Un disco e poi l’anno dopo un film che diventarono cult. Ora sono celebrati con la ristampa del vinile e una nuova pubblicazione dopo i precedenti successi – l’avventura cominciò nel 1971 grazie al produttore Cerruti, già fidanzato di Mina, e ad autori doc come Pace, Savio e Bigazzi – che qui mostriamo
Nell’estate del 1983, quarant’anni fa, mentre a Napoli si ballava sulle note di «Billie Jean» di Michael Jackson, «Vamos a la Playa» dei Righeira, «Flashdance – What a feeling» di Irene Cara, «Karma chameleon» dei Culture Club, di dalle finestre napoletane si sentivano i versi di «’O tiempo se ne va»: «’Sta luna pare ‘na scorza ‘e limonee comm’è blu stu cielo ‘e cartone…». La canzone degli Squallor era tratta dall’album «Arrapaho» della premiata ditta Totò Savio, Giancarlo Bigazzi, Alfredo Cerruti, Daniele Pace. E fu un successo clamoroso, figlio di un passaparola tra i fan, visto che i brani del disco, come tutti quelli del leggendario quartetto, per ovvi motivi di censura, non godevano di passaggi radiofonici e televisivi. C’era un unico spot pubblicitario, rimasto celebre per i giovani di quella generazione, con un indiano che marciava verso la telecamera esclamando «Ciao, comprati Arrapaho», visibile solo nelle ore notturne.
Il successo del disco «cult» fu bissato l’anno dopo, nel 1984, dall’omonimo film girato in soli 15 giorni, diretto da Ciro Ippolito che ne scrisse il soggetto collaborando anche alla stesura della sceneggiatura. Per il Dizionario del Cinema di Morandini è «il più brutto di sempre», ma alla fine costato solo 135 milioni di lire, incasserà 5 miliardi di lire, diventando un altro «cult» tra gli appassionati, al punto che la sua edizione restaurata, realizzata e uscita lo scorso anno nelle sale (al Filangieri code infinite per vederlo), è balzata subito prima in classifica nelle vendite dei dvd in formato blu-ray, segno che il culto di «Arrapaho» e degli Squallor si continua a tramandare fino ai giorni nostri. Difficile dimenticare il botta e risposta in cui il Grande Capo Palla Pesante (Daniele Pace) della tribù dei Cefaloni, chiede a suo figlio Capa di Bomba (interpretato dal figlio della padrona del ristorante degli studi cinematografici della De Paolis: «A chi vuoi più bene a mammà o a papà?». E il pargolo paffuto risponde candidamente «Pippo Baudo».