Capitolo otto
Ricominciare da zero
Mio marito aveva capito che ero allo stremo e che non mi sarei più accontentata del nostro squallido rapporto. Ciò nonostante non voleva arrendersi. Erano accadute molte cose da quando io e la mia famiglia ci eravamo trasferiti, per lavoro, in Pianura Padana: vi erano stati momenti duri, durissimi. La paura principale era per i nostri figli: si sarebbero adattati alla nuova scuola, ai nuovi ritmi? In realtà era tutto nuovo, dalla A alla Z.
Ma quest”uomo nuovo che diceva di amarmi era servito anche a questo: quando ero sola e affranta mi aveva dimostrato la sua amicizia, sebbene in modo bizzarro talvolta. Adesso addirittura, col suo tentativo d’amarmi, era riuscito a scuotere dal torpore mio marito. Quest’ultimo da un momento all’altro era cambiato: voleva ripartire da zero, tornare tra un anno e mezzo al Sud, a casa.
Aveva capito che non ne potevo più, che ero allo stremo delle forze fisiche e mentali. Non so in effetti come avessi fatto a resistere tre anni e mezzo in terra straniera, con due figli e un compagno di vita spesso assente o peggio ancora, indifferente.
Tuttavia era arrivato il momento di tornare a sperare: se da un lato avrei preso il benedetto ruolo nel 2022, nel 2023 saremmo tornati a casa nostra, tra la nostra gente. Mi aspettavano mamma, mia sorella, Sara e Nunzia, le persone da sempre care al mio cuore. Loro mi avrebbero fatto dimenticare gli anni bui e freddi della Lombardia, mi avrebbero ridato vigore. Il sogno stava per avverarsi e non potevo mollare. Il più grande problema ora non era neppure l’amore: tutti noi infatti, sapevamo chi avrebbe perso. I miei figli venivano prima di tutto, inoltre avevo fatto sacrifici così grandi che non potevo gettare tutto alle ortiche. La mia ansia era dovuta al lavoro che avevo accettato: fare la direttrice amministrativa di una scuola, per la prima volta e senza aiuti, era troppo anche per me. Il bilancio, i mandati, le reversali, le determine, tutti termini astrusi per una come me, interamente incentrata sulla cultura classica ed umanistica. Avevo sbagliato ad accettare ed ora non potevo tornare indietro. Certamente se la mia salute avesse fatto i capricci sarei tornata sui miei passi, avrei perso anche dei soldi, ma avrei abbandonato la nave, lasciando tutti nel letame, in primis la preside, che già da un po’ mi urtava, umiliava in un certo senso, metteva ansia.
Ma non stavo bene al pensiero che l’uomo che pensavo di amare e che diceva lo stesso di me stesse soffrendo: mi aveva promesso che non sarebbe stato un addio il nostro, ma un arrivederci a tempi migliori. Ma quando? Come? Perché? Dove? Troppi interrogativi tra me e lui. Il padre dei miei figli aveva ammesso i suoi molteplici errori ed era pronto a ripartire con me, mi stava dimostrando, all’improvviso, che voleva me, che era disposto a stare con me nonostante sapesse tutto, nei minimi dettagli. Non gl’interessava, si assumeva tutte le colpe, voleva solo non perdermi. Io avevo deciso di dargli un’ultima possibilità, ma l’altro, il Lombardo, non lo sapeva, forse lo temeva però.
L’autunno stava per lasciare il passo all’amico inverno ed io stavo per tornare a casa in occasione delle feste natalizie: ebbene sì, con mio marito e i nostri figli, assieme alla nostra gente. Sia io che lui volevamo che le cose cambiassero in meglio: la famiglia ora avrebbe dialogato a cena, sempre. Insomma, il caro maritino, per la paura di perdermi, si era risvegliato da un letargo durato fin troppo ed ora sembrava il coniuge perfetto ed il padre premuroso che avevo sempre desiderato.
L’altro avrebbe capito? Si sarebbe definitivamente fatto da parte?
Annalisa Capaldo