Ieri sera mi sono immersa in una conversazione salvifica e ristoratrice di cui il mio spirito abbisognava come il corpo dell’acqua e del cibo per ritemprarsi: alla Pro Loco della mia città, Nocera Superiore, ( Pro Loco ha il significato pregnante di ” a vantaggio del posto ” in cui si vive ) ho ascoltato discorsi tesi al coinvolgimento della gente nei progetti culturali e sociali del territorio ed era da molto tempo che ne avvertivo la necessità.
Si è discusso di salute, di screening gratuiti già implementati e futuri, per la prevenzione e la diagnosi di malattie gravi, della creazione di spazi di ascolto e di accoglienza per le donne, fatto di figure professionali reali, per i bambini in condizione di fragilità, della nascita di un biblioteca/emeroteca che a Nocera Superiore manca, di musica, di poesia, di editoria, di giornalismo serio, impegnato, scevro da meri pettegolezzi di quartiere.
Ha ragione il maestro Riccardo Muti nell’intervista letta poco fa sul Corriere della Sera quando afferma che Mozart era al di sopra o al di fuori di tutto e di tutti. Si preoccupava meno della visione politica europea; guardava al fatto umano. Per questo è necessario: perché nelle sue opere troviamo noi stessi: riscoprire il valore della condivisione umana è la chiave di volta dell’avanzamento culturale e civile di un paese.
In questo momento storico vediamo languire la Cultura, deturpata da donne e uomini privi di reale conoscenza dei fatti e dei bisogni di un’intera comunità, dediti al mero soddisfacimento dei propri interessi politici e personali, incapace di discernere il bene dal male, ossia di educare le giovani menti: dal latino educěre, «trarre fuori», «tirar fuori ciò che sta dentro». Alla base dell’educazione di qualsiasi disciplina, scolastica e non, l’etimologia di questa parola dovrebbe sempre ricordarci che da un giovane bisogna saper estrarre qualcosa, non solo introdurre. Per fare questo è fondamentale comunicare con i giovani e renderli partecipi, soci, di un’idea, di un progetto, di un sogno.
Tuttavia è vero che la cultura non ha colore o bandiera politica ed è altrettanto vero che l’ uomo è un πολιτικὸν ζῷον, un animale politico, sociale e in quanto tale portato per natura a unirsi ai propri simili per formare delle comunità, per cui ha bisogno che egli entri in una rete di donne e di uomini propositivi, fattivi, cooperativi.
La Politica è una questione seria e non la dovrebbero fare tutti: non sono i voti da marciapiede e dell’amico conosciuto a rendere degne le persone nel ricoprire cariche ed incarichi delicati, quali la cultura, il sociale, le pari opportunità, per citare solo ciò che mi sta maggiormente a cuore.
Infine ieri sera mi è stato fatto notare che fare politica significa anche sporcarsi le mani, lo capisco e non me ne sono mai scandalizzata: Gramsci sosteneva che non si può scindere l’homo faber dall’homo sapiens, ma una cosa è sporcarsi le mani e un’altra è imbrattarsi l’anima; l’incompetenza e l’arroganza vanno bandite perché si rischia di sporcare e di contaminare una città intera.
Il malcontento generale deriva proprio dalla pochezza culturale e sociale della classe politica ed è nostro dovere dire la verità, impegnarci nella crescita del territorio e dare aiuto e voce a chi non ne ha.
Annalisa Capaldo