La parola migliorista fu coniata per identificare quella parte del PCI che più coerentemente riteneva naturale un approdo di quel partito nella famiglia del socialismo europeo. L’intento, come è ovvio, era quello di offendere e dileggiare coloro che condividevano le opinioni di Giorgio Amendola e, dalla sua morte, di Giorgio Napolitano. In realtà, io come tanti altri che guardavamo con simpatia a quei personaggi, non mi sono mai sentito offeso da quella definizione. Anzi, la ritenevo un complimento e mi divertivo a chiedere provocatoriamente a chi la usava se preferisse definirsi peggiorista. Intendevo in questo modo contrapporre l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e dei ceti popolari a coloro per i quali, in attesa del sol dell’avvenire, tanto peggio, tanto meglio.
Purtroppo, da qualche decennio, le parole hanno perso il loro originario significato, determinando una confusione tale da rendere molto problematico distinguere tra le diverse proposte politiche.
Tra le tante, la parola riformista è quella che più è stata deformata e deturpata del suo originario significato. Infatti, oggi tutti si definiscono riformisti. Persino coloro che sono contrari al salario minimo o chi si schiera sempre contro qualsiasi proposta per contrastare l’evasione fiscale.
Chiariamo, quindi, che la parola riformista è una parola di sinistra. Un tempo era contrapposta alla parola massimalista ed era usata per definire i socialisti che, attraverso le riforme, volevano far progredire le masse popolari, senza dover aspettare l’avvento del socialismo. Se questa è la genesi della parola, allora si comprende che i conservatori o, addirittura, coloro che vogliono peggiorare le condizioni di vita dei lavoratori, non hanno alcun titolo per definirsi riformisti.
Giorgio Napolitano è stato un grande esponente della sinistra riformista. Ha sempre lottato per il riscatto dei ceti popolari ed ha sempre difeso la democrazia. Lo ha fatto senza mai usare toni propagandistici, sempre confidando nella forza delle idee. Ha vissuto gran parte della vita politica in minoranza e solo in tarda età ha visto riconosciuta la sua coerenza ed il suo rigore morale.
Aveva una grande disponibilità all’ascolto, anche dei militanti più umili, e questo gli consentiva di mantenere un continuo rapporto con la realtà. Anche quando in molti scommettevano su una vittoria elettorale (come nel 1994) lui predicava prudenza.
Si deve per gran parte a lui l’approdo al socialismo europeo del PDS. Era intransigente solo quando si parlava di rispetto delle Istituzioni e mal tollerava gli sconfinamenti tra i poteri dello stato. Per questo contrastò con decisione alcune bizzarre iniziative di alcuni magistrati. Voglio concludere con un ricordo personale. L’ho invitato diverse volte a venire a Nocera e non ho mai ricevuto una sua indisponibilità. Una volta l’ho costretto a viaggiare nella 110 guidata da Vittorio Ruggiero, di Capocasale: ebbe solo un momento di perplessità quando vide l’imbracatura che sorreggeva Vittorio e gli strumenti al volante che gli consentivano di guidare. Poi, quando iniziammo il viaggio da Napoli, si sciolse e conversò affabilmente con Vittorio. Venne nella nostra città anche per l’inaugurazione della prima sezione del PDS, nel 1991 e di quell’incontro conservo un ricordo fotografico che ho pubblicato di recente.