Nella consegna della merce acquistata on-line «si assiste, in particolare, alla sistematica tendenza alla spersonalizzazione del lavoro in organizzazioni divenute data-driven, che inevitabilmente conducono alla “delega all’algoritmo” dei poteri datoriali», si legge nelle premesse iniziali del decreto di sequestro preventivo d’urgenza da 121 milioni di euro emesso dalla Procura di Milano ed eseguito dalla Gdf nei confronti di Amazon Italia Transport. Indagati per frode fiscale tre responsabili della srl, tra cui il rappresentante legale Gabriele Sigismondi, oltre alla società, per la responsabilità amministrativa. Perquisizioni sono state effettuate tra Milano e Torino, coivolti anche imprenditori salernitani. L’algoritmo «gestionale», che massimizza «la produttività», scrivono ancora i pm «consente di elaborare delle schede denominate “manifest”, che periodicamente vengono consegnate ai singoli corrieri ed in cui vengono annotati i tempi medi». Tre, quattro minuti a pacco, cinquecento minuti di tempo per l’intero giro consegne, circa 150 soste giornaliere a corriere nei luoghi di consegna e pausa pranzo di mezz’ora. Tempi di consegna che sono stati ulteriormente ridotti durante il Covid, quando non c’era nessuno in giro. Inoltre «al personale viene affidato un dispositivo con relativa app, che registra: nome, indirizzo e telefono del destinatario; tracking ID degli invii; status della consegna; numero di recapiti per ciascun piano di consegne; orario e data di consegna; log-in del personale che ha effettuato la consegna». Amazon infine può «imporre prescrizioni in merito alle specifiche delle uniformi, nonché il branding dei veicoli». Tutto ciò è elencato per sostenere che «i soggetti che prestano materialmente la propria opera non svolgono certamente un’attività economica indipendente». L’algoritmo governerebbe così i serbatoi di manodopera, strutturati attraverso una ventina di società, con un «sistema piramidale» e con «una complessa frode fiscale derivante dall’utilizzo del meccanismo illecito di fatture» false «a fronte della stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera». Ricostruendo «la filiera della manodopera… è stato rilevato che i rapporti di lavoro (con Amazon Italia) sono stati “schermati” da società filtro (“società fornitrici di primo livello”) che a loro volta si sono avvalse di cooperative», i «serbatoi di manodopera», o «società di secondo livello» che hanno «sistematicamente omesso il versamento dell’Iva, nonché degli oneri di natura previdenziale e assistenziale» per i lavoratori. I quali sono stati anche costretti a passare da una società all’altra come in una «transumanza», spiega la Procura guidata da Marcello Viola, con l’aggiunta Tiziana Siciliano. Si tratta della 21esima inchiesta milanese nella logistica, con 600 milioni di euro restituiti al Fisco da colossi come Dhl, Gls, Uber, Brt, Geodis, Esselunga, Ups, Gs, Gxo, Schenker.
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