
Che io sia Re, mi pare cosa da non dubitare. V’è in me un modo regale di pensare, di opinare, di fantasticare, che non finisce di stupirmi e di allietarmi. Non riesco a pensare a cose umili e povere; ogni cosa deve avere un nome, collocarsi in una gerarchia, incedere o strisciare, ma in modo emblematico. Penso alle aquile; specie al primo dilùculo, nel silenzio tra notte e giorno, nel freddo che anneghittisce, in mezzo al distratto sgomento dei fiori, penso ad enormi aquile, ali metalliche e sapiente malvagità degli occhi. (Giorgio Manganelli, incipit Agli dèi ulteriori).
Il cognome dell’autore diventa quotidianità sotto altra forma. Il manganello e il governo, il manganello e la polizia (notare la mancanza di accento sulla e), il manganello e il Presidente, il manganello e gli studenti.
Scrive Famiglia Cristiana: Qualcuno pagherà per quanto è accaduto, dopo la durissima “moral suasion” del capo dello Stato, che tra l’altro proprio ieri aveva fermamente condannato il fantoccio del capo del Governo bruciato in piazza, con eguale condanna? A sentire le dichiarazioni di vari compnenti del Governo parrebbe di no. Anziché ammettere che a Pisa qualcosa è andato storto i ministri sembrano trincerarsi dietro ovvie considerazioni sulla necessità di mantenere la sicurezza da parte delle forze dlel’ordine. Buttandola in caciara come ha fatto una nota di Fratelli d’Italia contro la “sinistra che spalleggia i violenti”, non è una lezione di responsabilità. Ma non è così che si amministra uno Stato democratico. Ieri, durante le manifestazioni in favore della Palestina – ma i motivi della protesta in questo discorso sono ininfluenti, perché la Costituzione permette di manifestare liberamente – pareva più di essere nell’Ungheria di Orban o nella Russia di Putin che in Italia. ”
Andiamo alla Treccani: manganèllo s. m. [dim. di mangano]. – Bastone corto e tozzo, in genere usato come mezzo di offesa (fu una delle armi preferite delle squadre fasciste, divenendo quindi uno dei simboli della loro violenza).Dal greco μάγγανον e prima dal latino tardo ”mangănum”.
Peccato l’abuso di mangano, che a noi ricorda principalmente la splendida Silvana più che lo stalliere di Arcore.
Torniamo a bomba, anzi ai Manganelli. Il 6 luglio 2012, il giorno dopo il verdetto della Corte di Cassazione sui fatti della scuola Diaz, Antonio Manganelli, all’epoca dei fatti pezzo grossissimo della Polizia, presentò delle “scuse” per questi fatti: “Ora, di fronte al giudicato penale, è chiaramente il momento delle scuse. Ai cittadini che hanno subito danni ed anche a quelli che, avendo fiducia nell’istituzione-polizia, l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza”.
Siamo tornati indietro con le lancette del manganello-time ? Concludiamo, senza rispondere del tutto all’interrogativo, con le parole di Paolini (Avvenire): “Quando una persona in buona salute entra in carcere e ne esce morta, la prima responsabilità da ricercare è in capo allo Stato, perché la vita di quella persona gli era affidata affinché scontasse la pena conservando la propria incolumità. Allo stesso modo, quando un cittadino viene ferito o picchiato dalle forze dell’ordine nel corso di una manifestazione, vanno indagate le eventuali responsabilità delle autorità pubbliche. Non a causa di un pregiudizio negativo nei confronti dei corpi di polizia – come pure è stato sostenuto da qualche sparuto esponente del centrodestra in cerca di facile quanto sterile polemica – ma proprio perché il loro compito è far rispettare la legge a tutela, non a minaccia, di tutti i cittadini.”