
Seicento reperti archeologici, oggetto di sequestro giudiziario restituiti alla collettività, per la prima volta esposti nella mostra “Tesori ritrovati. Storie di crimini e reperti trafugati”, in programma al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dall’11 aprile al 30 settembre 2025.
Il percorso espositivo, a cura del Direttore Generale Musei, Prof. Massimo Osanna, e di Marialucia Giacco, responsabile dell’area Studi e Ricerche del MANN, non si limita a ricostruire le dinamiche spesso complesse che alimentano il traffico illecito di beni culturali, ma invita a riflettere sulla gravità di reati che minacciano profondamente l’integrità del patrimonio culturale nazionale, colpendo la memoria storica e l’identità collettiva.
Sita nelle nuove sale al terzo piano del Museo Archeologico Nazionale, la mostra si articola in cinque sezioni tematiche, pensate per restituire una visione ampia e articolata del fenomeno del traffico illecito di beni culturali. Si parte dal tema del collezionismo – che ha spesso alimentato scavi clandestini e traffici illeciti, portando alla dispersione di molti contesti archeologici – per poi affrontare la dimensione transnazionale del mercato illegale e le strategie messe in campo a livello internazionale per contrastarlo. Seguono i casi giudiziari che hanno avuto particolare risonanza, le falsificazioni – ulteriore forma di aggressione all’integrità del patrimonio – e, infine, le vicende ancora aperte di opere trafugate e mai restituite alla collettività.
Ampia e diversificata la selezione dei reperti in mostra, provenienti non solo dalla Campania ma dall’intero Mezzogiorno d’Italia, e databili dall’età arcaica al Medioevo. Tra i materiali esposti spiccano varie classi ceramiche – dall’impasto alla ceramica geometrica, daunia ed enotria, fino alla corinzia, etrusco-corinzia, al bucchero, alla ceramica attica a figure nere e rosse e a quella figurata di produzione lucana, apula e campana. Completano l’allestimento un’ampia selezione di oggetti in bronzo (armi, armature, vasellame, ornamenti personali), elementi marmorei di arredo domestico di epoca romana, raffinate terrecotte figurate (VI–II secolo a.C.) e una ricca collezione di monete greche, romane e medievali.
Emergono anche diverse storie. Come quella delle tre lastre affrescate della cosiddetta Tomba del Cavaliere di Paestum (IV sec. a.C.), un tempo nella collezione privata di Maria Callas. O ancora, la vicenda di una farmacia napoletana in cui, nel secolo scorso, un cliente saldava i propri debiti con reperti archeologici – autentici o contraffatti – in cambio di sostanze psicotrope.
Si racconta di un archeologo francese che acquistava sculture pompeiane da un contadino locale per cinquantamila lire, o quella di una statua del I secolo d.C., mutila e priva di provenienza certa, rimasta per decenni nel cortile di un condominio a Fuorigrotta, prima di essere sottratta da un noto criminale del quartiere.
“La mostra rappresenta l’esito di un importante percorso di indagine e ricerca condotto nell’ambito del protocollo d’intesa siglato tra il MANN e la Procura della Repubblica di Napoli – commenta Massimo Osanna- Un lavoro congiunto che ha visto il coinvolgimento della magistratura, dei Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale e dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, volto a verificare lo stato giuridico di oltre 15.000 reperti archeologici, sequestrati o confiscati nel corso dei decenni e conservati nei depositi del Museo. Il progetto si configura come un esempio virtuoso di collaborazione tra istituzioni, forze dell’ordine, mondo accademico e musei, capace di coniugare tutela e valorizzazione. I reperti oggi esposti, finalmente restituiti alla collettività, riaffermano il valore della legalità come fondamento essenziale per la protezione e la trasmissione della nostra eredità culturale”.
Presenti all’inaugurazione il Procuratore Aggiunto, Pierpaolo Filippelli e il Comandante Carabinieri per la Tutela Patrimonio
Culturale, Generale di Divisione Francesco Gargaro.