Nel 2023, il 22,8% della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale: valore in calo rispetto al 2022 (24,4%) a fronte di una riduzione della quota di popolazione a rischio di povertà, che si attesta al 18,9% (da 20,1% dell’anno precedente), e di un lieve aumento della popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (4,7% rispetto al 4,5%). Lo comunica l’Istat.
Nel 2023, indica nel dettaglio l’istituto di statistica, il 18,9% delle persone residenti in Italia risulta a rischio di povertà (circa 11 milioni e 121mila individui) avendo avuto, nell’anno precedente l’indagine, un reddito netto equivalente, senza componenti figurative e in natura, inferiore al 60% di quello mediano (11.891 euro). Al calo dell’incidenza di persone a rischio di povertà rispetto all’anno precedente (20,1%) ha contribuito l’insieme delle misure di sostegno alle famiglie, quali l’Assegno unico universale per i figli, i bonus una tantum per contrastare l’aumento nei costi dell’energia e le modifiche intervenute nella tassazione. Il 4,7% della popolazione (circa 2 milioni e 788mila individui) si trova in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale, ossia presenta almeno sette segnali di deprivazione dei 13 individuati dal nuovo indicatore Europa 2030. Rispetto al 2022 si osserva un aumento delle condizioni di grave deprivazione (la quota era del 4,5%) in particolare al Centro e al Sud e nelle Isole. L’aumento dell’occupazione nel 2022 ha portato a una decisa contrazione rispetto all’anno precedente della quota di individui (8,9% da 9,8%) che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (indicatore Europa 2030), ossia con componenti tra i 18 e i 64 anni che hanno lavorato meno di un quinto del tempo. Il miglioramento riguarda tutte le ripartizioni, in particolare il Nord-ovest (4% degli individui rispetto al 5,2 dell’anno precedente) e il Centro (7,7% rispetto a 8,8%). La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (indicatore composito Europa 2030), ovvero la quota di individui che si trova in almeno una delle precedenti condizioni (riferite a reddito, deprivazione e intensità di lavoro), è pari al 22,8% (circa 13 milioni 391mila persone), in riduzione rispetto al 2022 (24,4%). Questo andamento sintetizza la riduzione della popolazione a rischio di povertà (-6% rispetto al 2022), dovuto alla crescita dei redditi nominali, e soprattutto la diminuzione della popolazione in condizione di bassa intensità di lavoro (-9,2%), con un aumento tuttavia della quota di popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (+4,4%).
Nel 2023, continua l’Istat, la riduzione della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale è particolarmente marcata al Nord, mentre il Nord-est si conferma la ripartizione con la minore incidenza di rischio di povertà (11%); la quota di popolazione in questa condizione è stabile al Centro (19,6%) e si riduce nel Mezzogiorno, l’area del paese con la percentuale più alta di individui a rischio (39% rispetto al 40,6% del 2022). In quest’ultima ripartizione l’indicatore composito rivela una riduzione della quota di individui a rischio di povertà (32,9% rispetto al 33,7% del 2022) e il segnale positivo della riduzione della quota di individui che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (16,5% rispetto al 17,1%), mentre aumenta la grave deprivazione (+5,5%). A livello regionale, indica infine l’Istat, si osserva una riduzione del rischio di povertà o esclusione sociale in particolare in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, e Campania, dovuto alla diminuzione di tutti e tre gli indicatori (rischio di povertà, grave deprivazione e bassa intensità di lavoro). Inoltre, il rischio di povertà o esclusione sociale diminuisce in Lombardia con una riduzione marcata degli individui in famiglie a bassa intensità di lavoro ma con un aumento della grave deprivazione. In Calabria, invece, peggiorano i tre indicatori e aumenta soprattutto la grave deprivazione.
Nel 2023 l’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale si riduce per tutte le tipologie familiari e in particolare per gli individui che vivono in famiglie con quattro componenti (21,8% rispetto al 24,8% del 2022) e per le coppie con due figli (20,6% rispetto a 23,4% del 2022) e con un figlio (19% rispetto a 21,3%) che hanno beneficiato del nuovo Assegno unico universale per i figli. Tuttavia per le famiglie numerose aumentano gli individui in condizione di bassa intensità di lavoro, in particolare aumentano se vi sono cinque e più componenti (6,6% rispetto a 5,1% dell’anno precedente) e in caso di coppie con tre o più figli (6% rispetto al 3,5% dell’anno precedente), presumibilmente per una maggiore difficoltà nella conciliazione delle attività di lavoro e cura. Inoltre, prosegue l’Istat, il rischio di povertà o esclusione sociale rimane alto per coloro che possono contare principalmente sul reddito da pensioni e/o trasferimenti pubblici (31,6%) sebbene in riduzione rispetto al 2022 (34,2%), mentre diminuisce per coloro che vivono in famiglie in cui la fonte principale di reddito è il lavoro dipendente (15,8% rispetto al 17,2%del 2022). Il rischio di povertà o esclusione sociale peggiora per coloro che hanno come fonte principale il reddito da lavoro autonomo (22,3% rispetto al 19,9% nel 2022), per effetto dell’ampliamento della distanza tra i livelli di reddito di questo tipo di percettori, con una crescita dei redditi nella coda alta della distribuzione. Infine, il rischio di povertà o esclusione sociale si riduce per gli individui in famiglie con solo italiani e aumenta leggermente per i componenti delle famiglie con almeno un cittadino straniero (40,1% rispetto al 39,6% del 2022).