Capitolo sesto
La verità
Ciò che avevo preventivato si era avverato: avevamo fatto l’amore, era ormai diventato inevitabile, eravamo semplicemente innamorati e nulla avrebbe potuto spegnere il fuoco che ardeva sotto la brace. Ma la cosa più eclatante non era stato quello: mio figlio ci aveva visti mentre ci baciavamo ed ora mi odiava. Non teneva conto degli anni insensati, tristi e terribili che suo padre mi aveva fatto vivere, tra bugie, tradimenti, mancanza d’affetto, di dialogo, di complicità. Io non sapevo neppure quanto mio marito guadagnasse, non ero a conoscenza dei motivi delle sue assenze. Ma ora non m’interessava più, mi stava a cuore solo la serenità di mio figlio. La mia primogenita, invece, aveva reagito in modo più maturo e sereno: aveva semplicemente detto che le faccende matrimoniali dovevamo gestirle io e suo padre, lei non era intenzionata a prenderne parte, a darmi man forte. Sapeva però, da donna intelligente, che ero felice, che quest’ uomo mi voleva bene, che magari non mi avrebbe mai fatto soffrire. D’altronde mio marito mi aveva deluso troppe volte, non avevo più fiducia né rispetto. Ora tutti sapevano: tranne mia madre e mia sorella. Bisognava dirglielo prima che glielo dicessero altri. Magari quando sarei tornata a casa per il Natale. Ora dovevamo solo gestire alla meglio lo shock del mio secondogenito, la sua rabbia nei miei confronti. Doveva capire solo che suo padre non mi amava più: non aveva battuto ciglio rispetto alla mia storia, quasi indifferente dinanzi alla fine del nostro matrimonio che evidentemente per lui già era terminato da tempo.
Io cercavo di mantenere la calma, ma la reazione di mio figlio mi aveva scosso tantissimo. Era ancora un bambino e temeva di perdere suo padre, di perdere la propria famiglia. Non l’avrei permesso. Ma neppure poteva insultarmi dandomi della poco di buono solo perché finalmente un uomo mi trattava esattamente come avrei voluto: con rispetto, anche con un pizzico di gelosia, con dolcezza, con cura. Egli s’interessava a me, alla mia condizione familiare, lavorativa ed emotiva, mentre mio marito non lo faceva da tempo. Anzi, mi trascurava da anni, avevo scoperto più volte i suoi tradimenti, mi lasciava intere settimane da sola a crescere i suoi figli, a lavorare, ad annaspare nella solitudine, nello stress di una vita vuota che ormai detestavo. Lo scorso anno ero andata quasi in depressione, ma per i miei figli avevo tenuto duro ed affrontato difficoltà enormi, lontana da casa, dai miei affetti.
Del resto non avrei mai immaginato che un altro s’innamorasse di me ed io mi ritrovassi a sorridere pensando a lui: al cuor non si comanda, dice qualcuno, ed io non volevo assolutamente rinunciare alla prima cosa bella che mi era capitata a Trezzano sul Naviglio, terra straniera che ora mi sembrava meno ostile, meno detestabile. Insomma non mi sentivo più sola. Mi sentivo semplicemente invincibile.
Annalisa Capaldo