“Per affrontare il tema della rigenerazione urbana, che sarà all’esame del prossimo consiglio dei ministri, in particolare nelle grandi aree metropolitane del Mezzogiorno, non si può non partire dalla contraddizione di queste città, che appartengono al mondo sviluppato rappresentandone, però, la marginalità”. A parlare è il presidente della Svimez, Adriano Giannola. “Le città meridionali nel primo decennio del XXI secolo hanno perso il 3,3% della popolazione – rileva Giannola -, mentre quelle del Nord hanno fatto registrare un incremento del 4,8%. Ecco perché ogni discorso strategico sul futuro delle città va collocato nel contesto di quel Rinascimento Meridionale , che significa mettere in circuito risorse e imprenditorialità̀ già̀ esistenti e utili a salvaguardare un patrimonio che si sta depauperando: quello dei giovani, in particolare laureati, che fuggono altrove”.
“Un’efficace rigenerazione urbana – sottolinea Giannola – postula strategie integrate e misure volte, contestualmente, alla riqualificazione edilizia ed ambientale del tessuto sociale e produttivo e al perseguimento di un sistema urbano più̀ vivibile e inclusivo delle città meridionali, oggi in grave crisi demografica e produttiva. Senza sacrificare, ma anzi valorizzando, quei caratteri peculiari delle città mediterranee legati alla presenza di giacimenti storici e culturali che ne costituiscono un fattore di attrattività̀ e un connotato identitario irrinunciabili”. Il tema della riqualificazione di intere parti di città e di aree metropolitane, incalza il presidente Svimez, sta assumendo un ruolo centrale nell’ambito delle strategie nazionali, a partire dal Pnrr, ma con risultati finora piuttosto deludenti, particolarmente critici al Sud.
Secondo Giannola, a Napoli, in particolare, serve una strategia imperniata anche sulla mitigazione del rischio vulcanico e bradisismico che, superando la colpevole inerzia sia locale che nazionale, punti a creare condizioni favorevoli alla ricollocazione di significative fasce di popolazione nel medio lungo periodo. In che modo? Attuando un approccio operativo che, diversamente dal “Piano nazionale di emergenza”, interpreti l’obiettivo prioritario e il tema della mitigazione del rischio territoriale, puntando con chiarezza fin da subito sullo sviluppo attrezzato dell’asse Napoli Bari. Lungo quest’asse, infatti, si dovrebbero reinsediare la popolazione e i servizi, seguendo la direttrice costituita dalla “nuova” linea ferroviaria, ad Alta velocità con 12 stazioni. Ridando così funzioni a zone interne, ora quasi abbandonate, dell’Irpinia e del Sannio e contribuendo per questa via a realizzare la Grande Città Campana. Piuttosto che congestionare centro e periferie dell’area metropolitana di Napoli, bisogna, perciò, creare le condizioni per una nuova residenzialità decentrata, attraendo la popolazione grazie sia a linee metropolitane veloci che colleghino queste zone con l’attuale città a maggior rischio vulcanico e bradisismico, sia programmando un articolato decentramento dei servizi. Misure che, nel loro insieme, rappresentano la migliore politica per evitare la desertificazione di queste bellissime aree.