«Ho cercato di rendere più belle le mie protesi. Quella da mare adesso è rosa brillantinata, quella da tutti i giorni è dorata».
La vita dei comuni mortali è fatta anche di questo. La cronaca diventa una storia, tra lacrime di dolore e lacrime di gioia. In un modo o nell’altro, tutti ricordano. In un modo o nell’altro, si va avanti, meglio se col conforto di un’anima diventata gemella.Ci sono destini legati con un filo così spesso che niente potrà mai spezzare. Giulia e Chiara sanno che per loro è così, è sempre stato così. Hanno imparato a camminare assieme, hanno giocato assieme, hanno studiato assieme, sono finite assieme nella stessa disgrazia e adesso, manco a dirlo, si sono laureate praticamente assieme, a pochi giorni l’una dall’altra. Laurea triennale: Giulia in Lettere moderne a Salerno, Chiara in Ingegneria biomedica a Torino.
Giulia è Giulia Muscariello, quella ragazza dai lunghi capelli chiari che oggi ha 22 anni e che abbiamo imparato a conoscere quando ne aveva appena compiuti 18. Nella notte fra il 30 e il 31 luglio del 2020 era seduta su un muretto accanto alla sua amica diciassettenne Chiara Memoli, a Cava de’ Tirreni, Salerno. Chiacchieravano quando il rombo di un’auto irruppe sulla scena e in pochi istanti diventò più forte delle loro voci. Giulia capì al volo che quell’auto non avrebbe frenato, diede uno spintone a Chiara per evitare l’impatto ma non fece in tempo a mettere in salvo se stessa. Si svegliò in ospedale con la gamba sinistra amputata all’altezza della coscia e quello fu il giorno zero da cui ripartire. Con Chiara al suo fianco, come sempre.
L’amica avviò per le sue cure una raccolta fondi, la storia della loro amicizia e del gesto di generosità di Giulia arrivò al Quirinale, dove Sergio Mattarella la nominò Alfiere della Repubblica. Una favola fatta di un’amicizia che non è stata scalfita nemmeno un po’ dalla distanza dettata dalle scelte universitarie.
E così, eccole, Giulia e Chiara in prima fila a celebrare l’una la laurea dell’altra. Ma c’è di più. C’è che Chiara ha scelto Ingegneria biomedica sognando di poter sostenere e aiutare la sua amica con le protesi. «Dopo il fatto dell’incidente — dice — ho cominciato a vedere, proprio osservando Giulia, che cose fantastiche poteva fare un ingegnere in quest’ambito. E quindi è grazie a lei che mi sono avvicinata a questo mondo e ho scelto questo corso di laurea. Ora mi sono iscritta alla magistrale in Strumentazione biomedica che si occupa, fra le altre cose, di progettare le componenti elettroniche dei singoli strumenti oppure dei sensori e dei collegamenti alla app come quelli che usa Giulia per la sua gamba».
L’incidente? «Non ne parliamo quasi più», giura Chiara. «Anche perché non c’è più niente da dire. È andata così. Ogni tanto torna tutto a galla quando magari lei è preoccupata o indecisa per qualcosa. Le dico sempre: sei stata capace di superare quel che ti è successo, non ti farai spaventare da una piccola scelta! Lei è davvero speciale. Il giorno della sua laurea io c’ero e alla fine l’ho abbracciata e ho pianto come forse non avevo mai fatto da quella sera tragica. Ho metabolizzato tutto, finalmente».
Con il suo 110 e lode in tasca, Giulia ha cominciato la magistrale alla Sapienza di Roma in Filologia, e se deve immaginare un futuro felice si vede dietro una cattedra universitaria a insegnare. Lei, che è da sempre innamorata delle parole, dice che la sua preferita l’ha presa in prestito dal greco: ananthèo, rifiorire. Proprio quel che ha fatto in questi quattro anni, nonostante le difficoltà dei primi mesi post incidente e la morte di sua madre alla quale ha dedicato la tesi in Letteratura latina sul mito di Narciso.
«Mai avrei immaginato di riuscire a vivere da sola in una grande città», confessa ripensando alla Giulia spaventata e disperata dell’estate 2020. «E invece ora so che posso farcela. Sono autonoma, guido, ho trovato casa, ho molti amici. Avere persone vicine che ti aiutano è una cosa bellissima, ma avevo bisogno di capire se potevo cavarmela da sola e adesso so che la risposta è sì».
L’ostacolo più grande? «Mostrarmi, soprattutto al mare. Ho fatto fatica a superare questo passaggio ma alla fine ho capito che dovevo trasformare quel punto debole in un punto di forza e sa che ho fatto?». Che cosa? «Ho cercato di rendere più belle le mie protesi. Quella da mare adesso è rosa brillantinata, quella da tutti i giorni è dorata».