
Partirò dall’assunto che i partiti italiani non sono più ancorati a “destra” o a “sinistra” e che queste ormai non risultano altro che distinzioni fallaci.
Il sociologo tedesco Max Weber sosteneva che la politica si connota come “aspirazione a partecipare al [monopolio del] potere o a esercitare una qualche forma di influenza sulla distribuzione del potere […].
Ora, questa relazione di potere di alcuni uomini che chiamiamo Stato, deve necessariamente fondarsi su un uso legittimo della forza. Weber individua tre fondamenti di legittimità del potere: in primo luogo, l’autorità dell’«eterno ieri». È il caso del potere tradizionale, come l’autorità del Pontefice massimo, per intenderci. In secondo luogo, il potere «carismatico» ovvero “l’autorità del dono di grazia straordinario e personale” che ingenera dedizione e fiducia personale nelle superiori qualità del capo. È il caso del condottiero eletto in guerra, del detentore di un potere plebiscitario o del capo di un partito politico. Infine, in terzo luogo, il potere in forza della «legalità», ovvero in “forza della fede nella validità di una norma legale e della competenza oggettiva fondata su regole razionalmente statuite”, ovvero il fondamento dello Stato di diritto contemporaneo. Con l’instaurazione del potere in forza della «legalità», emergono le prime categorie di politici di professione in un altro significato, ovvero coloro che vivono «della» politica. Persone che non aspirano direttamente al potere o a un’influenza su di esso ma che vivono al servizio di coloro che lo detengono o che lo amministrano in nome della legalità, per un ritorno materiale o per un contenuto ideale della vita.
Così Weber, afferma che “ci sono due modi per fare della politica la propria professione: si vive «per» la politica oppure «di» politica. Anche se le due alternative non si escludono a vicenda, chi vive «per» la politica “costruisce in senso interiore tutta la propria esistenza intorno ad essa”, mentre chi vive «della» politica “cerca di trarre da essa una fonte durevole di guadagno”. A questa conclusione segue l’ovvia considerazione che il meno abbiente difficilmente potrà vivere per la politica, mentre il facoltoso sarà più facilitato ad intraprendere l’impresa politica, sia perché “indipendente”, sia perché più facilmente disposto a creare quell’apparato organizzativo che lo sostiene e che per la maggior parte sarà composto da professionisti che vivono «della» politica.
A Nocera Superiore la classe politica è composta da politici che vivono per la politica e che non hanno mai avuto particolari problemi economici: essi da sempre sono stati facilitati al raggiungimento delle cariche più ambite. I politici che vivono di politica, ossia che da essa debbono necessariamente trarre qualche vantaggio di natura economica o qualsivoglia spiraglio lavorativo, occupano cariche meno alte, ma nutrono pur sempre delle ambizioni.
Sia i primi che i secondi hanno un comune denominatore: lo scarso o inesistente interesse per il miglioramento civile ed economico di tutti i cittadini e per la crescita della città. Nulla fanno per creare nuova occupazione o per incentivare i giovani a restare, a meno che non siano amici, compari e comparielli, parenti o portatori di voti.
Se qualcuno ha il coraggio di metterlo in luce viene subito zittito o non tenuto in considerazione.
Weber individua le qualità decisive per l’uomo politico nella passione, nel senso di responsabilità e nella lungimiranza. In parole povere “l’uomo politico deve dominare se stesso, ogni giorno e ogni ora, un nemico del tutto banale e fin troppo umano: la vanità comune a tutti, la nemica mortale di ogni dedizione a una causa e di ogni distanza e, in questo caso, dalla distanza rispetto a se stessi.” .
Conclude che soltanto chi è sicuro di non cedere anche se il mondo non soddisfa le aspettative dovute ed è in grado di seguire la sua scelta etica, ha la vocazione per la politica.
Ne consegue che nessuno dei politici locali, ma anche del governo nazionale ha più una vocazione per la politica, un’etica a cui far riferimento.
Ora, con queste chiavi di lettura, possiamo agilmente comprendere l’alternanza senza alternativa della compagine politica italiana, la quale sembra alimentata per la maggioranza da professionisti che vivono «della» politica e che non sembrano incarnare una scelta etica differente gli uni dagli altri. Di qui ne viene il carattere interscambiabile delle forze politiche senza che ne consegua un cambiamento.
La qualità è scadente, insomma.
Se qualcuno vuole entrare in politica con ideali nobili e belle proposte o viene fatto fuori sul nascere o dopo poco tempo. Questo l’ho provato sulla mia pelle, al di là dell’ideologia politica.
A nessuno interessa se sei bravo, se hai studiato la POLITICA, o se hai un’etica ben precisa, una vocazione.
Per questo sono sempre i soliti a comandare e a scegliere i loro adepti.
Annalisa Capaldo
Autore
Annalisa Capaldo
Laureata in sociologia nel 2002, ho conseguito la maturità classica nel 1997, sono mediatrice culturale ed ho ricoperto l’incarico di direttrice amministrativa nella scuola pubblica, a Milano, ma tuttora lavoro in ambito amministrativo in Campania, mi appassiona insegnare le lettere classiche e la filosofia, ho 3 figli e adoro scrivere, soprattutto poesie e filastrocche. I viaggi sono la mia passione e la politica per me è una cosa seria.