I titoli dei convegni lasciano il tempo che trovano. Preferiamo narrarvi e ricordarvi, proprio oggi, in occasione del convegno a Nocera Superiore, la storia dell’amica e collega di Scafati Maria Rosaria Vitiello. Con le sue parole, con la sua voglia di vita nonostante tutto, coi suoi insegnamenti che trasmette in ogni incontro con scuole e forze dell’ordine.
La corsa disperata verso l’ospedale, il ricovero in sala rianimazione, il trasferimento in un centro di risveglio a Crotone per poi ricominciare da zero, costretta ad imparare nuovamente quelle che per tutti sono così scontate come parlare, comminare, correre. Maria Rosaria Vitiello ha vissuto l’incubo di un terribile incidente stradale e da quel giorno porta la sua esperienza nelle scuole per far sì che si presti sempre massima attenzione perché, quando si è a bordo di un’auto, una moto o qualsiasi mezzo di trasporto si rischia di giocare con la vita delle persone. Era il 16 dicembre 2014, Maria Rosaria Vitiello ha da poco terminato i lavori di un convegno a Scafati sulla sicurezza stradale dove ha moderato gli interventi, sta per attraversare la strada sulle strisce pedonali quando un’auto che sopravviene la fa rimbalzare sull’asfalto facendole battere la testa diverse volte al suolo, il suo corpo finirà lontano dal luogo dell’impatto per diversi metri. Da quel giorno inizia l’incubo, durato mesi e mesi fino alla rinascita.
«Il 16 dicembre 2014, ho vissuto un’esperienza terribile, sulla strada, che ha ostacolato la mia crescita professionale e cambiato il percorso della mia esistenza. Sono stata travolta da un’auto mentre attraversavo sulle strisce pedonali e sono rimasta in coma per un mese. La mia famiglia travolta da un ciclone. L’impatto è stato violentissimo e mi ha fatto battere la testa sul veicolo e poi al suolo. Sono immediatamente sprofondata in uno stato di coma. I testimoni erano convinti che non ce l’avessi fatta. Ho rimosso dalla memoria ogni cosa di quel giorno e del successivo mese. Ho ricostruito i particolari dai racconti dei testimoni e da un video prodotto da una telecamera di un esercizio commerciale vicino, custodito dalle Forze dell’Ordine. Mi hanno raccontato della corsa in ambulanza verso l’ospedale, del ricovero in sala di rianimazione, della tracheotomia, del foro nel cranio per l’aspirazione dell’ematoma, del trasferimento in un centro di risveglio in Calabria, a Crotone. Io ricordo di essermi svegliata in un letto di una struttura sanitaria, della sofferenza e dei sacrifici che ho dovuto affrontare nei due mesi successivi per cercare di risalire dal baratro nel quale mi sono ritrovata, mio malgrado. Ho dovuto ricominciare a parlare, a masticare, a camminare, a ricordare, con l’esercizio, l’impegno, la voglia di rinascere, l’amore per la vita. Poi ancora, tanto altro, tornata a casa, tra asportazione di un’ernia, ricoveri, controlli continui, cure farmacologiche. Per anni e ancora adesso. Da giornalista appassionata del proprio lavoro, ho sempre fatto comunicazione a 360 gradi, tra articoli sui quotidiani ed eventi culturali e politici. Quella mattina, avevo moderato un convegno sulla sicurezza stradale, mirato a lanciare l’appello ai giovani di tenere alta l’attenzione sui pericoli della strada. Dopo poche ore, sono diventata io stessa protagonista di una drammatica vicenda che avrebbe potuto evolversi in tragedia. Io sono una vittima superstite della strada. Ho subito le pesanti conseguenze di un errore altrui. Mi sono salvata, sono una privilegiata, sebbene in fase di recupero. Ho ricevuto il dono della vita per la seconda volta. Da quando ho ripreso in parte le mie forze, mi sono detta che l’impegno civico a favore della sicurezza stradale potesse dare un senso, attribuire un valore profondo alla mia esistenza riconquistata. È il mio modo di dire “grazie”. Sono sopravvissuta, oltre ogni aspettativa, ho lottato e sto cercando di recuperare quanto possibile. Oggi mi batto, con la mia associazione di promozione sociale sulla sicurezza stradale ‘Per le strade della vita’, nata nel 2017, per dare voce alla sicurezza stradale e per mettere in luce i pericoli sull’asfalto. Io mi impegno per la prevenzione. Credo molto nella forza della cultura della sicurezza stradale in ciascuno di noi. Occorre alimentarla, cominciando dai più piccoli, a scuola, con attività di sensibilizzazione. La mia delicata esperienza personale mi spinge in questo percorso. Ne ho scritto un libro, ‘La forza della vita. Storia di una ripartenza’, per lanciare un messaggio di fiducia, di amore e rispetto per la vita, per trasmettere l’inno alla nostra esistenza e dare luce alla resilienza, alla caparbietà necessaria per affrontare le difficoltà e soprattutto alimentare la speranza nel futuro. Oggi, posso umilmente sentirmi voce di chi voce non ha più, perché, dalla strada, la sua anima è salita in cielo. Il mio grido di allarme parte, innanzitutto, da quei nomi, da quelle vittime innocenti. E da chi ha sofferto e soffre nel ricordo amoroso e sa bene quanto possa pesare il dolore della privazione e vuole più che mai tenere alta l’attenzione sulla sicurezza stradale e celebrare l’amore per la vita. Avrei potuto anche io essere nel lungo elenco di vittime della strada. I dati sulla sicurezza stradale sono allarmanti e in aumento dappertutto. I pedoni sono gli utenti della strada più a rischio. Si affronta il destino per attraversare sulle strisce pedonali. Ora più che mai si avverte l’importanza della prevenzione, che è sensibilizzazione e al contempo educazione e formazione, a partire dalle scuole. Sulla strada occorre rispetto, per sé stessi e per gli altri. Le attività repressive (controlli, tutor, sanzioni applicate dalle Forze dell’Ordine) producono risultati, inibiscono, ma abbiamo il dovere di alimentare in tutti noi la cultura della sicurezza stradale. In grandi e piccoli. Io mi impegno da anni in questo senso. È una missione. Io mi batto per la conquista di una mobilità responsabile, consapevole e sostenibile. Ai giovani raccomando di essere, appunto, responsabili, da utenti della strada, sia come pedoni che alla guida di un veicolo a due o quattro ruote. Occorre massima attenzione, rispetto delle norme dettate dal nuovo Codice della Strada, e consapevolezza che ogni gesto non corretto (uso dello smartphone alla guida, velocità eccessiva, uso di alcol o droghe, distrazione) possa provocare relative conseguenze negative per sé stessi e per chi si incrocia malauguratamente. Oggi, non solo nei giovani, per strada si registra un senso di insofferenza, di fretta eccessiva, di intolleranza per i tempi di reazione altrui, che sono poi le sventurate premesse per accadimenti spiacevoli. Occorrerebbero controlli a tappeto per monitorare il territorio e chi ne riempie le strade, rilevatori e dissuasori di velocità, attività sanzionatorie per limitare la mancanza di senso civico che si registra sulle nostre strade. Ma tutto questo può solo indebolire una piaga che va corretta facendo leva sul nostro modo di vivere sull’asfalto, sul concetto di mobilità, sull’idea che la strada è patrimonio di tutti e ciascuno deve trovare il proprio spazio e viverla nel rispetto degli altri e di sé stesso ».