
Conosco personalmente tutti i sindaci dell’Agro ma anche di territori immediatamente prossimi all’Agro (da Striano a Bracigliano, da Cava a Sant’Antonio Abate, da Mercato San Severino a Pompei). Non è bello sentire a tarda serata, su rete nazionale, una frase da un Procuratore della Repubblica: Nell’Agro manca la cultura della legalità. Sappiamo benissimo cosa ha vissuto il nostro territorio negli anni ottanta e novanta del secolo scorso. Gli anni di piombo, gli anni della camorra, gli anni bui in ogni senso. Ma qualcosa è cambiato, pur essendoci evidenti sacche di micro e macro criminalità ancora operanti. Ed è cambiato grazie al lavoro costante delle Forze dell’Ordine. Ed è cambiato grazie all’intervento della cosiddetta società civile, che ogni giorno si sforza di costruire una cultura della legalità. Ed è cambiato grazie anche ai sindaci, agli assessori, ai consiglieri comunali. Ma anche grazie alla scuola, alle associazioni, alla Chiesa. Certo il lavoro ha durata illimitata: metti un seme oggi, raccoglierai qualcosa domani, dopodomani e ancora dopo. Non si tratta di negare un problema e di voler nascondere la polvere sotto il tappetino: è giusto che di legalità se ne parli sempre e comunque, ma nei termini giusti, senza etichettare. Crediamo sia opportuno che almeno i sindaci dell’Agro prendano in merito una posizione generale (come ben hanno fatto qualche giorno fa in merito all’episodio di Castel San Giorgio): senza far polemica ma soltanto specificando. Stesso discorso per la Procura di Nocera Inferiore, competente sull’Agro e zone limitrofe. Magari anche i tre Vescovi che rappresentano la Chiesa dell’Agro, per diversa divisione geografica rispetto a quella politica. Sappiamo chi siamo e da dove veniamo: ma sappiamo anche dove andiamo.