Finalmente il nostro territorio è ancora capace di proporre eventi live di qualità e di alto spessore. Una piacevole consapevolezza rinfrancata dall’evento live di giovedì sera, tenutosi nella splendida cornice dell’area archeologica di Fratte (SA). Anni di sagre di paese e di locali allineati e uniformati a proporre sempre la solita minestra (neomelodico o cover bands che suonano sempre i soliti brani “ballabili”) sono stati capaci di assuefare al trash e diseducare le
masse all’ascolto di musica di qualità. Per questo motivo un grande plauso va a HUB MUSIC PROJECT , team organizzatore dell’evento. Condivido in pieno l’osservazione di Mario Maysse, noto intenditore di musica e proprietario dello storico negozio di dischi di Salerno, Disclan. Mario, ieri mattina, si è lasciato andare scrivendo una
sferzante riflessione postata su Facebook: “Lo so che non era il posto dove poter bere il vostro champagnino….. né tantomeno la discoteca on the beachhhhh dove c’è il dj che mette quei meravigliosi pezzi Neapolitandiscoboogiefunkyhousssssse… …ma dico, un po’ di voglia di fare anche qualcos’altro ogni tanto no?
Magari lasciarvi prendere anche dalla curiosità …” Ecco, quanta verità in queste parole, riflessioni che mi trovano pienamente d’accordo. Per questo motivo, il merito degli organizzatori è ancora più grande. Giovedì sera sul palco si sono alternati due progetti musicali, due generi diversi e due generazioni che, seppur distanti, sono accomunate dalla voglia di proporre buona musica. I primi a salire sul palco sono stati I Fiori di Cadillac, un duo di Salerno molto interessante, composto da Luigi Salvio (voce, piano, synth) e Valerio Vicinanza (batteria), coadiuvati da Gennaro Tafuri (elettronica) e Giada De Prisco (basso elettrico e synth). Il primo impatto è stato piacevolmente sorprendente: un sound moderno, una mistura di
elettronica, musica d’autore, pop-funk e sperimentazione sonora. La band propone brani tratti dal loro ultimo disco Stranieri, un disco che affronta un tema molto intimistico: il guardarsi allo specchio e non riconoscersi più, la presa di coscienza di essere stranieri di se stessi. Undici le tracce di questo album, riproposte dal vivo magistralmente. A mio giudizio, il brano più bello del disco è Anime Perse. Bella la voce, come timbro e spessore. Da sottolineare la performance di Valerio Vicinanza alla batteria, un vero talento che mi ha un po’ ricordato Luca Ferrari, batterista dei Verdena. Buona la performance di Gennaro Tafuri all’elettronica, anche se si dovrebbe rivedere, a mio giudizio, qualche sync sui suoni di synth. Buona anche la performance di Giada De Prisco che, onestamente, a mio gusto, ho più apprezzato al basso elettrico che al basso synth. Ho trovato un po’ prolissa l’insistenza e la ripetizione di alcune
“celle” musicali, magari limare qualcosa darebbe più aria ai brani. Nel complesso una ottima performance live e un bel disco che vi consiglio di acquistare o ascoltare sulle piattaforme digitali.
Dopo un piccolo break tecnico, sul palco si manifestano dei giganti del panorama indie della musica italiana: La Crus. Avere la fortuna di assistere alla materializzazione di 21 anni di carriera artistica come band, innumerevoli album, da studio e live, una partecipazione a Sanremo nel 2011 e una infinita carriera artistica personale dell’attuale line up della band è semplicemente un privilegio unico. Partiamo dalla linea storica, Mauro Ermanno Giovanardi e Cesare Malfatti. Il primo, cantante e bassista, con un ampia carriera da solista materializzatasi con la pubblicazione di diversi album di grande pregio, sei volte premiato con la Targa Tenco, quattro con i La Crus e due da solista. Il secondo, cantante e chitarrista, membro degli Afterhours, fondatore degli Amour Fou e dei The Dining Rooms con Stefano Ghittoni, una lunga carriera da solista e in progetti paralleli, una lunga e ricca discografia personale e di progetto.
Solo la presenza sul palco di questi due grandi artisti dovrebbe essere fonte di entusiasmo, gratitudine e grande riconoscenza per il loro talento, per le emozioni donate e per la musica d’autore che hanno realizzato. Il tutto si moltiplica quando prendi atto del valore e del talento dei musicisti che condividono quel palco con il nucleo storico
dei La Crus.
Alla batteria Leziero Rescigno, un musicista talentuoso e virtuoso, forte della sue esperienze con gli Amour Fou ( vi consiglio vivamente di ascoltare l’album i Moralisti), reduce dal recente successo del suo progetto Bright Magus (progetto tributo ispirato a Miles Davis, vi consiglio di ascoltare l’album Jungle Corner). Ai cori e al synth Chiara Castello, una musicista poliedrica con una grande voce, capace di essere un valore aggiunto in qualsiasi contesto musicale. Chiara è reduce da tre dischi e innumerevoli live in tutta Europa con il suo progetto I’m Not A Blonde, in comproprietà con Camilla Benedini (vi consiglio di ascoltare i brani If e Too Old). Per completare la line up c’è Marco Carusino, musicista di grande esperienza, chitarrista e bassista di pregio, presente nei lavori musicali di Morgan, Gianna Nannini etc. Inizia il concerto, gli artisti salgono sul palco avendo come sottofondo il rumore della pioggia. Il frontman si presenta con una maglia a righe, occhiali scuri e la sua esile fisicità. Iniziano le prime note e Mauro inzia a cantare: la sua voce, il suo timbro ti scalda il cuore e ti avvolge. Dopo un paio di brani invita il pubblico ad alzarsi dalle sedie ed avvicinarsi al palco. Dice: “siete troppo distanti, ho bisogno di calore”. Così i più temerari, compreso il sottoscritto, si alzano e onorano in piedi, come in qualsiasi concerto rock, la performace artistica della band. Il tempo scorre, la musica anche: si alternano brani del nuovo disco e vecchi classici. A mio giudizio, i brani più belli sono Mangia dormi lavora ripeti e La rivoluzione. La parte di pubblico che si è alzata e che si è sistemata sotto il palco canta le canzoni, fa richieste, una di queste accontentata (il brano Angela) e applaude e incita la band. I momenti più intimi e toccanti sono scanditi dal nucleo storico solo con voce e chitarra: i suoni cristallini di Malfatti si sposano con la voce calda e colorata di Giovanardi: poesia allo stato puro. Tre sono gli omaggi o cover. Il primo a Piero Ciampi, con il brano Il Vino, il secondo a Giorgio Gaber con L’Illogica allegria e un terzo brano omaggio a Ennio Morricone. Due sono i bis concessi ad una platea che ha acclamato e applaudito la band che, dopo il concerto, non si è sottratta al calore e all’effetto del pubblico.
Nonostante fossero stanchi e affamati (Giovanardi non mangiava da 24 ore) gli artisti si sono concessi per foto, autografi o per un semplice scambio di chiacchiere. Questo denota e sottolinea l’enorme spessore umano di questi artisti, grandi non solo musicalmente, ma anche come persone. Vi assicuro che non è cosa da tutti. Una serata da ricordare, un evento da raccontare, emozioni da portare e conservare nel tempo. Unica note dolente il pubblico, o meglio, una parte di esso: distante, distratto, molesto e rumoroso. Solo a teatro o per i concerti di musica classica o jazz si sta seduti, per tutto il resto si sta in piedi e sotto il palco: è l’ABC dei concerti. I musicisti, per esprimersi al meglio, hanno bisogno del calore e della partecipazione del pubblico. E’ una connessione: tu inciti e partecipi, loro si
esprimono al meglio. Come diceva Joe Strummer “no input, no output”.