
Oggetto: Società “4D s.r.l.” c/ Comune di Nocera Superiore giudizio dinanzi al Consiglio di Stato (R.G. n. 5503/2021)
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2924/2025 ha respinto il ricorso proposto dal Comune di Nocera Superiore. Dietro l’angolo, dopo anni di dispute legali, potrebbe esserci un’azione risarcitoria contro l’Ente
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
SEZIONE II
Avvocato Difensore:
Fortunato Marcello
Si comunica che la sentenza sul ricorso indicato e‘ stata pubblicata in data 04/04/2025 con il n. 2924/2025 ed esito: Respinge.
Numero Registro Generale: 5503/2021
Parti
Contro:
Comune Di Nocera Superiore
Parti
4d S.R.L., ed altri
9
Avvocati
Criscuolo Sabato
Avvocati
Fortunato Marcello
- 02924/2025 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
- 05503/2021 REG.RIC.
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generalė 5503 del 2021, proposto dal Comune di Nocera Superiore, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sabato Criscuolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia;
contro
4 D s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Marcello Fortunato, con domicilio digitale come da PEC da Registri
di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 1926/2020, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della 4 D s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4–bis, cod.proc.amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 15
gennaio 2025 il Consigliere Annamaria Fasano e uditi per le parti gli avvocati
Ennio De Vita e Marcello Fortunato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
- La società 4 D s.r.l. proponeva ricorso, integrato da quattro ricorsi per motivi
aggiunti, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania al fine di
ottenere l’annullamento:
– con il ricorso introduttivo, del provvedimento prot. n. 3944 del 12.02.2019, con il
quale il Comune di Nocera Superiore, contestando la presunta realizzazione di
opere in assenza di titolo edilizio, aveva disposto la sospensione ad horas
dell’attività esercitata dalla ricorrente nell’ambito dell’immobile sito alla via
Nazionale n. 23; ove e per quanto occorra, delle relazioni prot. n. 3501 e3506,
richiamate nel provvedimento, non conosciute;
– con i primi motivi aggiunti, dei provvedimenti con i quali la P.A. aveva ordinato
la demolizione di dette opere (ordinanza n. 2 del 15.2.2019) nonché disposto il
diniego delle ss.cc.i.a. amministrative per l’esercizio dell’attività (prot. n. 4652 del
18.2.2019);
– con i secondi motivi aggiunti, del provvedimento prot. n. 5809 del 25.2.2019 con
il quale la P.A., preso atto dell’erroneità dei rilievi opposti (come censurato con i
decreti cautelari, n. 82 del 13.2.2019 e n. 10 del 21.2.2019) aveva rinnovato la
sospensione dell’attività;
– con i terzi motivi aggiunti, del provvedimento prot. n. 14647 del 15.5.2019, con il
quale la P.A. aveva diffidato la s.c.i.a. edilizia depositata dall’appellata in data
15.4.2019, al fine di conseguire la sanatoria ex art. 37, comma 4, d.P.R. n. 380 del
2001 per alcune opere di mera distribuzione interna degli ambienti della palestra;
con i quarti motivi aggiunti, dei provvedimenti con i quali la P.A. aveva
dichiarato irricevibile la s.c.a. prot. n. 29857 del 4.10.2019, disposto il diniego prot.
- n. 29908 del 4.10.2019 della c.i.a. edilizia depositata per la regolarizzazione della
scala esterna e diffidato le ss.cc.i.a. amministrative depositate per la prosecuzione
dell’attività, prot. n. 32157 del 25.10.2019 e prot. n. 32160 del 25.10.2019, ovvero
palestra ed annesso bar.
La Società 4 D s.r.l. riferiva di essere proprietaria del complesso immobiliare sito
alla via Nazionale n. 23 del Comune di Nocera Superiore denominato ‘complesso
Ponteverde’, distinto in catasto al foglio n. 9 p.lle nn. 20,70 e 122, ricadente in
“Zona D❞ del vigente strumento urbanistico.
Il complesso immobiliare era composto da tre livelli (piano seminterrato, rialzato e
primo piano) destinati, già alla data di acquisto a seguito di regolari titoli edilizi, ad
attività di ristorazione e banchetti (piano seminterrato e rialzato) ed Hotel (primo
piano).
La struttura era stata realizzata in virtù di concessione edilizia n. 51/1978 e
successiva variante n. 52/1982 con la quale era stata assentita la realizzazione di un
immobile destinato a ‘ristorante, sale per sponsali ed annessi servizi‘. Ai suddetti
titoli edilizi aveva fatto seguito la concessione edilizia in sanatoria n. 26/1997, con
la quale veniva assentito il mutamento di destinazione d’uso delle stanze ubicate al
primo piano e, precedentemente, a servizio delle sale per sponsali ad Hotel.
Con il provvedimento impugnato, l’Amministrazione aveva ordinato la sospensione
ad horas dell’attività assumendo che:
- a) la ricorrente aveva realizzato opere in assenza di un titolo edilizio;
- b) il centro benessere SPA palestra veniva utilizzato non solo dai fruitori
dell’albergo ma anche da soggetti esterni, configurandosi in tal modo un
mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, per il quale era
necessario il permesso di costruire.
La società 4 D s.r.l. rappresentava in ricorso di avere acquistato la proprietà
dell’immobile, per il quale il Comune aveva rilasciato i relativi titoli abilitativi, e
solo successivamente aveva presentato due DIA per l’esecuzione di lavori di
ordinaria e straordinaria manutenzione e una CIL, che il Comune inibiva, essendo pendente una pratica di condono edilizio relativa all’immobile. Poco dopo, la società produceva una integrazione alla CIL con la quale prevedeva modifiche consistenti alle opere già eseguite, nonché nuove costruzioni, che il Comune
dichiarava improcedibile.
Tale provvedimento veniva impugnato dinnanzi al TAR con il ricorso iscritto al RG n. 911/2017, corredato da richiesta di sospensiva. Nelle more, la Società produceva comunicazione di rinuncia al procedimento di condono pendente, provvedendo alla demolizione delle opere.
In seguito, la ricorrente presentava al Comune una s.c.i.a. (alternativa al permesso di costruire) per l’esecuzione di opere dirette a completare alcune parti della struttura ricettivo–alberghiera, allegando alla s.c.i.a. un atto unilaterale d’obbligo con il quale si impegnava a destinare le opere esclusivamente alla clientela della struttura turistico–alberghiera.
L’Amministrazione disponeva un sopralluogo presso la struttura, a seguito del quale emanava: i) il provvedimento di sospensione ad horas dell’attività (con l’avvertimento che, in caso di mancata ottemperanza, anche parziale, si sarebbe proceduto alla chiusura forzata dei locali); ii) il provvedimento di diniego delle SCIA depositate in data 11/01/2019, in data 14/01/2019 e in data 17/01/2019; iii) l’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi; iv) il provvedimento
inibitorio dell’attività di palestra.
- Con ricorso in primo grado, la Società 4 D s.r.l. impugnava il provvedimento di sospensione ad horas emanato dal Comune di Nocera Superiore. Con i ricorsi per motivi aggiunti, impugnava il provvedimento di diniego delle SCIA con divieto di prosecuzione delle attività e l’ordinanza di demolizione, nonché il provvedimento inibitorio dell’attività di palestra (I e II ricorso per motivi aggiunti).
Con ordinanza cautelare, il TAR accoglieva l’istanza formulata dal ricorrente per la sospensione dei provvedimenti. In seguito, il Comune comunicava l’avvio del
procedimento di annullamento della s.c.i.a. di “assestamento“. Quindi, la Società 4
D s.r.l. presentava al Comune una s.c.i.a. in sanatoria ex art. 37 comma 4, d.P.R.
380/2001. L’Ente adottava un provvedimento di annullamento in autotutela della
s.c.i.a., confermando i rilievi formulati in sede di avvio del procedimento e poi un
provvedimento di diniego della s.c.i.a. in sanatoria. Ancora, con ulteriore
provvedimento, il Comune dichiarava l’irricevibilità e improduttività degli effetti
della s.c.i.a. presentata da parte ricorrente per difetto di legittimazione e carenza
della documentazione minima prescritta.
Avverso tali provvedimenti, la parte ricorrente presentava il terzo ricorso per motivi
aggiunti.
Nelle more del giudizio, la società ricorrente produceva una s.c.i.a. (parziale)
relativa alla porzione centro benessere – SPA.
Il Comune reagiva mediante adozione di un provvedimento con il quale dichiarava incompleta per carenze documentali ed in ogni caso irricevibile ed inefficace la
s.c.i.a., poiché fondata su un’affermazione di conformità urbanistica già negata con
precedente provvedimento.
La Società presentava una seconda s.c.i.a. in sanatoria per la regolarizzazione di
una scala esterna a servizio delle vie di esodo. Il Comune adottava un
provvedimento inibitorio per la presenza di difformità edilizie e per la natura della
ristrutturazione, rientrante nel campo di applicazione dell’art. 36 d.P.R. 380/2001.
Con due successivi provvedimenti, infine, l’Amministrazione diffidava le SCIA
“per apertura Centro fitness e SPA” e “per apertura esercizio di somministrazione alimenti e bevande”. I suddetti provvedimenti venivano impugnati con quarto ricorso per motivi aggiunti.
- Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con la sentenza n. 1926
del 2020, dichiarava improcedibile il ricorso principale e il primo e il secondo ricorso per motivi aggiunti, perché relativi ad atti superati da quelli impugnati con
il terzo e il quarto ricorso per motivi aggiunti, che venivano accolti, in quanto
fondati.
Il Tribunale precisava che la ricostruzione della vicenda si fondava sulla complessa prospettazione fattane dalle parti, nonché sulla relazione tecnica redatta dal consulente tecnico incaricato dalla Procura della Repubblica del Tribunale Nocera Inferiore, versata in atti da parte ricorrente, in relazione al procedimento penale definito con decreto di archiviazione dal Giudice delle indagini preliminari del
locale Tribunale.
Il Giudice di prime cure condivideva il punto di vista manifestato dal Giudice delle indagini preliminari nel provvedimento di archiviazione, laddove faceva emergere la natura ‘mista’ del titolo fondativo, in parte commerciale, e in parte turistico
ricettivo.
La natura mista del titolo originario, siccome integrato con la concessione in sanatoria n. 26/97, consentiva di ritenere inconferenti i contestati mutamenti di destinazione d’uso, anche in riferimento a quella che restava la destinazione prevalente, ossia quella commerciale.
Tale interpretazione doveva ritenersi l’unica rispettosa della natura ambivalente della concessione (destinazione mista, in parte commerciale, in parte turistico – ricettiva), sia del disposto di cui all’art. 23 ter del d.P.R. n. 380 del 2001, come novellato ad opera del d.l. n. 133/2014, convertito dalla legge n. 164/2014, secondo cui il mutamento di destinazione d’uso, per essere urbanisticamente rilevante, doveva necessariamente comportare il passaggio ad una diversa categoria funzionale, laddove, nel caso in esame, la concessione contemplava sia la categoria commerciale che quella turistico ricettiva e, vieppù, restava immutata la prevalenza di quella commerciale.
Secondo il T.A.R. “l’assenza di un mutamento di destinazione d’uso, urbanisticamente rilevante, fa cadere tutte le obiezioni di cui al provvedimento prot. n. 1467 del 15.5.2019, di rigetto della Scia del 15.4.2017, che presuppongono un siffatto cambiamento”.
Il Tribunale adito richiamava a sostegno di tale assunto le pagg. 30 – 31 della
relazione tecnica del consulente incaricato dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Nocera Inferiore, da cui emergeva che, anche nell’ipotesi in cui fossero scorporate le superficie accessorie (es. depositi), nel raffronto fra stato post concessione 97 e stato post s.c.i.a. a sanatoria del 15.4.2019, la superficie commerciale restava preponderante, incidendo sempre per circa l’80%.
- Il Comune di Nocera Superiore ha proposto appello avverso la suddetta pronuncia chiedendone la parziale riforma, sulla base delle seguenti censure: “I – Error in procedendo et in judicando inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti – acquiescenza; II – Error in procedendo et in judicando – sulla rilevanza del mutamento di destinazione d’uso; III – Error in procedendo et in judicando – sull’accoglimento dell’atto per IV motivi aggiunti“.
L’Ente appellante ha concluso chiedendo il rigetto del terzo e del quarto ricorso per motivi aggiunti proposti dalla società 4 D s.r.l. nel giudizio di primo grado.
- Si è costituita in giudizio la società 4 D s.r.l., chiedendo il rigetto dell’appello e, con memoria ex art. 101 comma 2, c.p.a., ha riproposto nel presente giudizio i motivi ritenuti assorbiti dal Collegio di prima istanza.
La società 4 D s.r.l., inoltre, ha eccepito l’improcedibilità del gravame, in quanto, nelle more del giudizio, è stata disposta la cessazione dell’attività, e la società ‘D.E.L. Wellness s.r.l.’, subentrata in data 21.7.2022, ha depositato nuovi titoli e autorizzazioni, quali ‘richiesta di licenza per la gestione attività di sala da ballo, discoteca, trattenimenti danzanti‘, s.c.i.a. per l’esercizio di attività di estetista e richiesta di autorizzazione ‘per bar, ristoranti ed altri esercizi di somministrazione
di alimenti e bevande’.
- All’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del 15 gennaio 2025, la
causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
- Il Collegio, preliminarmente, respinge l’eccezione illustrata dal Comune appellante di inammissibilità dei motivi assorbiti in primo grado e riproposti da
parte appellata, stante la tempestività della memoria depositata dalla società 4 D s.r.l. entro il termine di costituzione in giudizio.
- Ciò premesso passando all’esame del merito, con il primo mezzo, il Comune di Nocera Superiore impugna il capo della sentenza con il quale il T.A.R. avrebbe sbrigativamente superato l’eccezione di inammissibilità con riferimento agli obblighi assunti dal privato nella s.c.i.a. del 28.7.2017, prot. n. 19078.
La s.c.i.a. era stata prodotta dalla società 4 D s.r.l. a superamento delle ragioni poste dal Responsabile Area Urbanistica del Comune di Nocera Superiore nel provvedimento prot. n. 13948 del 6.6.2017 per inibire la pratica di CIL 13.3.2017, prot. n. 6262, diretta a realizzare le modifiche interne al piano seminterrato e al primo piano per la costruzione di una piscina e di un centro benessere.
Il rigetto con inibitoria della CIL era stato espressamente emesso sul presupposto che le opere realizzassero un cambio di destinazione d’uso da turistico alberghiero a terziario in ogni caso non conforme allo strumento urbanistico; e tale rigetto aveva ricevuto l’avvallo del T.A.R., in sede cautelare, con ordinanza n. 401/2017, in ordine alla ‘natura e consistenza delle opere programmate‘.
…
Il Comune rammenta che, in data 28.7.2017, prot. n. 19078, la 4 D s.r.l., riconoscendo la fondatezza del diniego opposto dal Comune e a superamento dello stesso, aveva prodotto una pratica di s.c.i.a. dichiarando che “la consistenza in oggetto, già parte dell’albergo, a conclusione delle opere, sarà destinata ad uso esclusivo della clientela dell’albergo medesimo…E‘ pacifico in atti che la consistenza oggetto del presente intervento ha già destinazione turistico alberghiera”, e che pertanto si trattava della “realizzazione di un percorso benessere a servizio della sola clientela dell’albero nell’ambito di superfici aventi già destinazione turistico alberghiere”. Concludendo la relazione: “A tal fine, si allega apposito atto unilaterale d’obbligo con il quale la società deducente si impegna a destinare le opere de qua solo ed esclusivamente alla clientela di detta struttura. Per l’effetto, è da escludere qualsivoglia cambio di destinazione d’uso”. Secondo l’Amministrazione, sarebbe da escludere che, con successive pratiche di
s.c.i.a. – s.c.a., la stessa società acquiescente alla destinazione del centro benessere SPA alla sola fruizione alberghiera abbia consentito attivare la fruizione commerciale anche per avventori esterni, derogando liberamente al titolo che invece aveva imposto la costruzione delle opere con la relativa destinazione, senza che alcun evento giuridico o pianificatorio fosse sopravvenuto a ritenere superati gli obblighi assunti con l’atto unilaterale d’obbligo.
- Con il secondo motivo di appello, l’Ente municipale censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto fondata la principale censura prospettata dalla società 4 D s.r.l. riguardante il contestato mutamento delle destinazioni d’uso, condividendo quanto osservato dal G.I.P. presso il Tribunale di Nocera Inferiore nel provvedimento di archiviazione del 4.7.2019, ed in particolare dando univoco risalto a quanto dedotto nella relazione tecnica dal consulente incaricato dalla Procura della Repubblica del locale Tribunale, in questo modo esautorando totalmente l’esame di ogni altra emergenza peritale pure acquisita al giudizio, e tra queste tre perizie tecniche depositate dal Comune. L’Amministrazione denuncia che il Tribunale di prima istanza non avrebbe considerato che il locale seminterrato abilitato al deposito di circa 3.750 mq., al di là del formale asservimento all’espletamento delle funzioni commerciali, è stato trasformato in un locale destinato ad accogliere una moltitudine di soggetti nel centro benessere SPA o nel ristorante, comportando un mutamento di destinazione rilevante, chiaro incremento di pressioni sul territorio in termine di urbanizzazione e di servizi, con trasformazione di superfici e volumi accessori in superfici e volumi utili. Secondo l’esponente, nulla cambierebbe in conseguenza della s.c.i.a. del 28.7.2017 prot. n. 19078, con la quale la 4 D s.r.l. aveva dichiarato la realizzazione della SPA centro benessere al piano seminterrato ‘destinata ad uso esclusivo della clientela dell’albergo medesimo’, perché tale intervento, mantenendo il rapporto di pertinenzialità con l’attività alberghiera, non ha trasformato il locale in uno spazio destinato ad accogliere una moltitudine di soggetti avventori esterni.
Sotto altro profilo, la sentenza appellata non terrebbe conto del fatto che la s.c.i.a.
in sanatoria n. 74/2019 prot. n. 11510 del 15.4.2019 aveva riguardato anche gli
interventi eseguiti al piano primo, che erano consistiti nella realizzazione di n. 30
camere d’albergo in luogo delle originarie n. 15. Secondo l’Ente municipale,
considerato che gli uffici e l’appartamento del custode al piano primo presentavano
una destinazione commerciale in quanto così abilitati con la variante n. 52 del
1.6.1982, anche in questo caso sussisterebbe un mutamento di destinazione d’uso
urbanisticamente rilevante di tali spazi, da commerciale a turistico ricettivo. Tale
intervento sarebbe in contrasto con il PUC e in particolare con quanto disposto
dall’art. 47 delle N.T.A., trattandosi di un immobile ricadente in zona omogenea
D3, sicché non sarebbe consentito l’intervento edilizio diretto di mutamento di
destinazione d’uso e non sarebbero ammesse, in riferimento all’art. 15 della stessa
norma, nuove destinazioni d’uso turistico – ricettive.
Sarebbe, pertanto, palese l’erroneità dell’annullamento del provvedimento prot. n.
14647 del 15.5.2019, di diniego della s.c.i.a. in sanatoria ex art. 37 d.P.R. n.
380/2001 del 15.4.2019.
Il Comune appellante sostiene, altresì, l’erroneità dell’annullamento del
provvedimento prot. n. 13191 del 3.5.2019, relativo all’annullamento in autotutela
della s.c.i.a. di assestamento n. 5/bis prot. n. 898 del 14.1.2019, anch’esso
impugnato dalla società 4 D s.r.l. con i terzi motivi aggiunti, sempre in relazione
alla ipotizzata mancanza di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, laddove,
invece, la s.c.i.a. del 28.7.2017 prot. n. 19078 ha assentito, in adesione all’atto
d’obbligo del privato, una destinazione a centro benessere in annessione all’attività
alberghiera che non varrebbe a trasformare il locale in una struttura commerciale
per avventori esterni, e non indurrebbe un incremento del carico urbanistico.
- Con il terzo mezzo, l’appellante censura il capo ‘6’ della parte ‘in diritto‘ della
sentenza impugnata dedicato all’esame del quarto ricorso per motivi aggiunti. Secondo l’Ente ricorrente, il T.A.R. avrebbe erroneamente esaminato il diniego
della s.c.a. del 4.10.2019, prot. 29857, qualificandolo illegittimo perché tardivo,
laddove, al contrario, la s.c.a. del 2.9.2019 era stata presentata in carenza
dell’obbligatorio corredo documentale imposto dall’art. 24, comma 5, del d.P.R. n.
380 del 2001 per determinarne l’efficacia.
Il Collegio di prime cure avrebbe errato anche nell’affermare sul diniego prot. n. 29908 del 4.10.2019 della s.c.i.a. prot. n. 28723 del 24.9.2018 presentata per la
regolarizzazione di una scala esterna a servizio delle vie di esodo, che ‘il diniego del 15.5.2019 (prot. n. 14647) era stato medio tempore sospeso da questo Tribunale (rif. Ordinanza n. 300/2019); tale rilievo è peraltro dirimente, posto che gli effetti del diniego erano dunque sterilizzati, laddove l’obbligo di conformità
della struttura edilizia ai titoli assentiti esclude la possibilità di realizzare singoli,
parziali interventi su edificio difforme, essendo pacifico che il regime dei titoli
abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la spacchettatura dei singoli
interventi che concorrono a realizzare l’opera, che dev’essere considerato nel suo
complesso unitario. A parere dell’appellante, la mancanza di conformità renderebbe
pertanto inammissibile l’uso dello strumento della s.c.i.a., essendo inidonea a
produrre effetti, ben al di là dei riferimenti al precedente diniego del 15.5.2019 ed
al regime di cui all’art. 19 comma 6 bis 1. 241 del 1990. Quanto all’utilizzabilità
dello strumento sanante dell’art. 36 del d.P.R. 380/2001, il T.A.R. non si sarebbe
neppure avveduto che tale profilo di diniego non sarebbe stato neppure censurato dalla ricorrente e la risposta del Collegio sarebbe palesemente ultra petita. L’Ente municipale contesta anche la statuizione della sentenza impugnata con riferimento al diniego prot. 32157 del 25.10.2019 della s.c.i.a. prot. n. 1244 del 30.8. 2019 per l’apertura dell’attività di fitness, nella parte in cui rileverebbe un difetto di istruttoria: ‘atteso che il provvedimento è stato emesso il 25.10.2019, quando era pendente il termine di trenta giorni concesso per integrare la documentazione allegata, giusta nota prot. n. 28897 del 26.9.2019′.
Il Collegio di primo grado avrebbe omesso di considerare che la ricorrente aveva
prodotto le integrazioni oltre il termine assegnato e con modalità inidonea, essendo
stata imposta la trasmissione delle pratiche attraverso il portale nazionale e non tramite PEC. Infine, l’appellante contesta l’assunto sostenuto dal T.A.R. nella sentenza impugnata con riferimento al diniego prot. n. 32160 del 25.10.2019 della s.c.i.a. prot. n. 1737 del 30.8.2019, richiamando le argomentazioni già esposte
nell’atto di impugnazione.
- Le critiche, come sopra sintetizzate, sono infondate per i rilievi di seguito
enunciati.
11.1. Il Collegio, preliminarmente ritiene di soprassedere dall’esame delle ulteriori eccezioni di inammissibilità/improcedibilità prospettate dalle parti negli scritti difensivi, stante l’infondatezza dell’appello nel merito.
11.2. Passando al merito del ricorso, le critiche vanno esaminate congiuntamente, in
quanto attinenti a profili tra loro connessi.
Il Comune lamenta l’inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, in ragione del fatto che l’appellata avrebbe prestato acquiescenza agli obblighi assunti nella s.c.i.a. del 28.7.2017 (prot. n. 19078).
L’eccezione non può trovare accoglimento, dovendosi ribadire quanto già evidenziato dal T.A.R. nella sentenza impugnata, e in particolare che la società appellata non ha espresso nessuna rinuncia ad un diritto, posto che non potrebbe ritenersi preclusa, per la ricorrente, come per qualsivoglia operatore professionale, la facoltà di variare la destinazione di alcuni spazi della struttura, cosa in effetti avvenuta con i successivi titoli presentati ai competenti uffici comunali, in ragione di mutate esigenze economico – produttive, compatibilmente con le destinazioni d’uso previste dal titolo edilizio (rif. Art. 23 ter d.P.R. n. 380/2001) e dallo strumento urbanistico’.
–
Pertanto, come osservato dal T.A.R., ‘nel caso in esame, trattasi di una argomentazione sollevata dalla difesa della ricorrente non già per rinunziare ad avvalersi delle SCIA successive a quella del 28.7.2017 (prot. n. 19078), ma unicamente per evidenziare la piena corrispondenza delle opere realizzate‘.
Ciò premesso, va osservato che le deduzioni difensive prospettate nel gravame si
concentrano sostanzialmente sui temi introdotti nel giudizio di primo grado dalla società 4 D s.r.l. con il terzo e il quarto ricorso per motivi aggiunti.
Con il terzo ricorso per motivi aggiunti è stato impugnato il provvedimento prot. n. 14647 del 15.5.2019, con il quale la P.A. ha diffidato la s.c.i.a. edilizia depositata dalla società 4 D s.r.l. in data 15.4.2019 al fine di conseguire la sanatoria ex art. 37 comma 4 del d.P.R. n. 380 del 2001 per alcune opere di mera ridistribuzione interna
degli ambienti della palestra.
Con il quarto ricorso per motivi aggiunti, sono stati impugnati i provvedimenti con i quali l’Amministrazione ha dichiarato irricevibile la s.c.a. (prot. n. 29857 del 4.10.2019) e disposto il diniego (prot. n. 29908 del 4.10.2019) della s.c.i.a. edilizia depositata per la regolarizzazione di una scala esterna, e diffidato le ss.cc.i.a. amministrative depositate per la prosecuzione dell’attività (prot. n. 32157 del 25.10.2019 e prot. n. 32160 del 25.10.2019 ovvero palestra ed annesso bar).
Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha infatti dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo e del primo e secondo ricorso per motivi aggiunti, e tale declaratoria non è stata oggetto di impugnazione da parte del
Comune di Nocera Superiore.
L’Ente municipale, infatti, ha chiesto la riforma della sentenza appellata nella parte in cui il T.A.R. ha accolto il terzo e il quarto ricorso per motivi aggiunti.
Così delineato il thema decidendum, va osservato quanto segue.
11.3. Il tema centrale della vicenda processuale si fonda sull’accertamento se, nella specie, sia configurabile un cambio di destinazione d’uso rilevante, e quindi se la società 4 D s.r.l. abbia commesso una violazione degli obblighi assunti con la
s.c.i.a. del 28.7.2017.
Il presunto mutamento della destinazione d’uso, a parere dell’appellante, sarebbe conseguente in larga parte alla trasformazione dell’immobile e alla creazione della SPA centro benessere nel seminterrato ed all’incremento del numero delle stanze d’albergo al primo piano e, a latere, alla rilevanza della mancata inibizione della
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s.c.i.a. del 28.7.2017, con cui la società, per la prima volta, ha inteso procedere alla trasformazione della conformazione interna dell’immobile per ivi realizzarvi la
SPA centro benessere.
L’asserito mutamento delle destinazioni d’uso ha riguardato sia il piano seminterrato dove è stata realizzata una SPA, in quanto sarebbe stata introdotta una prevalente destinazione commerciale al posto di quella turistico ricettiva, mediante l’eliminazione dei locali a uso deposito/pasticceria, accessori all’attività di ristorazione – sia il primo piano, mediante la creazione di camere di albergo che avrebbero determinato il passaggio dalla destinazione commerciale a quella
turistico ricettiva.
Come precisato dal T.A.R. nella sentenza impugnata, i rilievi oggetto delle critiche denunciate con i mezzi del gravame sono i medesimi esaminati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nocera Inferiore, oggetto di una consulenza tecnica svolta nell’ambito del relativo procedimento penale sulla vicenda de qua, che si è concluso con il decreto di archiviazione del G.I.P del locale Tribunale del
4.7.2019.
Il Comune appellante si duole del fatto che il T.A.R. abbia condiviso le conclusioni espresse dal consulente tecnico incaricato dalla Procura, senza tenere conto anche delle perizie tecniche depositate dall’Amministrazione nel corso del giudizio.
La doglianza va respinta.
Va premesso che, secondo i principi enunciati dalla dottrina processualistica, con riferimento alla valutazione dei risultati della perizia, il giudice ha l’onere di verificare la validità scientifica dei criteri e dei metodi di indagine utilizzati,
tenendo conto degli esiti processuali.
Tuttavia, in tema di controllo sulla motivazione, il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni di un consulente tecnico, in difformità da quelle del consulente di parte, non può essere gravato dell’obbligo di fornire autonoma dimostrazione dell’esattezza scientifica delle prime e dell’erroneità delle seconde, dovendosi al contrario considerare sufficiente che egli, sulla base del percorso argomentativo
illustrato, dimostri di avere tenuto conto delle argomentazioni contrarie sostenute
dalle altri parti del giudizio.
Orbene, nel caso in esame, la consulenza tecnica, alle cui conclusioni ha aderito il T.A.R., è stata svolta nell’ambito di un giudizio penale promosso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Nocera Inferiore ed è stata condivisa dal Giudice delle indagini preliminari che ha disposto l’archiviazione del procedimento garantendo i diritti di difesa delle parti.
Ne consegue che il Collegio di prima istanza, facendo proprie le conclusioni degli esiti peritali, ha adeguatamente esaurito l’obbligo di motivazione, non solo con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, ma anche sulla base della documentazione versata dalle parti nel corso del giudizio, della quale ha dato conto nel percorso argomentativo illustrato nella motivazione della sentenza impugnata, non essendo tenuto a soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, sebbene non espressamente confutate, sono rimaste implicitamente disattese perché incompatibili (Corte di Cassazione n. 15804 del
2024).
Questo Collegio, invero, condivide quanto sostenuto dal Tribunale adito, il quale, riportando stralci della relazione tecnica redatta dal consulente della Procura, osserva che l’originale destinazione urbanistica assentita con concessione edilizia n. 51 del 4.9.1978 era ‘artigianale – industriale’, e che con la concessione in sanatoria è stato assentito il mutamento di destinazione d’uso da stanze annesse al ristorante ad hotel, “pertanto il complesso immobiliare, per effetto dei titoli edilizi rilasciati, aveva una destinazione mista, ovvero, in parte commerciale e in parte turistico ricettiva; tali destinazioni sono classificate in base alle norme tecniche di
attuazione
piano urbanistico
nelle comunale
categorie
‘commerciale/direzionale – pubblici esercizi‘ e ‘destinazione turistico – ricettiva‘; considerato che in caso di compresenza di più destinazioni d’uso la destinazione prevalente deve essere determinata in relazione alla superficie prevalente, le opere
del
turistico
in
realizzate non hanno alterato l’originaria destinazione mista commerciale e
ricettiva, essendo
caso ogni
prevalente quella
‘commerciale/direzionale’; ai sensi dell’art. 23 del d.P.R. n. 380/2001 i mutamenti di destinazione d’uso urbanisticamente rilevanti sono quelli che comportano una diversa classificazione della tipologia d’uso dell’immobile tra categorie funzionalmente autonome e che in ogni caso la destinazione d’uso di un fabbricato è quella prevalente data dalla superficie utile”.
Pertanto, la evidente natura mista del titolo originario, siccome integrato con la concessione in sanatoria n. 26/97, consente di ritenere ‘inconferenti i contestati mutamenti di destinazione d’uso, anche in riferimento a quella che era e resta la destinazione prevalente, ossia quella commerciale’.
Infatti, non può non essere richiamata la circostanza di fatto, rilevata dal consulente della Procura, secondo cui anche nelle ipotesi in cui fossero scorporate le superfici accessorie (es. depositi), nel raffronto fra stato posto concessione 97 e stato post SCIA a sanatoria del 15.4.2019, la superficie commerciale incide comunque nella
misura dell’80% sulla totale.
In sostanza, le opere realizzate nel complesso immobiliare finalizzate alla realizzazione di sala ristorante, bar, centro benessere/SPA e annessi accessori al piano seminterrato/terra, nonché di un’area Fitness, bar, sale polifunzionali con accessori al piano rialzato e n. 30 camere al primo piano, tenuto conto della destinazione d’uso originaria del complesso, ‘commerciale‘ e ‘turistico ricettiva’, quindi, mista, con prevalenza ‘commerciale’ (legittimata dalla concessione edilizia n. 51/78, variante n. 52/82 e condono n. 25/97 legge 47/85), non hanno comportato un mutamento d’uso urbanisticamente rilevante, in quanto non hanno determinato il passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, ai sensi dell’art. 23 ter del d.P.R. n. 380/01 e s.m.i. per prevalenza di superfici utili a destinazione d’uso ‘commerciale/direzionale’, quali pubblici esercizi ricompresi ai sensi dell’art. 15 delle vigenti NTA del Piano Urbanistico Comunale. Come precisato dal GIP del Tribunale di Nocera Inferiore: “La struttura,
diversamente da quanto affermato dai tecnici dell’UTC del Comune di Nocera Superiore non avrebbero subito un cambio di destinazione d’uso, in quanto la prevalente destinazione ossia quella produttiva/commerciale è stata mantenuta”. Va respinta anche la tesi sostenuta pervicacemente dal Comune appellante, secondo cui, il diverso utilizzo delle superfici accessorie avrebbe determinato incrementi volumetrici, tenuto conto che i locali in questione possono essere inquadrati nella categoria urbanistica cui accedevano, ossia quella commerciale, essendo a servizio
del ristorante.
Ai sensi dell’art. 23–ter del d.P.R. n. 380 del 2001, vigente ratione temporis, deve di essere considerato ‘urbanisticamente rilevante’ solo quel mutamento destinazione d’uso tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare ‘considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a–bis) turistico – ricettizia; b) produttiva e direzionale; c)
commerciale; d) rurale‘.
L’art. 23, al successivo comma 2, ha indicato il criterio a mezzo del quale individuare la destinazione d’uso di un immobile ai fini della rilevanza di un eventuale mutamento rilevante, stabilendo che la destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile‘. Dalla piana lettura della disposizione, si evince che l’avere destinato una porzione dell’immobile, che dai rilievi grafici appare di superficie inferiore rispetto a quella prevalente, a palestra non è certamente idoneo a determinare un mutamento di destinazione d’uso rilevante, atteso che, in quanto superficie accessoria, ha già la
destinazione commerciale.
Né si può predicare che tale destinazione abbia causato un ampliamento della superficie utile commerciale, né tantomeno la volumetria autorizzata.
Si deve concludere, pertanto, come precisato dal T.A.R., che: “quella che precede appare come l’unica interpretazione rispettosa, al contempo, della natura ambivalente della concessione (destinazione mista, in parte commerciale, in parte
turistico – ricettiva), sia del disposto di cui all’art. 23 – ter del d.P.R. n. 380/2001, come novellato ad opera del d.l. n. 133/2014, convertito dalla legge n. 164/2014, secondo cui il mutamento di destinazione d’uso, per essere urbanisticamente rilevante, deve necessariamente comportare il passaggio ad una diversa categoria funzionale, laddove, nel caso in esame, la concessione contempla sia la categoria commerciale che quella turistico ricettiva e, vieppiù, resta immutata la
prevalenza di quella commerciale”.
11.4. In definitiva, l’assenza di un mutamento di destinazione d’uso determina il rigetto di tutte le censure prospettate dal Comune che presuppongono il suddetto
cambiamento.
Infatti, anche le denunce di contrasto con il vigente strumento urbanistico NTA del PUC vanno respinte, posto che presuppongono la sussistenza di un cambio di destinazione d’uso nella specie smentito dagli esiti processuali e dalla
documentazione versata in atti.
Il T.A.R. propone, altresì, una valutazione corretta delle critiche denunciate con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti, anche con riferimento alla s.c.i.a. del 28.7.2017 e la s.c.i.a. del 15.4.2017, quest’ultima riferita all’intera ripartizione degli spazi fruibili all’interno dell’edificio, evidenziando che le opere interne necessitano del permesso di costruire solo allorchè comportino mutamento di destinazione d’uso fra categorie funzionalmente autonome.
Il Tribunale adito, nel respingere l’eccezione sollevata dal Comune secondo cui sarebbe stata espressa l’acquiescenza da parte della società controinteressata rispetto ai successivi titoli presentati alla P.A. ed ai relativi dinieghi espressi dalla P.A., argomentazione che, come sopra precisato, questo Collegio ha condiviso, ha correttamente chiarito che non solo non vi è stata alcuna rinuncia della società 4 D s.r.l. ad avvalersi delle s.c.i.a. successive a quella del 28.7.2017, ma ha ribadito che: “Nella fattispecie in esame, pertanto, torna ad essere dirimente il fatto che tali mutamenti non hanno, per quanto sinora chiarito, rilevanza urbanistica e, pertanto, non contrastino né con il titolo fondativo (concessione edilizia, variata
integrata nel 1997) né con le invocate disposizioni del PUC, che avversano variazioni, e nella misura in cui comportino mutamenti di destinazione d’uso
urbanisticamente rilevanti”.
Da siffatto percorso argomentativo consegue la debolezza delle denunce prospettate dal Comune anche con riferimento alla motivazione della sentenza nella parte in cui il T.A.R. ‘focalizzando l’attenzione sul provvedimento prot. n. 13191 del 3.5.2019, relativo all’annullamento (n. 16/2019) in autotutela della SCIA di assestamento, n. 5–bis, prot. n. 898 del 14.1.2019′, conclude condivisibilmente per ritenere che, stante la mancanza di un mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, l’atto in annullamento mancherebbe di requisito motivazione sotto il profilo del pubblico interesse, come necessariamente richiesto ai sensi dell’art. 19,
comma 6 bis della 1. n. 241 del 1990.
Oltre al fatto che l’Amministrazione comunale, di fatto, non ha mai denegato la s.c.i.a. in sanatoria del 28.7.2017, prot. n. 19078, che ha dato ‘corpo‘ all’intervento di realizzazione della struttura come si presenta all’attualità, ossia SPA e centro benessere, atteso che le s.c.i.a. edilizie successive, ossia la scia di assestamento del 14.1.2019 e la s.c.i.a. in sanatoria del 15.4.2019, hanno avuto ad oggetto adattamenti interni dell’immobile, di ripartizione degli spazi e di adeguamento
impiantistico.
Infine, diversamente da quanto sostenuto dal Comune appellante, la sentenza appellante va confermata anche con riferimento alla parte in cui il Giudice di prime cure ha ritenuto di accogliere il quarto ricorso per motivi aggiunti, posto che il diniego della s.c.i.a. del 4.10.2019, prot. n. 29857, è chiaramente tardivo, atteso che la s.c.i.a. è stata tramessa a mezzo pec in data 2.9.2019, e il provvedimento diniego è intervenuto oltre il termine di trenta giorni di cui all’art. 19, comma 6 bis, della 1. n. 241 del 1990, ed in assenza di qualsiasi motivazione in ordine alle ragioni di interesse pubblico per le quali si è ritenuto di disporre l’annullamento, anche al fine di ritenere che il suddetto diniego sia espressione dell’esercizio di un potere di
autotutela ai sensi di cui all’art. 21 nonies 1. n. 241 del 1990. La tesi di un difetto di trasmissione della s.c.i.a. avvenuto non ritualmente a mezzo pec non supera il vizio di tardività, stante la presunzione di valore legale della notifica e quindi anche della indicazione temporale del momento in cui la pec viene inviata. Anche con riferimento al diniego di s.c.i.a. di cui al prot. n. 29908 del 2019 valgono le motivazioni sopra ampiamente espresse in relazione alla insussistenza di una modificazione della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, dovendosi altresì ribadire quanto precisato dal T.A.R. ossia che il diniego della s.c.i.a. in sanatoria ex art. 37, comma 4 d.P.R. n. 380 del 2001 presentata il 15.4.2019 (prot. n. 11510) è stata denegata dal Comune con atto prot. n. 14647 del 15.5.2019, che era stata medio tempore sospesa dal T.A.R. con ordinanza n. 300 del 2019, con la conseguenza che gli effetti del diniego erano rimasti sterilizzati.
Quanto alla scala esterna, pur necessitando di un permesso di costruire o di una s.c.i.a. ex art. 10, comma 1, lett. c e 23 d.P.R. n. 380/2001 ratione temporis applicabile), considerata la funzione che era quella di essere una scala per le vie d’esodo e non essendovi vincoli paesaggistici, ‘in virtù del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, la sanatoria, in carenza di eventuali ulteriori ragioni ostative, poteva essere assentita anche ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001, previe le eventuali integrazioni documentali o nel quantum di oblazione‘. Pertanto, a fronte di tale condivisibile motivazione, appaiono inconferenti le questioni dedotte dall’appellante circa una inammissibile ‘spacchettatura‘ dei singoli interventi
asseritamente abusivi.
Infine, la sentenza impugnata va confermata anche con riferimento alla s.c.i.a. prot. n. 32157 del 25.10.2019, stante il difetto di istruttoria, essendo stata emessa quando era pendente il termine per integrare la documentazione allegata e a tale riguardo le allegazioni del Comune appellante non sono idonee a superare il rilievo enunciato dal primo Giudice, dovendosi rilevare anche l’illegittima determinazione resa dall’Amministrazione con riferimento al diniego della s.c.i.a. prot. n. 32160 del 2019, tenuto conto dei rilievi espressi in ordine alla insussistenza di difformità sotto
il profilo urbanistico delle opere realizzate.
- In definitiva l’appello va respinto e la sentenza impugnata va confermata, con assorbimento di ogni altra censura, tenuto conto che l’eventuale esame della stessa non determinerebbe una soluzione di segno contrario.
- La complessità, anche fattuale, della vicenda processuale giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite del grado tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2025 tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, d.l. 9.6.2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6.8.2021, n. 113, con l’intervento dei magistrati