C’era una volta, nella foresta di Montalbunzi, uno sciamano che curava tutte le persone ammalate e le guariva in maniera inspiegabile.
Lo sciamano, con la sola imposizione delle mani e con parole ipnotizzanti, soporifere e scontate, compiva quotidiani miracoli e tutti riponevano in lui fiducia assoluta: tuttavia persino un santone come lui aveva bisogno di collaboratori fidati a cui chiedere consigli e pareri.
Un giorno una donna gravemente provata dalle ingiustizie dell’umana esistenza, stanca di vedersi sempre messa da parte dopo tanti sacrifici, si rivolse al tanto osannato sciamano chiedendogli come fosse possibile che anche coloro i quali non meritavano nulla al contrario possedevano ogni bene e ricoprivano cariche importanti.
Dall’alto della sua enorme sapienza il santone della foresta così si espresse, guardando l’arguta donna: – Donna, dietro ogni miracolo che io compio vi è un artifizio, uno stratagemma, una sorta di imbroglio, se vogliamo. Riesco infatti a far credere alla gente che puó ottenere ciò che vuole solo pensandoci ostinatamente: ma non tutti riescono a raggiungere le colline d’oro, così subentro io che, con formule ormai consolidate e gesti riconoscibili, prometto salvezza e guarigioni. Nel tuo caso ciò che ti affligge non è un male fisico ma la perdita dei sogni, della fiducia nel prossimo ed io non posso aiutarti dal momento che ero come te ed ho dovuto ricorrere a mille sotterfugi per non sprofondare -.
Al che la donna, intelligente ed esperta, capí che al cospetto dello sciamano fino a quel momento si erano recate solo persone che non erano realmente malate o prostrate: i veri mali non poteva curarli, non ne aveva le competenze, insomma, la sua sola forza risiedeva nella capacità di affabulazione delle masse, negli slogan ripetuti infinitamente e nella stoltezza di chi gli credeva e lo acclamava.
Dunque la donna smascherò l’impostore architettando un piano geniale: ricercò nella foresta persone ed animali veramente malati e pubblicamente, nella piazza delle pecore, invitò lo sciamano a compiere i miracoli per cui tanto era venerato: ma egli, consapevole della mediocrità sua e dei suoi consiglieri, accampò mille scuse senza risolvere un bel niente.
La gente allora capí che si era trattato solo di un abbaglio, di un’illusione e lo bandí per sempre dalla foresta. Avendo ormai aperto gli occhi, il popolo, ingannato fino a quel momento, raccolse autonomamente erbe mediche per curare i propri acciacchi.
Da quel giorno la donna priva di sogni si diede una scossa e riprese a lottare per raggiungere obiettivi e traguardi insperati e con lei tutti gli altri abitanti del bosco.
La favola insegna che nessuno sciamano può guarire o soltanto alleviare le pene altrui se a sua volta ne è afflitto.
Annalisa Capaldo