
Carmine Vicidomini, anni 78, professore in pensione di Educazione Fisica. Soprannome O’Talian, come da tradizione familiare. Nella foto è con Rodolfo De Cesare, conosciuto ai tempi della vittoria dell’Alfaterna nel campionato regionale Allievi (in panchina nel tratto finale di stagione andò Patrizio Russo ma tutta la costruzione era stata di Vicidomini). Milanista,sacchiano, zonista.
Quando ti sei innamorato della zona ?
“Lavoravo a Milano e andai vedere una partita dei rossoneri contro l’Uipest, rimasi incantato dal gioco degli ungheresi”
San Lorenzo, presidente il dottore Nocera, scettico…
“Il presidente si dovette ricredere, davamo spettacolo nelle categorie minori, lanciammo Michele Amato e Franco Santaniello, ragazzini che poi arrivarono in B e in A”
L’Internocera di Angelo Villani ?
“Bella esperienza, riuscimmo a far bene anche in Promozione, all’epoca era il massimo campionato regionale, il presidente si dilettava da portiere”
La Nocerina ?
“Fine anni ottanta, allenavo gli Allievi e supplivo alle assenze di Fasolino per la Berretti quando Gigino era chiamato a guidare la Rappresentativa Regionale e si portava appresso lo scugnizzo Varriale. Quanti ricordi, partendo dai portieri Gigino Cicalese, Paolo De Maio e Ulisse Manciuria. Mi chiedi un ricordo di Gianni Petti ? Intelligenza, anche calcistica, decisamente superiore alla media. Aveva grandi qualità Massimino Ferrara, stesso discorso per Tortora, Paciello e Iannone. Mi divertiva Loria, che s’interrogava sul significato della parola stretching. Il giovedì spesso facevamo la partitella con la prima squadra, dove figurava in pianta stabile un altro ragazzo di Nocera che aveva mezzi notevoli, mi riferisco a Gennaro Piccolo. Conobbi Enzo Montefusco, lui voleva confrontarsi con me pur essendo allenatore di spessore, col bagaglio di esperienza da calciatore di Serie A”.
1988, fallimento Nocerina, il calcio rossonero riparte dalla Promozione grazie al ripescaggio del Nocera Superiore dalla Prima Categoria e il campionato inizia con Vicidomini allenatore…
“Sentivamo il peso della responsabilità, all’inizio però il gruppo non era al completo. Partimmo da qualche elemento del Nocera Superiore come Bruno Romano, che saluto oggi con particolare affetto, ma anche Pedone, Cascella, Cannavacciuolo e D’Alessandro. Dalla Nocerina baby riuscì a portarmi solo Scarpa, che con me aveva fatto grandi cose tra gli Allievi, e Robustelli. Trovammo strada facendo Longobardi, De Falco e De Rosa. Aggiunsero esperienza Di Fruscia, Della Porta e Marcellino, poi arrivò il gruppetto dei napoletani composto da Iuliano, Velotti, Cinque e Gargiulo. Lottavamo con la Scafatese di Roberto Pascale e Amerigo Ferrara per salire in D. Non ero d’accordo con le spese pazze, lo dissi ad Angelo Villani. Io prendevo a scuola 700 mila lire al mese mentre Iuliano e Velotti ebbero un milione e mezzo al mese. Giovanni Iuliano, talento strepitoso, non riusciva a capire cosa significasse giocare a zona. Ciro Velotti perse la pazienza e disse: Giuà ma o mister quanta vot’ l’addà spiegà ? Maurizio Di Fruscia, stopper feroce e brillante architetto, rideva a crepapelle. Franco Piccinetti mi fece un complimento bellissimo dicendomi che non aveva mai avuto un allenatore preparato come me sui concetti di zona e di movimento, roba che iniziai a provare non sul campo ma su una scacchiera”.
Anni dopo, ancora Nocerina ma da responsabile delle giovanili
“Mi piaceva quel ruolo, entrai in sintonia con Simonelli che all’epoca allenava la prima squadra e un giorno mi domandò come vedevo Toti da difensore centrale. Gli dissi benissimo, a patto che il pallone l’abbia sempre la Nocerina”
Ha lasciato allievi il Vicidomini allenatore ?
“Penso di sì, in particolare Giovanni Buonaiuto, ora osservatore Lazio con un passato da giovane allenatore Berretti come me alla Nocerina sul finire degli anni novanta, e Giampiero Nocera, da poco tornato ad allenare dopo anni di pausa, ero il suo direttore al San Marzano e grazie al presidente Pagano ci divertimmo in Eccellenza con risorse limitate. A proposito di eredi, mio figlio Gennaro poteva giocare almeno in C se non avesse avuto infortuni, ma forse gli è andata meglio senza calcio. Attraverso la zona ho cercato di trasmettere il divertimento legato al calcio, giocare per passione e non per soldi, trovare coordinate come spazio e tempo. Il talento è talento, non si allena. Ma il resto sì, allenare le teste è possibile”.