In un attimo l’istituto Genovesi di Salerno si svuota come quando arriva la telefonata che c’è una bomba. La bomba l’ho lanciata io stavolta ed era grande: c’è la Nazionale a Cava dei Tirreni. Il Preside non mi crede e allora urlo per i corridoi. “Non, non sono impazzito!” Mi credono. Il 3, il 4 e il 9, i pullman dell’Atacs, si affollano di brutto, tutto l’Istituto si dirige a Cava, e anche lo Scientifico e il Trani e le scuole medie e le… Arrivati, anche il bigliettaio e l’autista scendono, lasciando il bus incustodito insieme a tutti quelli della Sita. Ma quanti ne sono?
Nessuno pranza quel giorno tranne le donne che a Cabrini, il terzino, se lo mangiano per tutta la partita, disseminando ormoni ovunque fino a coprire tutta la pista di atletica.
Scirea è elegante, libero davanti all’area indossa una Regimental per cravatta e un completo Armani ed è così che chiude tutti i varchi difensivi; Zoff, tranquillo, si prende un’ora e mezza di sole accanto al palo. Mentre Gentile, un orso, non fa passare nessuno, Collovati se la vede nera con Gabriellini, il nostro centravanti. Con la tuba in testa, Causio il barone, dalla sua fascia destra elargisce palloni per tutti, ma chi corre sempre è Tardelli.
Antognoni sembra giocasse come quando sei nel cortile: con facilità; Bettega faa quasi allenamento e io… io mentre me la vedo con Oriali, Paolo Rossi non vede una palla con Tonino Infante da Vietri che lo marca. Quando dico che ho giocato contro la Nazionale italiana non mi credono e per sincerarsene chiedono: “E con che Nazionale stavi?”
“Con quella della gioventù” rispondo.