San Gennaro ha ‘sciolto’ il sangue. Il prodigio ‘laico’, il terzo dell’anno, che si compie ogni 16 dicembre si è realizzato. Ma non subito. All’apertura della cassaforte che si trova dietro l’altare della cappella di San Gennaro l’ampolla mostrava il sangue ancora solidificato. Erano le 9.45, ma, nel giro di poco tempo, mentre le ‘parenti’ di san Gennaro pregavano, alle 10,36 il sangue si è sciolto. La cerimonia, presieduta dall’abate della Cappella del Tesoro di San Gennaro il monsignor Vincenzo De Gregorio, insieme ai rappresentanti della Deputazione, avviene proprio nella cappella e ricorda il prodigio di San Gennaro compiuto il 16 dicembre 1631.
La storia vuole, infatti, che i napoletani mentre il Vesuvio è in piena attività e la lava si muove velocemente anche verso Napoli, portino per avere protezione in processione il cranio e il sangue di San Gennaro. Quando la statua giunta all’altezza del Ponte della Maddalena la lava si ferma. il sangue si è sciolto, la salvezza per la città assicurata. Il prodigio (non miracolo) è il modo con cui il santo parla alla città: nel 1527 i napoletani, la Deputazione, commissione laica di dodici membri composta da due rappresentanti per ognuno dei seggi cittadini, firma un ‘contratto’ con il Santo (che viene firmato da un notaio) grazie al quale la Città si preoccupa di costruire, per devozione, la cappella più bella pe per il Santo e il Vescovo Gennaro protegge Napoli. Per comunicare tre le occasioni in cui il Santo dà dei segni attraverso il sangue: il 19 settembre (giorno della decapitazione di S, Gennaro), il primo fine settimana di maggio, in ricordo della traslazione delle ossa e il 16 dicembre, giorno in cui fermò la lava.
Il 16 dicembre la cerimonia è considerata laica, perché non è legata al santo ma al rapporto con la città. Il prodigio ha tardato un po’ ma è arrivato. Un segno di protezione e vicinanza del santo alla città con cui comunica l’esigenza di devozione e di dialogo nel profondo. Dopo il patto di devozione che risale a secoli addietro, pur provando a portare il discorso su un piano ‘scientifico’, il culto è rimasto vivo e vidivo, senza alcun dubbio per tanti, napoletani e non. Un momento in cui la Chiesa e il Comune di Napoli condividono una devozione dalle radici antiche e legate alla sfera della fede.