da farmi arrabbiare, non abbastanza alla luce per rendermi felice. E ho imparato a mie spese che la penombra può essere eterna, vigliacca, maledetta.
Ho cercato di convincere uomini ad amarmi, mostrando la versione migliore di me. Sempre. E il sempre dopo un po’ diventa estenuante. Un’attrice che ripete solo il suo monologo migliore, come un mantra, come una cantilena, come una punizione. Ero esausta, basta, lasciatemi essere me stessa, la versione di me peggiore, la più incompleta, la più malinconica, ferita, disillusa, che a recitare poi si muore.
Ho rincorso uomini che scappavano perché un giorno ho creduto che se un uomo scappa è perché ha paura.
Poi una mattina mi sono svegliata e ho capito che chi scappa non ha paura, vuole solo andare altrove.
E ho imparato a lasciare andare. E più lasciavo andare e più nessuno si fermava, come se la rete bucata facesse correr via tutti i pesci.
Poi ho compreso che se ne va chi non vuole stare. E che la rete bucata è una benedizione.
Si lascia andare via. Non si trattiene nessuno, perché non siamo oggetti a caso da collezionare, siamo monete per terra che migliaia di passi calpestano e poi arrivano due gambe che si piegano e ci raccolgono.
Non siamo per tutti. Smettiamola di voler essere per tutti.