La necessità di capire o quanto meno di farsi una ragione dell’esistente è un bisogno umano primario, essenziale, vitale.
Conseguente è il bisogno di racchiudere in concetti di sintesi quanto con fatica si riesce a cogliere.
A me sembra di poter affermare che la radicalità dell’aforisma attribuito a Che Guevara, negli anni venti del XXI secolo sia stato assunto come principio di riferimento a livello normativo : una inversione spettacolare. Non si possono disconoscere i principi ispiratori della democrazia (anche perché poi non la si può esportare), ma si devono applicare disposizioni, regolamenti e obblighi di legge che li negano in radice.
La conseguenza sul piano pubblico e personale è una società che basa il suo principio ontologico sulla rideterminazione del concetto di crisi : non è più prevista la lisi, nemmeno più quale preludio di una crisi successiva.
La crisi è divenuta “principio di realtà”, da questo si parte, da questo partono le leggi che ci governano.
Sono realisti, chiedono l’impossibile, in ogni settore della vita pubblica.
Anche nella scuola, soprattutto nella scuola, in cui assistiamo a un processo di prescrizioni cui ottemperare che, di fatto, ne erodono la “ragione sociale”.
Per fare tutto quello che “realisticamente” viene ritenuto necessario, si è scelto di rendere “ansiogeno” il futuro.
Il futuro ha in sé la connotazione di imprevedibilità , caricare in tal senso serve esclusivamente ad accrescere l’ansia e una scuola “in ansia”, perché sovraccarica di compiti non realisticamente possibili, per “preparare“ alle sfide dell’ignoto, diviene incubatore e amplificatore del senso di inadeguatezza strutturale che “rende” ogni individuo soccombente.
Se non posso fare quello che so fare, ma, nel fregolismo didattico imperante, devo indossare abiti( mentali) diversi , nella stessa giornata, dal coordinatore di classe, al membro del Team antidispersione e antibullismo, all’Animatore digitale, a membro del Team, al tutor ( pcto, orientamento, pon por,poc) al coach, al facilitatore, al “curvatore disciplinare”, all’accompagnatore in varie ed eventuali, al formatore, al progettista, al collaudatore, al mentor, all’esperto, all’Orientatore, vuol dire che realisticamente, si chiede l’impossibile.
Poi si dirà che non ce l’abbiamo fatta.