Scafati coinvolta nell’omicidio Vassallo con personaggi di spicco già passati a onor di cronaca come Romolo Ridosso, l’imprenditore Giuseppe Cipriano e Raffaele Maurelli coinvolto come broker della droga e venuto a mancare nel 2020.
«Ci simm fatt pur ‘o pescator». Romolo Ridosso, ex collaboratore di giustizia del clan scafatese dei Loreto-Ridosso, borbotta tra sè e sè queste parole di rientro da un colloquio segreto, appena qualche giorno dopo il delitto Vassallo. Ha incontrato Lazzaro Cioffi e Giuseppe Cipriano all’esterno della sua villetta di Lettere. Il sindaco è stato ucciso, in Italia non si parla d’altro. E lui, Romolo Ridosso borbotta quella frase
Era pronto a denunciare tutti. Facendo nomi e cognomi. Compreso quello del colonnello Cagnazzo. Vassallo la sua indagine l’aveva condotta e pure bene: ad Acciaroli una vera e propria piazza di spaccio, con tanto di stoccaggio in loco. Un fiume di droga per la movida e non solo. Nomi eccellenti nel giro del traffico di sostanze stupefacenti ed uno scenario allarmante per i giovani del Cilento e per i suoi turisti. Un traffico di droga organizzato al porto di Acciaroli dal clan Cesarano di Castellammare di Stabia, Pompei e Scafati. Aveva tutti gli elementi che avrebbe portato da lì a poco all’allora capo della Procura di Vallo della Lucania, Alfredo Greco. Ed è per questo che doveva essere fermato. E così è stato.
Ucciso per difendere la sua terra. Perché aveva scoperto quel giro di droga che ogni sera attraverso gommoni sbarcava al porto di Acciaroli e perché voleva denunciare tutti. Negli ultimi tempi, si legge nelle carte, aveva paura, rincasava prima di mezzanotte e non si fermava con nessuno. Forse aveva scoperto anche che qualcuno voleva fermarlo a tutti i costi. Ma Vassallo era più preoccupato per la sua comunità e anche per sua figlia che si era messa in ‘brutti giri’ e come lei anche altri del paese. Aveva confidato: «Sono venuto a conoscenza di cose che sarebbe stato meglio non sapere e non vedere, vogliono portare la Camorra nel Cilento e io farò di tutto perché ciò non avvenga ma tengo paura che mi fanno fuori».
“Pure il pescatore lo abbiamo messo a posto”, è la frase pronunciata poco dopo l’assassinio. Dal 6 settembre del 2010 sono trascorsi 14 anni ed oggi un primo quadro viene fuori. Quattro arresti, tra cui il colonnello dei Carabinieri Fabio Cagnazzo, 54 anni, l’ex brigadiere Lazzaro Cioffi, 62 anni (già condannato in secondo grado a 10 anni di reclusione per il suo coinvolgimento nel traffico e spaccio di stupefacenti al Parco Verde di Caivano), l’imprenditore Giuseppe Cipriano, 56 anni, e Romolo Ridosso, 63 anni, ritenuto esponente del clan camorristico Ridosso-Loreto. Determinanti i racconti dei collaboratori di giustizia e dello stesso Ridosso.
Sono accusati di concorso in omicidio: avrebbero perso parte all’ideazione, pianificazione e organizzazione dell’omicidio di Vassallo e al successivo depistaggio. Una inchiesta che proseguirà e che dovrà accertare, oltre le responsabilità degli attuali indagati, anche gli eventuali esecutori materiali dell’omicidio.
Ed è un ruolo chiave quello di Cagnazzo che, secondo le informazioni raccolte e i racconti, era pienamente coinvolto nel traffico di stupefacenti e anche nello stoccaggio a Pollica, dove era praticamente un habitué. Immediatamente dopo l’omicidio è lui che mette in piedi il prosieguo del piano: cancellare le prove e buttare i sospetti su un piccolo spacciatore, “Il Brasiliano”, tra i primi ad essere indagato. Una sigaretta, Lucky Strike, accerterà la presenza di Cagnazzo a pochi passi dall’auto con dentro il corpo senza vita del sindaco pescatore e quindi sulla scena del crimine. Sempre lui provvederà poi a cancellare le ulteriori prove, anche quelle dei sistemi di videosorveglianza, rimuovendo anche i bossoli. «Grave alterazione della scena del crimine», secondo il gip del Tribunale di Salerno, Annamaria Ferraiolo che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare.
Nella ricostruzione dei carabinieri del Ros di Roma, coordinati dalla Procura di Salerno, con a capo il procuratore Giuseppe Borrelli, c’è tutta l’opera di depistaggio. Dalla falsa pista del “brasiliano” alla presunta lite con un albergatore. Bruno Humberto Damiani detto “il brasiliano” è stato poi scagionato dall’accusa di omicidio.
Un gruppo disposto a tutto e vicino ad ambienti criminali e capace di gestire un traffico ingente di sostanze stupefacenti che Vassallo voleva fermare per proteggere la sua comunità e quel territorio e paesaggio che aveva trasformato negli anni del suo sindacato e che poteva essere distrutto dagli affari della malavita. Una difesa che ha pagato a caro prezzo, con la vita.
(Articolo pubblicato dal giornale on line “L’Ora”)