Non è facile essere antifascisti nella Lucca degli anni del regime. La città – direttamente o indirettamente – è stata governata dal 1922 al 1932 dal federale Carlo Scorza, una delle personalità più importanti del fascismo intransigente. La città ha una delle sezioni fasciste più forti d’Italia. In Toscana, per numero di iscritti, davanti a Lucca c’è soltanto la sezione di Firenze. Non è facile essere antifascisti, in particolare, nel 1936. Pochi mesi prima Benito Mussolini ha proclamato l’Impero, facendo salire in maniera esponenziale la propria popolarità e il furore patriottico in tutto il Paese. Eppure è proprio sotto la Torre delle Ore che prende forma la squadra più dichiaratamente antifascista della Serie A durante il Ventennio: la Lucchese.
A guidarla un ungherese di origine ebraica, Erbstein. È approdato a Lucca nel 1933 per volere del presidente Giuseppe Della Santina, che vuole tornare a giocare quella B assaggiata per una sola stagione tre anni prima. Qualche anno prima, con la Nocerina, aveva raggiunto traguardi notevoli, diventando il primo mito della lunga storia molossa. Egri Erbstein giunse a Nocera nell’estate del 1929 per guidare la formazione rossonera appena iscritta in Prima Divisione (terza serie dell’epoca). A tenere le redini del sodalizio c’era ancora il presidente Salvatore Buonocore, affiancato già dall’anno precedente dal colonnello Pavone, comandante del reggimento militare cittadino. Il tecnico ungherese poteva contare su Colombetti, Brindisi, Cavallo, Maccaferri, Di Clemente, Friuli, Cascone, Raktelj, Mortarini, Ceresoli, Accarino, ma soprattutto su Bertagna, schierandoli con il cosiddetto “metodo” a doppia W e con una rivoluzionaria idea di gioco, ai prodromi del “calcio totale” che segnerà la seconda parte del secolo.
In cinque anni a Lucca, Erbstein vince due campionati (Prima Divisione e Serie B) e conquista la prima storica promozione in massima serie della società toscana. Ma, sopratutto, porta a Lucca un nutrito gruppo di noti antifascisti. Oltre a lui, in quella prima avventura in A, si annoverano in rosa Bruno Scher, Libero Marchini, Bruno Neri, Gino Callegari. Più il portiere Aldo Olivieri e il suo antifascismo silenzioso: “Io non sono mai stato fascista. Anche in Nazionale: mi adeguavo, ma non approvavo. Anche Pozzo non confondeva la politica col calcio, e difatti faceva in modo che del Duce non si parlasse mai. Sì, eravamo obbligati a fare il saluto, a recitare, e io recitavo. Ma mai ho preso la tessera: se si ama la libertà, non si può essere fascisti”. Tutti titolari e protagonisti assoluti di quel settimo posto in Serie A che ancora oggi rappresenta il risultato più importante per la società rossonera. A pari punti con l’Inter di Giuseppe Meazza.