Non è facile parlare di un uomo e di un medico di gran livello. Tangentopoli era ancora in corso, spazzando via persone e cariche, quando un gruppo folto di soggetti che volevano una Nocera diversa si unirono (oggi sono, anzi siamo, 50enni e 60enni), cominciando a sostenere una candidatura a sindaco. C’era quel poco che restava di partitico, ma alla fine la scelta su Matteo Forte ricadde dal basso, cioè dalle associazioni, cattoliche e non, che sognavano di scrivere una nuova pagina di politica e di etica cittadina, approfittando anche della possibilità di eleggere direttamente il sindaco in virtù di regole da poco cambiate. Matteo Forte si mise in gioco e vinse col suo essere credente convinto, che piaceva agli orfani di parte della Dc, e con la voglia di cambiamento di gran parte della sinistra moderata. La sua giunta fu un mix di politici di primo pelo d’allora (spiccava il vice sindaco Antonio Romano) e di professionisti prestati alla politica. Non riuscì a durare 5 anni, lo mandarono a casa anzitempo quelli che non desideravano una Nocera diversa ma ambivano solamente a riproporre una Nocera ancora con determinati privilegi (soprattutti edilizi). Col conforto della sempre presente moglie Alfa, ritornò alla professione, psichiatra di qualità, capace di migliorare la vita dei suoi pazienti, senza alzare la voce ma col tono del garbo. In famiglia c’erano e ci sono ancora altri due medici prestati anni fa alla politica di sponda socialista: il cognato Nicola Padovano, endocrinologo, già vice sindaco, e il nipote Enrico D’Angelo, neurologo, più volte consigliere comunale. Chi scrive è particolarmente legato a Nicola e a Enrico: due punti di riferimento personale, due persone con uno stile di vita e di professione che assomiglia molto agli insegnamenti di Matteo. Sono stati particolari gli ultimi anni di vita di Matteo Forte, parecchio dolorosi per la famiglia: lui che aveva saputo “guarire” le teste degli altri, aveva “perso” la sua. Nocera ha l’obbligo invece della memoria e quindi di ricordarlo.
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