Esistono persone che nascono con una luce propria, una forza interiore che, se ben coltivata, illumina tutte le relazioni che intraprendono—familiari, amicali o amorose. Questa luce è come un sole che fa sbocciare ogni fiore attorno a sé. Tuttavia, accade che chi viene inebriato da questa luce nello sbocciare non riconosca la fonte di tale nutrimento, credendo di poter brillare autonomamente, senza il sole che li ha alimentati.
Intorno, vi sono coloro che, vedendo quella luce, cercano di appropriarsene, irretendo il fiore con la loro invidia e bramosia. La graminia è l’erba cattiva, parassita che si nutre di gloria altrui, non muore mai la graminia!
Il fiore, nella sua presunzione, non è grato per ciò che ha ricevuto, pensando che tutto gli spettasse di diritto. Ma quei fiori che si distaccano dal sole, che si nutrono solo di luce riflessa, spesso appassiscono.
Pensiamo a un partner che, dopo aver trovato una persona luminosa, crede di essere arrivato, e con ingratitudine taglia fuori quella fonte di calore. Ma lontano da chi brilla di luce propria, tale partner si ritrova a appassire, perché viveva di un’illusione, non di una vera luce interiore.
Riconosco quanto sia doloroso questo processo. Saper osservare partendo da sé stessi è salvifico, perché spesso non sappiamo come volerci bene e pretendiamo che questo bene arrivi dall’altro. Comprendere che l’amore e il riconoscimento devono prima venire da dentro di noi è essenziale per coltivare relazioni sane. Chi si ama veramente sa mettere confini sani e rispettosi, e non dipende dall’altro per sentirsi completo, soprattutto sa essere grato.
Solo in questo modo, possiamo sperimentare l’autentica gratitudine e il riconoscimento reciproco, senza creare dinamiche di dipendenza e ingratitudine.
Dott.ssa Filomena Avagliano Sessuologa