Mario Corso non è stato solo quel meraviglioso giocatote della grande Inter, il piede sinistro capace di disegnare foglie morte con il pallone. È stato anche uno straordinario allenatore delle giovanili, il tecnico che ha regalato al Napoli il suo primo scudetto della Storia. Ma facciamo un passo indietro.1975, febbraio.Il Torneo di Viareggio si afferma come un Torneo internazionale di assoluto rilievo.
Ferlaino già da tempo ha deciso di investire nel settore giovanile per crescere in casa una generazione di calciatori che potessero costituire acquisti a costo zero per una società che aveva nel botteghino il suo solo sostentamento.
C’era stato fino ad allora Juliano, diventato poi bandiera e capitano. Poi Improta, Montefusco ed Abbondanza. Ma accorreva investire di più. Un tempo era stato un prodotto del vivaio, un napoletano arrivato on prima squadra, anche Rosario Rivellino, in azzurro dal 1961 al 1964.Rivellino negli anni ’70 divenne un uomo di campo di piena fiducia, ricoprendo il ruolo di allenatore in 2a, con Vinicio e Pesaola, e soprattutto quello di tecnico della Primavera.
In quel torneo di Viareggio’ 75 era lui a guidare la spedizione degli azzurrini. I giovani azzurri, pur partendo con una sconfitta contro lo Ujpesti Dozsa, seppero riprendersi battendo i Rangers e poi il Milan.Arrivarono in finale estromettendo ai rigori prima la Juventus e poi gli stessi ungheresi dello Ujpesti Dosza.
Ad attenderli c’era una Lazio Primavera decisamente favorita almeno sulla carta. Infatti la prima rete della partita la segnarono loro, i romani. Nella ripresa il Napoli riuscí a trovare il gol del sospirato pareggio con Parasmo (58′).
I propositi di vittoria, a quel punto non erano più una chimera. Il sogno divenne realtà quando la saetta da fuori area di Jovino (73′) trafisse imparabilmente il portiere laziale, portando il Napoli in vantaggio per 2-1. Alla fine vinsero i giovani napoletani. Una squadra che vedeva il baffuto portiere Pasquale Fiore, il difensore Punziano che fece varie presenze in prima squadra, l’attaccante Armidoro, con Jovino e Masiello, tra i profili più interessanti anche se nessuno di essi avrebbe poi fatto una carriera significativa.
Quello del Napoli Primavera fu un piccolo miracolo calcistico, dato che in pochi anni conseguí un importantissimo successo.
Ferlaino l’anno dopo avrebbe varato il Centro Paradiso dove la Primavera avrebbe potuto respirare l’aria della prima squadra, allenandosi con essa nelle partitelle del giovedi.
Fu qui che arrivó Mario Corso, che fece crescere una generazione di ottimi giocatori, quasi unica nella Storia del Napoli, tanto che tutti, prima o poi, giocarono da professionisti in serie A o in serie B. La stella di quella squadra era senza dubbio Musella, un giocatore di classe pura che con una mentalità più concreta sarebbe potuto divenire un campione assoluto. Ma vennero fuori anche i portieri Di Fusco e Zazzaro, i difensori Raimondo e Vincenzo Marino, Volpecina, Cascione, Amodio, Cimmaruta e Della Pietra e poi ancora Celestini, Maniero, Caffarelli e Palo. Fu nel 1979 che il Napoli Primavera arrivò in finale del campionato di categoria.Al suo cospetto il Torino, squadra di assoluta tradizione giovanile, piegato per 2-0.
Il Napoli di Corso, ma anche di Sormani e De Lella, per anni fu alla avanguardia del settore giovanile, arrivando tre volte in finale al Viareggio (’84,’ 90, ’91) non riuscendo però a bissare né il successo internazionale del 75, né quello italiano del ’79.
Ma la validità del vivaio fu dimostrato con gli esordi in A di Totó De Vitis, Puzone, Iacobelli, Antonio Carannante e Ciro Muro nel 1983, di Ciro Ferrara nel 1984, di tanti altri poi nel corso degli anni successivi. Giocatori come Pino Taglialatela, Marco Ferrante, Luca Altomare, Fabio e Paolo Cannavaro, Guglielmo Stendardo, Emanuele Troise, Raffaele Ametrano, Gennaro Scarlato, fino ad Antonio Bocchetti e Floro Flores. E soprattutto di uno che forse sarebbe potuto diventare tra i più forti difensori italiani se non fosse stato bersagliato dalla sfortuna, ovvero Ciro Caruso.
Boskov fu il tecnico che più valorizzó i ragazzi del vivaio. Alessandro Sbrizzo, ad esempio. Su di lui Boskov scommetteva ad occhi chiusi ritenendo fosse più forte persino di Fabio Cannavaro. Titolare in molte partite dalla stagione 1995-96, visse la retrocessione ed i campionati di B. Alcuni infortuni e la difficoltà del momento economico-societario del club partenopeo gli impedirono di trovare continuità. Raffaele Longo pure, fu una creatura lanciata da zio Vuja. Un grande futuro davanti ed una attitudine alla regia molto promettente. Anche lui fu spazzato via da quello tsunami della retrocessione del ’98. In quella confusione assoluta fu costretto ad andare altrove non mantenendo le proprie promesse.
Carmelo Imbriani più di tutti fu un ragazzo del vivaio che lasció ben sperare e che Boskov rese quasi una propria creatura. Coccoló, incoraggió e protesse il ragazzo finanche preferendolo a Pippo Inzaghi. Anche se c’é da fare una precisazione. Il vecchio serbo non era folle e quella cosa lí la disse quando era già sfumato l’arrivo del parmense. Gli uscí fuori per caricare e dare fiducia al nostro Carmelo.Occorrono scouting e la formazione. Ma non bastano se quella società non è tanto forte da proteggere i ragazzi nel loro processo di maturazione e crescita.