Forse quei fischi di #Ryad, durante il minuto di raccoglimento per #GigiRiva e #FranzBeckenbauer spiegano meglio di ogni altra cosa la fine di uno sport come il #Calcio. Il fallimento di una classe dirigente cialtrona e senza scrupoli che ha svenduto la grandezza dei sogni, dei miti, delle gesta e della storia più bella del Calcio, al business più bieco e spregiudicato. Ti assale tanta tristezza e ti viene nostalgia a pensare a Gigi Riva che sceglie di restare in Sardegna, nel Cagliari, per tutta la carriera. Lui, un lombardo nato sulla riva del Lago Maggiore, il più grande attaccante dell’epoca e non solo di quella, che si innamora di una terra e di un popolo, che subito si innamorano di lui e decide di contraccambiare quell’incredibile legame restando lì, rifiutando la Juve e le altre squadre del nord.
I sardi lo amavano, tutti i sardi, che ti amano se sei speciale e ti amano se sai ribellarti.
I sardi, essendo indomabili, amano le ribellioni, e a modo suo Riva fu un ribelle, un ribelle gentile. Si ribellò al destino che gli offriva palcoscenici e allori di altro spessore, si ribellò seguendo l’amore e non il successo. È diventato leggenda per questo, lo abbiamo amato tutti perché segnava a raffica sì, ma anche perché ci insegnò che amare una maglia e rispettare un popolo sono i valori e i tratti distintivi di chi è campione dentro e fuori il campo di calcio. Che immane tristezza che ci è calata addosso ieri, la percezione che tutto questo è finito, non c’è più.
I fischi di ieri ci hanno spiegato che Italia-Germania 4 a 3, giocata in Messico, vista in bianco e nero in una TV a valvole, era allegria, amore, e mito che si fondevano nello stile di Beckenbauer e nella potenza di Riva, ma lo abbiamo capito troppo tardi. Lo abbiamo capito ieri.
Rombo di tuono se ne va e si porta via parte di noi, del “nostro” Calcio, dei nostri sogni.