
A scanso di equivoci io sono una che ama le feste e la buona compagnia, ciò che non tollero sono le forzature, l’ipocrisia dei sorrisi sotto l’albero e il far finta che vada tutto bene per non rovinare lo spirito natalizio.
Non mi piacciono gli auguri delle persone a cui la tua felicità non sta minimamente a cuore, così come i silenzi di tutto l’anno e la freddezza opportunistica di parenti, amici e conoscenti.
Non mi piace chi è sempre pronto a sparlare degli assenti e fa la stessa cosa con te appena ti volti e naturalmente non mi va giù il pensiero di sedermi a tavola senza il mio papà, unica gioia delle mie feste fanciullesche.
Ma naturalmente siamo in molti a soffrire per l’assenza incolmabile di una persona andata via troppo presto, perché la verità è che certe persone pure se muoiono a cento anni è sempre troppo presto. Tutto ciò va a cozzare con la presenza di chi invece va via troppo tardi, inutile scimmiottare il Natale se attorno abbiamo fantasmi beceri e falso affetto.
Non è vero che in questo periodo siamo tutti più buoni, anzi, qualcuno è accentuatamente più meschino mentre ti abbraccia e ti da gli auguri; il Grinch in questo caso è simpatico e geniale!
C’è chi mi ricorda che il Natale si trascorre in famiglia, che le tradizioni vanno rispettate, come il Presepe, l’albero e i regali e che i bambini non meritano il nostro disincanto: e allora saliamo sul trenino della felicità apparente, sulla slitta della serenità fluida, sediamoci su quella sedia ormai vuota e fredda elargendo sorrisi artefatti e sguardi rassegnati.
Ogni anno attraversare indenne questo periodo è sempre più difficile: man mano che divento grande e matura trovo più insopportabile i convenevoli, le costrizioni e l’impossibilità di dire ciò che penso.
Sono entrata in Chiesa dopo tanto tempo ed ho parlato serenamente con un membro del clero, ho fatto la beneficenza tutto l’anno, ogniqualvolta mi si sia presentata l’occasione, ho insegnato con e per passione cercando di fare al meglio la cosa che più mi piace, ho tentato di essere una buona madre, forse fallendo e inciampando nelle mie paure qualche volta, ho resistito alle disgrazie immeritate fino a questo momento.
Ne esco provata, quasi stremata: tuttavia, barcollando in un labirinto di solitudine positiva e moltitudine negativa, resto in piedi controvento e forse anche contro la mia stessa volontà.
Non sono i soliti auguri i miei, me ne rendo conto, col falso perbenismo non ci sono mai andata a nozze, alla stregua delle forzature imposte o degli ordini malcelati di qualcuno. Non è neppure il solito bilancio di fine anno, con quello ho chiuso un paio di anni fa.
Le mie sono solo considerazioni sincere e prive di fronzoli che mirano a rivelare chi sono io e chi sono gli altri: le catene le ho spezzate da quando sono cosciente, le imposizioni mi solleticano e svaniscono come il fumo del caminetto acceso.
Nessuno potrà mai dirmi ciò che devo o non devo fare e questo rappresenta il dato pregante del mio Natale.
Resto fedele a me stessa, senza padroni e senza guinzaglio e mi piacerebbe che tutti avessero lo stesso coraggio, pur rimettendoci cariche ambite, soldi guadagnati senza merito e prestigio amorale.
Forse per questo preferisco restarmene tra le mie quattro mura, quasi distaccata da un mondo che non mi si confà, priva di raccomandazioni e favori da restituire, di incarichi affidati a chi, invece, nel mazzo di carte ambisce a sguazzare fingendo che non gl”interessa.
Buone Feste a chi ha ancora a cuore la propria dignità e lotta per la giustizia!
Annalisa Capaldo