1964, al commissario prefettizio di Nocera Inferiore Carlo Romeo, di passaggio per un anno tra i sindaci Apicella e Orlando, arriva una missiva che lo fa sobbalzare. Arriva da Formia ed è firmata dal leader socialista Pietro Nenni, all’epoca vice presidente del consiglio (Il premier era Aldo Moro). Nenni chiede a Romeo di tenere in buona considerazione per un posto da dipendente comunale una persona che tanto aveva sofferto nel corso della sua vita.
Si trattava dell’antifascista e soprattutto anarchica Emilia Buonacosa. La storia sino ad oggi si tramandava come leggenda orale. A 60 anni di distanza, lo storico-politico nocerino Angelo Verrillo ha posto fine alla leggenda, che ascoltava fin da giovanotto dalle parole di Pietro Amendola e dagli esponenti del Pci nocerino Petrosino e Conte. Ha ritrovato il documento originale di Nenni, grazie alla collaborazione dell’Archivio comunale, in particolare di chi si occupa dei fascoli dei dipendenti. Il documento comparirà a breve sul periodico Critica Sociale diretto da Massimiliano Amato.
La storia
La nascita di Emilia Buonacosa fu comunicata all’ufficio di stato civile del comune di Pagani il 21 ottobre 1895. Figlia di ignoti, fu dichiarata da Giovanna Pepe, “ricevitrice dei proietti”
del Comune, che testimoniò di aver trovato il corpo della neonata il pomeriggio precedente. Dopo pochi giorni, Emilia fu subito adottata dai coniugi Alfano di Nocera Inferiore. Fu qui che, a poco a
poco, si delineò il carattere di una ragazza forte, tenace che perseguiva ideali di giustizia sociale e di indipendenza personale. Infatti, da giovanissima, incominciò a lavorare in una fabbrica della città. Grazie al suo lavoro, entrò in contatto con la Camera del lavoro e frequentò gli anarchici della zona. Primo fra tutti, Ernesto Danio, col quale convisse per due anni. Partecipò alle agitazioni operaie e,
nel 1913, ad appena 18 anni era già conosciuta dalle forze di polizia come “sovversiva pericolosa”. Intanto continuò a lavorare in fabbrica, dove subì un grave incidente sul lavoro che le procurò l’asportazione del cuoio capelluto. Nel frattempo, s’innamorò di un altro anarchico Federico Giordano Ustori, che sposò a Milano l’8 settembre 1924. Rimasero qui tre anni e, nel 1927, espatriarono clandestinamente in Francia. Qui militò negli ambienti di “Giustizia e Libertà”, tanto da essere considerata un’anarchica
capace di compiere atti terroristici. Nel 1930, rimase vedova. Questo avvenimento non la allontanò dalla militanza politica. Anzi, divenne compagna di un comunista Pietro Corradi. Nel 1937, fu a
Barcellona con l’anarchico De Russo, ipotetico organizzatore di un attentato antifascista, durante la guerra civile spagnola.
Tornò a Parigi, il 9 luglio 1940 fu arrestata e deportata in Germania. Il 19 ottobre fu consegnata alla polizia di frontiera italiana e il 2 dicembre 1940 fu condannata a cinque anni di confino politico, anche se non godeva di buona salute. Fu inutile il suo ricorso in appello. Il 13 dicembre arrivò a Ventotene. Il 27 giugno del 1943, il direttore della colonia chiese che la pena del confino fosse commutata in ammonimento. Il 21 agosto, dopo la caduta del fascismo e l’arresto di Mussolini, chiese la liberazione per il cl cambiamento della situazione politica. Invece, le confinate
politiche subirono un’altra grave umiliazione. Il 24 agosto furono trasferite da Ventotene al campo di concentramento di Fraschette d’Alatri. Il 7 settembre ordinarono la liberazione. Emilia Buonacosa partì per Nocera Inferiore solo il 7 agosto 1944. Dopo il ritorno a casa, Emilia fu ancora considerata un’anarchica, nemica dello stato. Quando richiese che le fosse concessa la pensione nel 1959, era ancora considerata una “sovversiva”, come se nulla fosse cambiato dall’arresto del 1940. In seguito ebbe, anche grazie a Nenni, la possibilità di lavorare da dipendente comunale a Nocera Inferiore. Morì proprio a Nocera Inferiore il 12 dicembre 1976.