Verso il 2500 a. C. gli Opici (Oschi), di razza giapetica, originari dell’Asia, giunsero in Italia attraverso le Alpi. Nel 1000 a. C. essi risiedevano in Campania ed avevano dato origine al primitivo insediamento di Nuceria, localizzato in Nocera Superiore, tra le frazioni Pareti e Pucciano, in località chiamate ancora oggi Oschito e Trebulonia. Questo luogo fu scelto per la sua favorevole posizione geografica, in quanto è prossimo a sorgenti d’acqua ed ha un retroterra fertilissimo e protetto dai venti.
Al suo massimo splendore, Nuceria, famosa per la robustezza della cinta muraria e per le notevoli difficoltà nell’espugnarla, racchiudeva le attuali frazioni di Pareti, S. Pietro, Pucciano, Grotte, Portaromana, S. Maria Maggiore e San Clemente. Per quanto riguarda l’etimo del nome, la teoria più accettata è quella secondo la quale gli antichi abitatori di Nuceria abbiano voluto ricordare il loro luogo di origine. Cercando tra i nomi dei luoghi dai quali quelle genti provenivano e da altri nomi storici, troviamo in Palestina un fiume Saron, una città Sarnos nell’Illiria, una città ed un fiume Sarno nella nostra valle; un monte Api nel Peloponneso, un monte Albis nell’Illiria, un promontorio Albun in Fenicia ed un Monte Albino nel Nocerino; in Macedonia troviamo un capo Crio, a Creta un promontorio Crium, in Licia un luogo detto Cria e da Nou, Nu, che significa “nuovo”, e Crium, Cria, Crio, sarebbe derivato Nukria, Nucrium, Nuceria, cioè Nuova Cria.
Nel 280 a. C., NuceriaLa storia di Nocera Superiore presiedeva una confederazione che comprendeva Sorrento, Pompei, Stabia ed Ercolano e coniava monete sulle quali era scritto “Nuvkrinum Al(a)faternum”.
Fu campo di battaglia, da quando Annibale, nel 216 a. C., la assediò e la distrusse, fino al 1943, quando i tedeschi contrastarono, nella valle del Sarno, l’avanzata Anglo-Americana da Salerno a Napoli.
Nel V sec. a. C. Nuceria divenne un importante centro sannita e assunse l’appellativo di Alfaterna, dal nome della tribù cui apparteneva; tra il 280 e il 210, poi, Nuceria Alfaterna batté moneta propria. Durante la seconda guerra sannitica, nel 216, la città aderì alla causa italica e al termine del conflitto ottenne un trattamento favorevole da Roma, città cui rimase in seguito sempre fedele. Proprio per questo, durante la seconda guerra punica, (219-201 a. C.), fu presa e distrutta da Annibale.
Altre gravi distruzioni nel suo territorio ci furono in seguito alla guerra sociale del 90 a. C. ed al successivo saccheggio delle bande di Spartaco. Divenuta municipium, poi, fu iscritta alla tribù Menenia. In epoca triumvirale (42 a. C.) la città prese il nome di Nuceria Costantia.
Un’altra deduzione di coloni si ebbe con Nerone (54-68 d. C.). Nel 59 ci fu l’episodio della rissa tra pompeiani e nocerini che valse a Pompei la squalifica dell’anfiteatro per dieci anni. La città subì, anche se non in modo devastante, i cataclismi che interessarono l’area vesuviana nel I sec. d. C.: il terremoto del 62 e l’eruzione del 79. Riprendersi non fu facile per Nuceria, che non raggiunse più la prosperità precedente. Rimasta ai Greci, fu stretta d’assedio e costretta a capitolare dai Longobardi di re Alboino, che elessero Nuceria in Contea e la posero sotto il dominio del Principe di Benevento. Poco prima della metà dell’800, poi, passò ai principi longobardi di Salerno e poi di Capua. Ci furono nuove guerre tra Svevi e Normanni, e Nuceria fu assediata da Ruggiero II, il quale, dopo quattro mesi, la rase completamente al suolo (1137). Si salvò solo il Tempio di S. Maria Maggiore, quando era già in preda alle fiamme, per intervento della moglie di Ruggiero II.
Dopo l’ennesima distruzione della città, i Nocerini pensarono che riedificarla nello stesso luogo avrebbe significato esporla nuovamente alla mercé di chi volesse impadronirsene per creare un punto fortificato di difesa, e perciò decisero di decentrare il nucleo primitivo della città, ricostruendo le nuove abitazioni.
Incominciò così la nascita della Nocera moderna, con tanti casali, villaggi o “pagi”, che man mano si ingrandirono e divennero vere cittadine (Scafati, Angri, Pagani, Nocera Inferiore).
Dal 1266 al 1435, all’epoca della dominazione angioina, prese il nome di Nuceria Cristianorum. Nel XV secolo ci fu invece la denominazione di Nocera de’ Pagani (nome che oggi indica il territorio diocesano), probabilmente da “pagus”, villaggio, ovvero da “pagano”, per indicare “terra di gente pagana”, dal soggiorno dei Saraceni oppure dal nome della potente famiglia Pagano, in auge durante la dominazione normanna e proprietaria di 60 feudi. All’epoca della dominazione spagnola nacquero le Università o Municipi e la città di Nocera cominciò ad essere amministrata con la distinzione in quattro municipi: Nocera Soprana, Nocera Sottana, Barbazzano, Sant’Egidio, ognuna col suo Sindaco ed i suoi eletti. Sul finire del XVI secolo, per scissione nell’ambito delle Università, la città fu divisa in sette municipi: Nocera Corpo, comprendente l’attuale Nocera Superiore e le frazioni di Piedimonte, Pietraccetta e Borgo di Nocera Inferiore; Nocera S. Matteo, comprendente Merichi e Liporto; Nocera De’ Casali, comprendente Capo Casale, Casal Nuovo, Casale del Pozzo; Barbazzano, Pagani, S. Egidio, Corbara.
DaL 1807, in seguito all’abolizione del sistema amministrativo basato sulle Università, si costituirono i Comuni. Nel 1828, le quattordici frazioni di Nocera Corpo chiesero l’autonomia amministrativa che, di fatto, fu concesso con R. D. 11 novembre 1850, n. 1960, con effetto dal 1 gennaio 1851. Nacque così l’odierna Nocera Superiore.
Una divisione annunciata
Il 1806, che segnò l’inizio del Decennio francese e l’abolizione della feudalità, costituisce un anno cruciale nella storia di Nocera. A Nocera, prima di quell’anno, grandi rivolgimenti stavano per compiersi. In seguito ad alcune riforme proposte dai francesi, Nocera Corpo, con una popolazione effettiva di novemila abitanti, nomina, nel Parlamento del 26 novembre, i suoi 27 decurioni, cioè tre per ogni mille abitanti, mentre Nocera Sperandei, trovatasi nell’impossibilità di formare un decurionato minimo di dieci membri per l’esiguità della sua popolazione (poco più di 300 individui), decide, tra l’ottobre e il dicembre, di fondersi con Nocera S. Matteo.
Il 18 giugno 1811, poi, il Sindaco di Nocera Corpo, Nicola Bruni, e quello di San Matteo, Carlo di Majo, indirizzano una supplica all’Intendente per ottenere l’unione dei loro Comuni. Frattanto, mentre la supplica per l’unione tra Nocera Corpo e Nocera S. Matteo sembra essersi perduta da qualche parte, alcuni possidenti dei villaggi superiori di Nocera Corpo chiedono al Re, sul finire del 1827, l’autonomia amministrativa dal resto del loro Comune.
In particolare, i ricorrenti lamentano che la sede del Comune disti circa tre miglia dalla loro residenza per cui sono costretti a percorrere sei miglia ogni qual volta debbono procurarsi generi di prima necessità; inoltre, si sentono trascurati dagli amministratori: il pane venduto non è di buona qualità, le strade sono impraticabili e lasciate senza lumi in periferia.
La separazione fu chiesta da meno della metà dei Decurioni eleggibili, cioè da 41 residenti, e senza l’adesione di alcun decurione in carica. Successivamente la divisione si arena e per contro riprende vigore il problema opposto, quello dell’unione tra Nocera Corpo e Nocera S. Matteo, rimasto fermo alla supplica con la quale il 18 giugno 1811 i due Comuni avevano chiesto di unificarsi. A riprendere il discorso dell’unificazione fu, nel 1833, l’Intendente Francesco Logerot, che ne ottenne la realizzazione con decreto del 12 febbraio 1834.
Il 28 di febbraio l’Intendente Logerot, assistito dal suo segretario Raffaele Altavilla, si portò nella sede del Comune di Nocera Corpo per compilare il verbale di unificazione tra Corpo e San Matteo, istitutivo del nuovo Comune di Nocera. Per più di dieci anni si successero vari sindaci, finché la lunga crisi dell’amministrazione comunale non consentì di contrastare il disegno di quei pochi che, avendo di mira i propri esclusivi interessi, vollero ed ottennero lo smembramento di Nocera.
Tuttavia, il nuovo Comune si confrontò con la dispersione dell’abitato in villaggi ed il collaudo del sistema di appalti; inoltre, la legge, pur escludendo dalla tassazione gli indigenti ed i minori di cinque anni, stabilisce che “la classe degli esenti non può essere maggiore del quinto della popolazione” e quindi finisce col non tener conto di avere a che fare con una larghissima maggioranza di poveri agricoltori.
Le angustie economiche fecero cambiare idea a tutti, specie a quelli che, colti in buona fede, erano stati ridotti a chiedere, nell’ottobre del 1849, la separazione. Dopo varie riunioni, nel corso delle quali si mette in evidenza lo squilibrio finanziario del comune di Nocera Superiore, permangono i contrasti e il 9 giugno 1857 la Commissione Interni e Finanze incarica l’Intendente di sciogliere entro sei mesi ogni residua promiscuità tra i due Comuni sul Monte Albino: questo viene ritenuto l’unico modo per conoscere la reale condizione finanziaria di Nocera Superiore e decidere se ricongiungerla a Nocera Inferiore. Il precipitare della dinastia borbonica fece temporaneamente lasciare in sospeso la vicenda.
Ma dopo l’Unità, precisamente il 6 gennaio 1861, il Decurionato di Nocera Superiore affidò ad alcuni decurioni il compito d’invocare presso il governatore della Provincia i suoi uffizi, onde la riunione dei due Comuni di Nocera potesse finalmente avvenire.