C’era una volta, in una vecchia stalla nella contrada di Taverne, nel paesotto di Nocera Superiore, un Presepe vivente assai suggestivo.
Nella mangiatoia era nato una sorta di messia che molti acclamavano e tanti altri sbeffeggiavano: il bue chiamava asino il suo vicino e i pastori governavano pecorelle ossequenti e belanti senza averne peraltro il rispetto e senza possedere autorevolezza e carisma.
Insomma pareva che nessuno avesse le peculiarità del vero leader, nè le virtù machiavelliane del Principe e chi davvero possedeva tali caratteristiche restava al caldo del proprio focolare, estromesso appositamente dalla scena principale.
Dal canto suo, la madre del cosiddetto unto dal Signore era una perfida arpia che nulla aveva della Vergine Maria e colui che doveva vestire i panni di San Giuseppe aveva preferito far parte del mondo dei più, piuttosto che condividere la propria esistenza con la becera consorte.
Un Presepe piuttosto bizzarro, in cui i re Magi non erano soltanto i canonici tre, bensí venti, trenta, quaranta, poi cento e mille, ed invece di recar doni, elargivano salamelecchi disgustosi, promesse irrealizzabili, considerata la pochezza di spirito e d’intenti, pressappochismo bieco e turpe.
I congiunti del messia, nato già adulto in una mangiatoia dorata, sembravano consiglieri dispotici e rozzi, dediti al commercio e allo sfruttamento dei poveri cristi in cerca di notorietà e quattrini.
Persino re Erode non osava condannare a morte i colpevoli, figuriamoci i maschi primogeniti!
Soltanto Ponzio Pilato rivestiva perfettamente il proprio storico ruolo di ignavo petulante e pusillanime: in questo Presepe, infatti, se ne lavava volentieri le mani degli affari che non gli procuravano profitto e se ne stava alla finestra a guardare uno spettacolo fino a quel momento piuttosto avvilente.
Intanto da ogni contrada del paesotto giungevano figuranti curiosi a far visita al nuovo re: da Materdomini recavano in dono palatelle e tammorre, da San Clemente libri mai letti ed ormai a brandelli, da Pareti e Pucciano calendari pieni di maledizioni e fatture, da Portaromana quadri di pseudo divinità e quintali di carne gratis, da Pecorari…beh, ovviamente altre pecore e capre.
Divenne alquanto famoso il Presente di Nocera Superiore nelle vicine contee e qualcuno cominciava a pregustare l’Epifania del nuovo anno tra ghigni beffardi e malcelata insoddisfazione.
Annalisa Capaldo