Ci siamo, mancano pochissimi giorni alla fine dell’anno ed io di bilanci me ne intendo, non solo per aver aver svolto con un certo impegno il ruolo di direttrice amministrativa in una scuola, ma anche per l’autocritica che di solito faccio a me stessa.
Questa caratteristica manca a tante persone che credono di aver studiato, lavorato, imparato, sofferto, esclusivamente loro, mentre gli altri non hanno idea di cosa significhi tutto ciò:: gente vanagloriosa che ha smarrito l’umanità o forse non l’ha mai avuta, sempre pronta a giudicare e a puntare il dito, a farsi il malanimo, come si suol dire. Io affermo che il ladro si senta sempre derubato; intendo dire che proprio coloro che oggi criticano e che si sentono ingiustificatamente superiori a chicchessia sono esseri mediocri e dotati di false competenze o al massimo di quattro nozioni imparate a memoria, a furia di fare sempre le stesse cose. Un sapere mnemonico e scialbo, privo di creatività e vera cultura.
Ma non starò qui a giudicare a mia volta coloro che ingiuriano il prossimo e non sanno fare altro, non mi dilungherò insomma perché non ne vale la pena.
La mia dirigente oggi ha proferito una frase saggia e veritiera: la gente falsa e pettegola cadrà come birilli davanti ai nostri occhi senza che muoviamo un dito.
Tempo di bilanci: ribadisco che la gente buona e cattiva non ha nazionalità, la si trova tanto al Sud quanto al Nord come chi predica bene e razzola male, pensando solo al proprio orticello e ad arricchirsi.
Il mio 2023 si chiude in pareggio, non voglio parlare di vittoria perché non ho ancora raggiunto le colline d’oro, come era solito sostenere il mio prof. di filosofia al liceo: lascio la spocchiosa idea di essere capaci, competenti e più esperti a chi in fondo non sa scrivere neppure quattro righe senza scopiazzare dal collega bravo o da Internet e a chi al massimo ha letto qualche manuale di economia aziendale.
Buon anno nuovo a me che ho resistito alle calunnie gratuite, alle minacce vomitevoli, allo sfruttamento di uomini senza amici e senza coscienza, ai tradimenti di chi per noia o per vizio non ha saputo meritare la mia stima, ai pianti silenziosi e alla paura di non saper più amare.
Buon anno a me che ambisco a chiudere i capitoli ancora aperti senza raccomandazioni o titoli acquistati coi soldi di papà e a credere di più anche in Dio, misericordioso quanto basta per non fulminare sul posto noi peccatori.
Buon anno a me che ho partorito tre figli e per i quali sono stata disposta a mettere da parte l’orgoglio e a passare per inesperta e stupida per bocca di qualche segretaria d’azienda che non ha mai compreso i Vangeli o Il Capitale.
Annuisco, mie care e miei cari, dicendovi che avete ragione perchè non meritate di conoscere appieno il mio animo, ne avete abusato ed io ho incassato pensando che presto vi avrei depennato dalla mia esistenza.
Buon anno a me che se non ho ancora conquistato la vittoria è solo questione di giorni perché il nuovo anno porterà fiori e frutti, mi permetterà di rinascere nello spirito e di godermi i figli che ho messo al mondo.
Buon anno a me e a chi come me non farebbe del male a nessuno solo per il gusto di farlo: ricordo mio padre che fingeva di perdere al giuoco delle carte con un uomo meschino e ricco, ma un emerito imbecille che solo perché era il suo datore di lavoro si sentiva in diritto di offenderlo.
Io vedevo le carte di papà e mi chiedevo perché giocasse a perdere con quella specie di Belzebù idiota che lo insultava e rideva sbavando e pensando di vincere perché più bravo.
Quando in privato gli chiedevo perché perdesse di proposito, proprio lui che era riconosciuto come un campione nel giuoco delle carte, del biliardo, delle bocce, mi rispondeva con un sorriso: Cosa mi costa a fare divertire un essere del genere?
In effetti era così stupido da non capire che papà lo facesse vincere sempre apposta! Chissà se almeno a fine partita gli veniva il dubbio di essere un mentecatto…
È lì che ho imparato ad incassare i colpi al cospetto di chi non merita neppure una risposta.
Buon anno a me e a quelli come papà, umile, onesto, buono, sempre pronto a far sorridere gli altri, mai avaro, spilorcio e privo di amici, che prima di proferire parola pensava se potesse cagionare dispiacere o malumore all’ interlocutore, dosando toni e sguardi.
Buon anno, papà, dammi ancora la forza di quel tuo sorriso consapevolissimo di essere superiore senza mostrarlo o palesarlo e senza mai minimamente vantarsene.
Buon anno a quelli come me e come il mio papà e come Lucia che la scorsa notte mi ha fatto visita nel sonno.
Agli altri solo fuffa, come dicono a Milano, ossia cose inutili di nessun conto, alla stregua del loro animo.
Annalisa Capaldo