La Regione Campania si costituirà con una denuncia contro le due donne di provenienza torrese, una minorenne, che l’altro ieri hanno aggredito la dottoressa Esposito all’Umberto I . Lo ha detto De Luca che ha incontrato la dottoressa alla presenza dei sindaci delle due Nocera: “Queste persone devono finire in galera. Poi bisogna intervenire sui medici che hanno un carico di lavoro insopportabile. Tra poco gli ospedali resteranno sguarniti. Il personale in servizio al pronto soccorso va pagato meglio”. Belle parole. Ma poi ? Il collasso dei Pronto Soccorso stressa tutti: medici, para-medici, pazienti e parenti. Certo mai bisognerebbe arrivare alle mani. Ma in certe circostanze, lo “stress” che dura ore per una semplice visita si trasforma il “lotta continua e contigua”. Le parole, la solidarietà, le denunce da comunicato: non bastano più. Nemmeno il sempre annunciato rafforzamento della sorveglianza e le condanne post eventi che arrivano dagli innumerevoli sindacalisti. La misura draconiana dell’arresto, voluta qualche giorno fa dal governo in carica, secondo voi risolve il problema ? Non fermiamoci all’ordine pubblico. Cerchiamo di andare oltre le considerazioni scontate. Le case di comunità, figlie del Pnrr, che fine hanno fatto ? I famosi incentivi per indurre i medici, soprattutto i giovani, al mettersi alla prova col Pronto soccorso dove sono ? L’elenco degli interrogativi sarebbe lunghissimo e riguarderebbe governi di qualsiasi conio avvicendatisi nei decenni, a livello nazionale e regionale. No, questo sabato di solidarietà “dovuta” non ci convince nella domenica della riflessione. Massimo rispetto per i camici bianchi, ogni categoria ha le eccezioni, in positivo e in negativo. Proviamo per un attimo, però, a indossare l’altro colore, quello delle persone normali, non dei violenti, che assistono in tante occasioni al menefreghismo, alle risposte che non spiegano, alla peregrinatio tra vari ospedali per mendicare un ricovero, al dover raccomandare l’anima a Dio e fatalmente al raccomandarsi a qualcuno nel vano tentativo di “ripararsi” dal peggio. Proviamo a metterci al posto, loro e di familiari e parenti, di quelli che negli ospedali entrano con problemi e lì dentro muoiono per le tante “complicazioni” che si sommano al problema principale. A queste persone, la solidarietà gli diamo noi pur sapendo che serve solo a terminare un articolo che passerà tra qualche giorno nel dimenticatoio, trovando spazio nell’enorme tritacarne dei social, rimanendo confinato nella casistica delle aggressioni fino alla prossima. Il guaio, si diceva una volta e si continua a dire ora, è sempre di chi muore (ma anche di chi si aggrava). Aggiungiamo che spesso è pure di capita in certi ospedali, con certi medici, in certi turni. Di domenica osiamo- sotto questo aspetto siamo sempre di turno- conta far sentire la voce di chi non ha voce: è il nostro motto, il sottotesto del nostro scrivere quotidiano.
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