“Figlie del tempo, fuori dal tempo”. Così lo street artist salernitano Antonio Cotecchia intitola la sua nuova opera, inaugurata ieri nel quartiere di Torrione in occasione della Giornata internazionale dei diritti della Donna. Tre volti di giovani donne, tre sguardi su mondi ed epoche diverse, unite da una storia e un destino comune che racconta la possibilità dell’individuo di elevarsi grazie al potere trasformativo della Cultura. Tre i tempi rappresentati – passato, presente e futuro – in un viaggio che inizia dal Medioevo con la figura di Trotula De Ruggiero, una tra le più celebri “mulieres salernitanae”, un gruppo di dotte che resero la città capitale europea degli studi in medicina. «Nella sezione dedicata al passato ho tratto alcuni simboli dal Rinascimento, con una piccola citazione anche alla “Scuola di Atene” di Raffaello, e poi anche il calice della conoscenza, i mortai e gli alambicchi con cui le mulieres salernitanae tritavano le erbe medicinali. Confesso che ho incontrato la storia di Trotula De Ruggiero solo dopo essere tornato a Salerno una volta conclusi i miei studi, e includendola nella mia opera vorrei poter elevare quella che è una storia locale ad un livello più popolare, nella veste “pop” della street art, perché è quando si eleva un elemento isolandolo dal suo contesto che una storia può diventare un’opera d’arte,» spiega Cotecchia.
Non solo passato, ma anche l’importanza del presente e del futuro imminente, comunicata attraverso lo sguardo delle tre figure che compongono l’opera muraria. «Ho voluto rappresentare il futuro con riferimenti al mondo digitale, che col tempo potrebbe essere un futuro completamente diverso da quello che viviamo ora, ho inserito ad esempio una figura che schiaccia dei bottoni, un uomo che guarda con binocolo lontano, che rappresenta per me la visione di ciò che verrà,» continua l’artista.
Ogni opera è frutto di una preparazione intensa, e anche il lavoro di ricerca che precede le “Figlie del tempo” è uno studio innanzitutto tecnico. «Come per ogni opera, anche questo murales è stato realizzato in varie fasi: sono partito dall’idea di fondere insieme questi tre volti di ragazza, ho fatto dei bozzetti a mano e li ho poi trasferiti in digitale. In questa fase a volte utilizzo anche le tecnologie di intelligenza artificiale unicamente come aiuto per il mio processo creativo, ad esempio per trovare la quadra nelle ombreggiature o per aiutarmi nella composizione dell’opera, o per cercare un’atmosfera da poter poi riprodurre autonomamente. Parlo di utilizzo ausiliare di queste tecnologie perché penso che copiare sia un’offesa al processo di ogni artista, perché annullare il proprio valore aggiunto toglie il senso anche nell’uso di questi strumenti, perché è sempre l’artista a fare la differenza,» spiega ancora Cotecchia.
Il potere di diffusione della cultura è un altro tema cardine dell’opera: Cotecchia infatti esprime un amore per questa funzione essenziale dell’arte nato grazie al suo background popolare e di osservazione della quotidianità della sua città, sia nei volti delle persone comuni che nei volti degli artisti, in particolare i musicisti, che sono tra le sue più grandi ispirazioni anche prendendo in considerazione il suo legame con lo strumento della chitarra. E l’arte può diventare anche uno strumento di cura del collettivo anche a partire dalle generazioni più giovani, come racconta l’artista stesso: «Mentre lavoravo all’opera mi è capitato di parlare con le persone del posto, che si sono preoccupate che il mio lavoro potesse venir rovinato con scarabocchi. Mi è capitato di lavorare anche in zone decisamente peggiori, e le persone si sono sempre prese cura dell’opera. Per questo credo che l’arte non sia soltanto il racconto di storie che meritano di essere conosciute, ma anche un modo per insegnare a prendersi cura di ciò che si ha vicino.»