In questo articolo un filo rosso legherà Umberto Galimberti a Miley Cyrus, toccando Italo Calvino, lo so sembra impossibile ed invece…
La fine di una relazione è un’esperienza profondamente dolorosa. Spesso, ciò che ferisce di più non è solo la perdita dell’altro, ma la sensazione che la nostra identità, legata indissolubilmente al riconoscimento e all’affetto dell’altro, sia minata. Umberto Galimberti ci offre una prospettiva preziosa, ricordandoci che nella relazione amorosa, la nostra identità non viene affermata da noi stessi, ma è ricevuta dall’altro. Quando l’amore finisce, dobbiamo affrontare il vuoto lasciato dall’assenza di questo riconoscimento.
Come canta Miley Cyrus in **”Flowers”**, celebra l’autonomia e l’indipendenza, affermando di potersi comprare dei fiori da sola e amarsi meglio di chiunque altro. Questo risuona come un potente messaggio di autoaffermazione, un invito a trovare la forza dentro di sé, piuttosto che cercare stampelle esterne. Immagina una persona che, dopo la fine di una relazione, inizia a dedicare tempo a sé stessa, coltivando hobby, facendo viaggi o semplicemente prendendosi cura del proprio benessere. Questo atteggiamento non solo aiuta a guarire, ma rafforza anche l’autostima e l’indipendenza.
Arrivando ad Italo Calvino, nel **”Barone Rampante”**, ci insegna che per avere rapporti genuini e costruttivi con gli altri, è necessario prima diventare individui. Approfondire la conoscenza di sé, mantenersi fedeli alle proprie regole interne e lasciare emergere la propria singolarità sono passaggi fondamentali per sfuggire al conformismo e alla dipendenza emotiva. Quando non siamo prima individui autonomi, rischiamo di vedere l’altro non come una persona con cui condividere la vita, ma come un appiglio, una stampella su cui fare affidamento.
Ad esempio, pensa a qualcuno che entra in una relazione cercando di colmare un vuoto interno, aspettandosi che il partner risolva tutte le sue insicurezze. Questa dipendenza emotiva può portare a un circolo vizioso di aspettative non soddisfatte e frustrazioni. Il solipsismo, inteso non come isolamento totale ma come un periodo di introspezione e di sviluppo dell’amor proprio, può essere la svolta. Questo concetto invita a un confronto autentico con sé stessi, a riconoscere le proprie capacità e a costruire un senso di valore intrinseco, indipendente dalle relazioni esterne.
Riconosco quanto sia doloroso questo processo e rispetto profondamente il dolore che ne deriva. Saper osservare partendo da sé stessi è salvifico, perché spesso non sappiamo come volerci bene e pretendiamo che questo bene arrivi dall’altro. La chiave è coltivare l’amor proprio. Chi si ama veramente sa mettere confini sani e rispettosi. Non si tratta di chiudere porte e finestre, ma di concentrare le proprie energie sulla relazione con sé stessi. Questo permette di sperimentare l’autentica gratitudine e il riconoscimento reciproco, senza creare dinamiche di dipendenza e ingratitudine.
In conclusione, la fine di una relazione, per quanto dolorosa, può diventare un’opportunità per riscoprire sé stessi e coltivare l’amor proprio. Come ci insegnano sia Miley Cyrus che Italo Calvino, solo chi è prima individuo può incontrare l’altro in modo genuino e costruire relazioni sane e appaganti. La chiave è trovare la luce dentro di sé e usarla per illuminare il proprio cammino, indipendentemente da chi ci accompagna.
Ed a te è mai capitato di finire una relazione e restarne imbrigliat@, rancoros@, in cerca di riscatto?
Dott.ssa Filomena Avagliano Sessuologa