Ho sempre ritenuto il bacio un gesto d’amore più profondo di qualsiasi altro sia sotto l’aspetto sentimentale che sessuale.
Nell’antica Grecia e a Roma un bacio era una cosa seria, e poteva essere usato al posto di una firma. Un cittadino greco o romano che non sapeva scrivere poteva baciare una X che lo scriba di turno aveva apposto in calce a un documento: l’azione e il documento erano considerati giuridicamente vincolanti.
Lo “ius osculi”, cioè il “diritto di bacio”, era un’usanza introdotta dal diritto romano secondo cui una donna baciava ogni giorno sulla bocca il marito, il padre e il fratello.
Il gesto, solo apparentemente affettuoso, consentiva ai maschi di famiglia di “saggiarne” l’alito per controllare che non avesse bevuto vino, violando un’antica legge che equiparava il bere alcolici per una donna all’infamia e all’adulterio, ed era perciò punibile con la morte.
La matrona sorpresa a bere vino poteva essere ripudiata o uccisa dal marito, col consenso dei più stretti congiunti.
Il divieto valeva per le donne honestae e non per le malfamate probrosae, cioè attrici, ballerine, cameriere di taverna.
Il motivo?
Le proprietà anticoncezionali e abortive attribuite al vino puro e soprattutto il nesso tra ubriachezza e sessualità:
“Qualunque donna sia smodatamente avida di vino chiude la porta alla virtù e la apre ai vizi”, scriveva lo storico Valerio Massimo nel I sec. a.C.
Il bacio così come lo conosciamo noi “occidentali”, però, a quanto pare ha origini molto lontane e sarebbe stato portato e diffuso da Alessandro Magno. Secondo quanto infatti afferma l’antropologo Vaughn Bryant, il bacio avrebbe natali indiani: in alcune antiche scritture Hindu, infatti, comparirebbe il bacio romantico tra amanti. Una sorta di bacio “primordiale”.
Esistono tanti tipi di bacio a seconda della cultura e del paese di riferimento, ma anche del contesto sociale e della relazione tra individui: e voi conoscete solo quello passionale alla francese e quello dello strofinio nasale eschimese ?