Quando ero piccola il Natale era bello: avevo i miei nonni paterni vivi e così il mio papà, sempre seduto vicino a me, anche se donne e bambini prendevano posto più lontano dai maschi adulti.
Ma io nel bel mezzo dei lunghissimi pranzi mi allontanavo e parlavo con Gesù o chi per lui, con le lacrime che mi rigavano il viso, supplicandolo di non togliermi gli affetti più cari.
Avevo meno di 10 anni ma già sapevo che senza il mio papà e i miei nonni paterni non sarebbe più stato Natale.
Mangiavamo e ridevamo di gusto, anche le pietanze servite avevano un altro sapore: le frittelle con lo zucchero sprigionavano un profumo che sapeva di famiglia, anche la tombola e il 7 e mezzo, il mercante in fiera, i grandi si sfidavano in interminabili partite di poker e il fumo del camino si mescolava all’ odore dei mandarini sbucciati. Intanto noi piccoli attendevamo la mezzanotte per adagiare il Bambinello nella mangiatoia del Presepe.
Da un po’ di anni a questa parte, nonostante abbia tre splendidi figli, per me non è più Natale, non riesco a non assentarmi con la mente e a non pensare a chi manca, a chi rendeva bello anche un semplice brindisi.
Come me chissà quanti nutrano gli stessi sentimenti e provino uguali sensazioni: mi verrete a dire che questa è la vita, le persone muoiono, chi troppo presto, chi ingiustamente, le sedie restano vuote oppure ci si siede chi non ne è degno, semplicemente non è chi vorresti lì.
È pur vero che non è giusto rattristare i bambini e le persone che sono restate, in fondo non è colpa di nessuno se il destino ha compiuto delle scelte, privandomi della magia del Natale.
Non sono un Grinch, ma per sentirmi meno triste non basteranno le luci d’artista, il Presepe e l’albero accesi, gli struffoli che comunque preparerò, i doni per i miei pargoli.
La Messa di Natale non mi ridarà serenità, ahimè, per quello ci vorrebbe un miracolo: tuttavia i miracoli accadono e in fondo al mio cuore martoriato c’è la flebile speranza di poter almeno sognare chi ormai non c’è più, immaginare un abbraccio, sentire l’eco di una risata o di una battuta.
Allora, come dice chi è saggio, chi è glaciale e razionale da fare schifo, bisogna imparare ad elaborare i lutti, a dissimulare, ad andare avanti se non altro per i nostri figli, nipoti. Anche loro, come noi, meritano di vivere la magia del Natale, anche se un po’ triste per le assenze troppo pesanti, troppo insostituibili per fare finta di niente.
Annalisa Capaldo