Non ho paura di metterci la faccia, né di prendere pochissimi voti, del resto ho già fatto quest’ esperienza due volte nella mia vita, la prima a Cava de’ Tirreni, la seconda a Nocera Superiore.
Molti amici, parenti e conoscenti mi dissero all’ epoca chiaramente che non mi avrebbero preferito perché non potevo soddisfare le loro richieste, non avrei potuto “piazzare” nessuno, che non avevo un cognome trainante, che ero donna, che ero marcatamente di sinistra, ed altre nugae (sciocchezze per chi non conosce il latino). Insomma non avevo nulla da promettere e nessuna possibilità di dare il mio apporto alla città.
Così fu.
Presi 14 voti a Cava e solo 8 nella mia cittadina.
Vennero eletti i soliti noti, quelli che alle spalle avevano mutuati, giacché medici curanti ( sarebbe più opportuno definirli incuranti ), ma anche loschi individui che di preciso nella vita non hanno mai avuto un lavoro, figli d’arte, ma quell’ arte povera dedita al clientelismo, agli affari spesso illeciti camuffati da falsa benevolenza; in sintesi quelli che di generazione in generazione si tramandano soldi, potere, ambizioni e poltrone, allocando realmente gente di loro fiducia nei posti di lavoro creati ad hoc e nei vari assessorati del Comune.
Io non ho paura di fare una brutta figura o come direbbe mia madre di sporcarmi ancora una volta la faccia: io desidero solo poter contribuire, assieme a persone oneste e realmente competenti alla crescita della città, al suo sviluppo culturale e sociale, nonché economico. Desidero farlo senza voler nulla in cambio, soldi, assessorato, incarichi esterni, bensì come mero servizio alla cittadinanza, con il solo scopo di non vedere più gente insoddisfatta e disperata, costretta ad emigrare per lavoro, come ho dovuto fare io, priva di luoghi di socialità, come potrebbe diventare la biblioteca, che non ha mai funzionato in questa direzione.
Vorrei veder nascere e crescere tante associazioni di volontariato, soprattutto per i minori a rischio e per i giovani, costretti ad uscire il sabato sera a Cava, a Mercato San Severino, a Nocera Inferiore perché qui non c’è nulla da fare.
Mi piacerebbe che i ragazzi con difficoltà socio-familiari potessero emanciparsi anche con l’aiuto di docenti preparati tramite lezioni gratuite e progetti ricreativi perenni, non solo estivi o legati ad eventi sporadici.
Uno sportello di ascolto per donne vittime di violenza, non solo fisica, ma anche economica, di sostegno alle ragazze madri, ai giovani che soffrono per la depressione o per altri motivi, per le famiglie in difficoltà, da aiutare non solo col pacco alimentare: un supporto per tutte e per tutti di tipo psicologico, sociologico e umano.
Una mensa ove coloro che sono realmente indigenti possano cibarsi, dei siti archeologici e il meraviglioso Battistero da valorizzare e che non siano ad appannaggio di pochi.
Tutto questo e non solo creerebbe nuovi posti di lavoro e darebbero spirito creativo e compulsivo al commercio, a tutti i cittadini: le idee nascerebbero come funghi, ognuno si sentirebbe civilmente chiamato a servire il proprio paese.
Io non ho paura di metterci la faccia, ho tantissimi progetti in mente e mirano tutti all’ inclusione e alla fine di un sistema politico marcio, vetusto e consolidato.
Cos’ è cambiato da quando sono emigrata per lavoro? Nulla.
Questa è la risposta corretta.
Non è cambiato nulla e non sono una che si lamenta solo delle strade rotte che pure sono ignominiose.
Quando vivi molti anni lontana da casa e poi ci ritorni vedi le cose con maggiore chiarezza, con oggettività e un pizzico di acume. Desideri portare le buone pratiche viste altrove nella tua città, adattandole alle ricchezze del territorio, alle inesplorate eppur tangibili risorse sia umane che artistiche.
Da candidata o meno io vorrei dare il mio contributo a Nocera Superiore, assieme ad altre persone che non mirano solo alla poltrona: sono stufa di dover sentire la gente lamentarsi, emigrare, imprecare.
Nocera Superiore non deve essere più quella che i Cavesi chiamano dormitorio, la città da cui i nostri figli non vedono l’ ora di scappare per avere un futuro e una dignità, quella del Corso Matteotti perennemente vuoto, dei negozi che chiudono, quella senza un parco alberato ove passeggiare coi bambini, senza una libreria, con spazi utili solo sulla carta ma non nella prassi ( biblioteca, sportello donna, centro polifunzionale). Polifunzionale, ad esempio, è un aggettivo che viene dal greco πολύς e significa molto, si potrebbero fare moltissime cose per tutte le età.
Ma anche polis è una parola greca: essa era un modello di città-Stato che prevedeva l’attiva e continua partecipazione degli abitanti alla vita politica. Tutti, non solo i soliti figli di politicanti o ricchi imprenditori dovrebbero sentirsi partecipi della comunità in cui vivono.
L’armonia esistente fra la citta e gli individui che la compongono deve essere assimilata a quella esistente in natura fra il tutto e le sue singole parti. In virtù di una tale corrispondenza, ogni cittadino sarà portato a sentirsi organicamente inserito nella sua comunità. Ognuno troverà la propria realizzazione nella partecipazione alla vita collettiva e nella costruzione del bene comune, a meno che qualcuno non sia soddisfatto degli ultimi decenni di amministrazione.
Io non ho paura di quello che potrei fare se me ne dessero la possibilità.
Temo solo che il popolo scelga ancora una volta Barabba, nonostante tutto.
Nonostante il nulla.
Annalisa Capaldo