La Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose (in esperanto Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj), nota semplicemente come Isola delle Rose (Insulo de la Rozoj) è stata una micronazione ideata dall’ingegnere bolognese Giorgio Rosa nel 1958 e terminata nel 1969, e situata in una piattaforma artificiale di 400 m² nel mare Adriatico a 11612 m al largo della costa tra Rimini e Bellaria-Igea Marina e 500 m al di fuori delle acque territoriali italiane. Sebbene il 1º maggio 1968 si autoproclamasse Stato indipendente e fosse dotata di una lingua ufficiale (l’esperanto), un governo, una moneta e un’emissione postale,non fu mai formalmente riconosciuta da alcun Paese del mondo come nazione indipendente.
Nel 1958 l’ingegnere bolognese Giorgio Rosa pensò di costruire un telaio di tubi in acciaio ben saldati a terra, da trasportare in galleggiamento fino al punto prescelto (fuori dalle acque territoriali italiane) e installarlo. Si costituì dunque la SPIC (Società Sperimentale per Iniezioni di Cemento), con presidente Gabriella Chierici, moglie dell’ingegnere e direttore tecnico. La prima ispezione del punto prescelto, al largo di Rimini, a circa 11,5 km dalla linea di costa, avvenne tra il 15 e il 16 luglio 1958, utilizzando un sestante e allineandosi con il faro del grattacielo di Rimini.
Giorgio Rosa ipotizzò per la posa della sua isola di alzare il basso fondale marino con un sistema di dragaggio della sabbia trattenuta da alghe. I sopralluoghi avvennero utilizzando un natante, costruito in acciaio e propulso con un motore di una Fiat 500, e proseguirono per tutta l’estate del 1960, con frequenza bisettimanale, avendo come base un capanno sul molo di Rimini.
Nell’estate del 1962 però, per problemi tecnici e finanziari, l’impresa si bloccò; inoltre nell’ottobre dello stesso anno fu intimato dalle autorità italiane di rimuovere qualsiasi ostacolo alla navigazione.
Il 30 maggio 1964 furono contattate le capitanerie di porto di Rimini, Ravenna e Pesaro, rispettivamente per opzionare gli spazi in banchina, per i rifornimenti di gasolio e per la costruzione della struttura dell’isola presso i cantieri navali e per la pubblicazione dell’avviso ai naviganti per la segnalazione della presenza di strutture.
Per tutto il 1965 e il 1966 proseguirono i lavori di armamento della struttura, ma molto lentamente, poiché per le avverse condizioni meteomarine si poteva operare per non più di circa tre giorni a settimana.
Il 23 novembre 1966 la capitaneria di porto di Rimini intimò di cessare i lavori privi di autorizzazione, poiché la zona era in concessione all’Eni. Il successivo 23 gennaio anche la polizia s’interessò della vicenda, richiedendo conferma che si trattava di lavori sperimentali. Il 20 maggio 1967 alla profondità di 280 metri dal piano di calpestio dell’isola fu trovata, per perforazione, una falda di acqua dolce. Il 20 agosto 1967 l’isola venne aperta al pubblico.
Intanto sull’isola i lavori continuavano: sui pali fu gettato un piano in laterizio armato alto 8 metri sul livello del mare su cui vennero eretti dei muri che delimitavano dei vani. L’area a disposizione era di 400 m². S’iniziò una soprelevazione di un secondo piano, che doveva concludersi, in previsione, in cinque piani. Fu attrezzata anche l’area di sbarco dei battelli (la “Haveno Verda”, in italiano il “Porto Verde”) – che avveniva tramite banchine e scale – con dei tubi di gomma pieni di acqua dolce (con peso specifico, quindi, minore, di quello dell’acqua di mare e galleggianti) per tranquillizzare lo specchio d’acqua destinato allo sbarco; questa soluzione era già stata adottata da analoghe piattaforme al largo di Londra.
L’isola artificiale dichiarò unilateralmente l’indipendenza il 1º maggio 1968, con Giorgio Rosa come presidente.
Dopo la dichiarazione d’indipendenza
La dichiarazione di Giorgio Rosa fu resa pubblica con una conferenza stampa solo il 24 giugno 1968.
La primavera riminese del 1968, come la successiva estate, vide traffico marittimo dalla costa italiana verso l’Isola delle Rose e viceversa, destando crescente preoccupazione da parte delle forze dell’ordine italiane.
Le azioni di Rosa furono viste dal governo italiano come uno stratagemma per raccogliere i proventi turistici senza il pagamento delle relative tasse, dato che l’Isola delle Rose era facilmente raggiungibile dalla costa italiana.
Presto la Repubblica Italiana dispose un pattugliamento di motovedette della Guardia di Finanza e della capitaneria di porto vicino alla piattaforma, impedendo a chiunque, costruttori compresi, di attraccarvi, di fatto ottenendo un blocco navale.
In quel momento l’Isola delle Rose aveva soltanto un abitante stabile, Pietro Bernardini, che, dopo aver naufragato nel mare Adriatico durante una tempesta, raggiunse la sicurezza della piattaforma dopo otto ore in mare; successivamente prese in affitto la piattaforma per un anno.
Il 21 giugno 1968 Rosa ebbe un colloquio con il capitano Barnabà del Servizio informazioni difesa, il servizio segreto militare italiano.
Nel corso dell’estate del 1968 pare che la micronazione si fosse dotata (o avesse intenzione di dotarsi) di una propria piccola stazione radiofonica in onde medie, presumibilmente al fine di disporre di un mezzo d’informazione per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla propria causa e per contrastare le azioni repressive del governo italiano[12].
L’esperienza della micronazione terminò il 26 giugno 1968 con l’occupazione da parte delle forze di polizia italiana e il blocco navale,con la definitiva demolizione nel febbraio seguente.L’episodio venne lentamente dimenticato, considerato per decenni solo come un tentativo di “urbanizzazione” del mare per ottenere vantaggi di natura commerciale; solo a partire dal primo decennio del 2000 esso è stato oggetto di ricerche e riscoperte documentarie imperniate invece sull’aspetto utopico della sua genesi.