Esiste un solo modo per “conciliare” famiglia e lavoro, ossia SMETTERE di LAVORARE. O meglio, che la donna smetta di lavorare, o riduca il numero di ore lavorative al punto da non poter più sperare in un avanzamento professionale e rischiare il posto.
Questa è l’unica soluzione che “concilia” davvero. Sono tutti felici, i padri che hanno un problema in meno, i nonni che non devono fare gli straordinari, la scuola che avrà un genitore pronto a correre lì a metà mattinata per colloqui di cinque minuti, oltre a spettacoli natalizi vari ed emergenze imprescindibili come i pidocchi che scorrazzano fra le teste della classe da settimane; e chi vive di attività extrascolastiche che richiedono un’organizzazione stile tetris (non mi spiego perché non esista un doposcuola su come accompagnare i figli in quattro posti diversi alla stessa ora, che a conti fatti sarà più utile dell’inglese e del ping pong) e in generale tutti quelli che sono convinti che i bambini si nutrano di latte e sacrificio materno.
Chi parla di CONCILIAZIONE, in realtà intende questo. È come quando il parrucchiere ti spiega come farti la messa in piega da sola. Fingiamo tutti di crederci, ma in realtà l’unico modo è tornare lì una settimana dopo e fingere di averci provato. Con una differenza di fondo, ossia che la mancata “conciliazione” ti fa sentire uno schifo, una fallita su tutti i fronti, prende la tua autostima e la fa a pezzetti. Si trattava solo di conciliare, accidenti, neanche questo sei riuscita a fare?
Allora smettiamo di parlare di conciliazione, una MADRE che LAVORA NON CONCILIA un bel NIENTE.
Al contrario, fa scoppiare piccoli e grandi conflitti ogni minuto, crea tensioni, distrugge equilibri, secondo qualcuno semina traumi futuri.
La frase che ripeto più spesso quando lavoro a casa, da quando i figli sono cresciuti (spoiler, non crescono mai abbastanza per poter lavorare a casa in pace) è “fingete che io sia invisibile” e non credo che abbia mai conciliato nessuno, me per prima. I pois viola che ci spuntano in faccia quando “conciliamo” lo dicono con chiarezza: non è colpa nostra, non mortifichiamoci, non pensiamo di non valere abbastanza. Abbiamo il DIRITTO di CHIEDERE, di PRETENDERE, di essere STANCHE, di non essere lasciate sole a reggere un carico troppo pesante.
Soprattutto, se abbiamo anche la pretesa di restare sane il più a lungo possibile.
Dovrebbero capirlo tutti, spesso non lo capisce nessuno, ma fossimo anche le uniche a pensarla così nel raggio di chilometri, fidiamoci di noi stesse.