La Pepità
Il concetto è stato definito dopo un attento e prolungato confronto con mia cugina, abbiamo impiegato circa sessant’anni.
Dicesi “pepità” quella disposizione interiore al ribaltamento prospettico che induce, ad esempio, a considerare la feste come funerali e i funerali come feste.
Abbiamo notato, infatti, che le riunioni familiari che dovrebbero essere gioiose, siano vissute nell’ attesa che si manifesti Eris, che c’è sempre stata e la sua attesa non è mai stata disconfermata, crediamo che sia stata regolarmente invitata.
Non arriva mai incazzata, ma con la calma e l’atteggiamento della vecchia zia, che non può sottrarsi ad inviti non graditi.
Non è mai scoppiata una guerra di Troia , ma la sua presenza raffreddava il clima di festa, quasi a sottolineare che non ci si può fidare dell’apparenza.
Una Eris didascalica e sorniona .
Nei momenti bui, abbiamo sempre trovato qualcosa per sorridere, infatti è sempre stato ospite fisso un folletto burlone che ci faceva notare come la “tristezza d’ordinanza” venisse tradita dai sorrisi e dagli atteggiamenti dei presenti, spesso evidentemente felici del fatto che il funerale consentisse una riunione di famiglia.
Gli esempi servono a chiarire come il ribaltamento prospettico sia un carattere inscritto nel DNA di molti e che la “pepità” sia semplicemente data dall’averne consapevolezza.
Da ciò il conseguente corollario : la “perdenza”, che caratterizza chi sceglie di dismettere l’illusione che le cose siano come appaiono.
Se non sei capace di rimanere nella “persona” etimologicamente intesa e sei convinto che sia etico dimostrare con le azioni che al di là delle funzioni, degli incarichi e dei ruoli sociali ci sono solo persone rese uguali dalla comune miseria, sei destinato alla “perdenza” e la rivesti di superiorità morale per sopravvivere.