Una kermesse che ha resistito anche alla pandemia Covid rischia quest’anno di tenere il sipario chiuso per le migliaia di ragazzi e gli ospiti internazionali che la raccontano come una seconda casa: un nuovo appello di Claudio Gubitosi, direttore artistico e fondatore del Giffoni Film Festival, sottolinea una realtà condivisa da molti enti del Meridione.
«Si è acceso un ampio dibattito nazionale sul pericolo che corre quest’anno una delle più note e storiche aziende culturali italiane, il Giffoni Film Festival, con il suo imponente programma di attività. Insieme a Giffoni, è a rischio tutto il sistema culturale della Regione. L’affetto dimostrato con decine di migliaia di post, messaggi privati, email e telefonate mi ha commosso, soprattutto da parte dei genitori, famiglie intere, ragazzi e ragazze, cittadini di ogni parte d’Italia e delle tante nazioni dove Giffoni è noto e presente,» afferma il direttore. Resta ancora in sospeso, dunque, la questione dei Fondi di Coesione, non erogati dal ministero della Cultura, ma dal ministero degli Affari Europei, insieme con le politiche di Coesione e il PNRR. Il ministero della Cultura, infatti, si è dimostrato vicino all’appello del direttore Gubitosi, come da lui stesso sottolineato.
Non è trascorso molto tempo dal 9 marzo 2020, giorno in cui l’allora premier Giuseppe Conte annunciò lo stato di emergenza che portò i cittadini a chiudersi nelle proprie case in maniera continuativa fino a maggio dello stesso anno. In quei giorni, i Giffoners si armavano di calendario e mail e lanciavano l’iniziativa #IoRestoACasaCineforum, un cineforum digitale autogestito aperto ai ragazzi delle Masterclass e delle Giurie, che ha visto in chiamata ospiti nazionali del calibro di Alessandro Borghi, Marcello Fonte, Ivan Cotroneo e Daniele Ciprì, ma anche giganti internazionali come il direttore della fotografia Seamus McGarvey, il compositore premio Oscar Nicholas Britell, il montatore Tom Eagles e la production designer di Luca Guadagnino Inbal Weinberg – insomma, una sorta di edizione digitale del Festival dove alle magliette con il logo si sostituivano tute e pigiami, in un’annata in cui il Festival rischiava di non celebrare la sua cinquantesima edizione.
Lo spirito di Giffoni è uno spirito che sopravvive anche in condizioni avverse, ed è particolarmente caro anche agli ospiti: nella celebre lettera dipinta su un muro in ceramica del Giardino degli Aranci, il regista francese François Truffaut lo definisce il più importante dei festival, perché è stato il primo in Italia ad essere dedicato al pubblico giovane, al quale il cinema è destinato e che forse un giorno farà cinema – com’è successo all’ex Giffoner campano doc Ciro D’Emilio, consacrato poi a Venezia con il film “Un giorno all’improvviso”.
«Ancora, non siamo in grado di realizzare le nostre produzioni e di promuovere le anteprime mondiali. Non siamo in grado di avviare il lavoro di allestimento del programma con le presenze di talenti nazionali ed internazionali. Di fronte a questa situazione non possiamo stare a guardare. È mio dovere mobilitare le coscienze. Giffoni non si può fermare, non può essere mutilato, ridotto, compresso,» ha scritto il direttore Gubitosi nella sua lettera aperta, lanciata lo scorso 2 Febbraio e ancora in sospeso. «Il nostro è un appello alla coesione perché nessuno possa portare sulla coscienza il peso della colpa, quella di aver inferto un colpo mortale al sistema cultura del Paese più bello del mondo, la nostra Italia. Se questa criticità rientrerà in tempi rapidi, lavoreremo giorno e notte per poter assicurare a tutti un Giffoni ancora più felice: per questo, fate presto!»