Fumata bianca della maggioranza sulle riforme al vertice di ieri a Palazzo Chigi. Impegnata prima sul fronte della manovra, Giorgia Meloni riesce a blindare la legge di bilancio da spedire in Parlamento e presiede subito dopo (nel cosiddetto salotto giallo al primo piano della sede della presidenza del Consiglio) un’altra riunione con gli alleati dove fa en plein, incassando anche l’accordo sul premierato, suo storico cavallo di battaglia elettorale.
La leader di via della Scrofa ottiene il via libera non solo sull’elezione diretta del premier ma anche sullo stop ai senatori a vita e sulla norma cosiddetta anti-ribaltone. L’intero ‘pacchetto’, racchiuso nel ddl Casellati di riforma costituzionale, è atteso al Consiglio dei ministri di venerdì 3 novembre. Esulta sui social Matteo Salvini: “Niente governi tecnici, ribaltoni, cambi di maggioranze e partiti al governo, niente nomine di nuovi senatori a vita. Il voto degli italiani ora conterà finalmente di più”. Gli fa eco Antonio Tajani, numero uno di Fi: “Siamo d’accordo sul testo che andrà in Cdm”. “Abbiamo condiviso tutto il contenuto che ci è stato proposto, penso che questa settimana il Cdm approverà il disegno di legge che poi inizierà il suo iter”, assicura Maurizio Lupi capo politico di Noi moderati.
Soddisfatta il ministro per le Riforme istituzionali, Elisabetta Casellati: “Ancora una volta il centrodestra si conferma compatto. Abbiamo fatto un grande passo avanti verso la ‘riforma delle riforme’, che darà stabilità al Paese e restituirà centralità al voto dei cittadini con l’elezione diretta del premier”. “Dall’incontro è emersa la piena condivisione del progetto di riforma costituzionale che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio”, assicurano fonti di palazzo Chigi.
Scompare, dunque, la nomina dei senatori a vita, incarico che resta a disposizione solo degli ex capi di Stato. In particolare, la norma anti-ribaltone, una delle più delicate dell’intera riforma, prevedrebbe, in caso di ‘caduta’ del premier eletto dal popolo, la possibilità di riprovare a ricostruire la maggioranza o con lo stesso premier o comunque con un altro esponente della stessa maggioranza scelta dai cittadini con il voto. Solo in caso di tentativi falliti, dunque, il ritorno alle urne. Meloni incassa anche il sostegno di Matteo Renzi, che offre il suo appoggio.
“Siamo alternativi alla maggioranza sovranista di Salvini e Meloni e siamo alternativi alla minoranza populista di Conte e Schlein”, premette l’ex rottamatore Dem che poi ‘apre’: “Se però la Meloni porta la riforma costituzionale con l’elezione diretta del premier, noi ci siamo”. Oltre a Meloni, Tajani e Salvini, al vertice hanno partecipato i centristi Maurizio Lupi e Lorenzo Cesa. La riunione, che è seguita a quella sulla manovra, è stata allargata alla Casellati e al ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Presenti i sottosegretari alla presidenza Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari.
Le posizioni in campo restano le stesse di mesi fa quando Giorgia Meloni incontrò a Montecitorio le opposizioni per un confronto sulle riforme costituzionali. Azione, Pd, M5S, Avs, Più Europa confermano la bocciatura: no all’elezione diretta del presidente del Consiglio. Unico pronto a sostenere il simil ‘sindaco d’Italia’ è quindi Renzi, e anche in questo caso è una conferma. La bozza in 5 punti su cui la maggioranza ha trovato l’accordo verrà esaminata venerdì in Cdm per partire l’iter in Parlamento dalla Camera, con ogni probabilità, visto che il Senato è già impegnato con l’autonomia.
Nella bozza di premierato proposta dal governo Meloni si accenna anche alla legge elettorale. Solo un titolo: premio di maggioranza al 55%. Nessuna altra indicazione. Sarà il Parlamento a confrontarsi sulla vasta gamma di opzioni, modelli, sistemi che sottendono a quel ‘titolo’. E se sul no all’elezione diretta del premier le opposizioni, tranne Renzi, si muovono unite, la legge elettorale potrebbe rappresentare un tema più spinoso su cui trovare una posizione comune. Un punto di partenza potrebbe essere quello di superare i listini bloccati: ridare potere di scelta agli elettori come ‘antidoto’ anche all’astensionismo.
Elly Schlein, ospite dell’assemblea di Azione, lo ha ribadito: serve “una legge elettorale che restituisca il potere di scelta dei rappresentanti agli elettori e questa discussione va fatta subito senza aspettare di arrivare in fondo alla legislatura”, ha rimarcato tra gli applausi della platea. Mentre sulla riforma, il no al premierato da parte del Pd è netto.
Dice Andrea Giorgis, senatore e costituzionalista: “Se il primo ministro viene eletto dai cittadini non viene più nominato dal Presidente della Repubblica e legittimato dal Parlamento attraverso la fiducia. Dalla primazia del Parlamento si passa alla primazia del Governo. La democrazia si riduce alla scelta del capo”.
Il senatore dem Dario Parrini ricorre a un gioco di parole: Terza Repubblica? Con premierato alla Meloni “avremmo una Triste Repubblica, in cui il Capo del Governo tiene a guinzaglio il Parlamento e il Capo dello Stato”. Mentre Carlo Calenda continua a prendere di mira Matteo Salvini che parla di riforma anti-ribaltone: “Caro Salvini, non riesco a immaginare ribaltone e tradimento dell’elettore peggiore di quello del governo che hai fatto con i 5S all’indomani delle elezioni del 2018, dopo aver assicurato ai tuoi elettori l’opposto”.
Insiste il leader di Azione: “E che dire del passaggio da ‘fuori dall’Euro’ a ‘Ue fai di me ciò che vuoi’ oppure ancora le balle che hai raccontato ai pensionati sull’abolizione della Fornero. I ribaltoni li fate tutti i giorni disattendendo ogni promessa. E certo, sarà un gran guadagno per tutti i cittadini rinunciare ad avere in Senato Renzo Piano, Elena Cattaneo, Liliana Segre per mezzo simil Salvini in più. Vai a lavorare…il resto lo sai”.
Per Riccardo Magi di Più Europa “a riforma costituzionale di Giorgia Meloni è la tomba della democrazia rappresentativa”, un “tentativo della destra di trasformare l’Italia nell’Ungheria di Orban, dove tutti i poteri sono concentrati nelle mani di una sola persona”.
Nicola Fratoianni è più scettico sul fatto che la riforma vedrà mai la luce, la vede più come una arma di distrazione dei problemi del Paese: “Sperano di sviare l’attenzione dalla crisi sociale del Paese. Sbagliano, e sbagliano di grosso: non molleremo la presa , continueremo ad esigere che il governo risponda ai problemi reali del Paese. E sbagliano pure sulle riforme: lo snaturamento della nostra Costituzione non gli sarà permesso”.
Stesse considerazioni dal M5S: “Il governo ricorre all’ennesima arma di distrazione di massa e annuncia una riforma che sembra un autentico pastrocchio costituzionale. Si confonde l’ingegneria costituzionale con l’avventurismo di dilettanti allo sbaraglio”, dicono i capigruppo nelle commissioni Affari costituzionali di Camera e senato, Alfonso Colucci e Alessandra Maiorino. “In base alla anticipazioni uscite da Palazzo Chigi avremmo gioco facile a sottolineare con la matita blu le assurdità contenute in questa riforma. Ma lo faremo a tempo debito: oggi l’Italia è preoccupata per la pessima legge di Bilancio del governo Meloni e il M5S lavora affinché i cittadini abbiano le risposte che meritano. Non consentiremo al governo di parlare d’altro”.