Povera Italia!
Mai esclamazione fu più calzante.
Ci si laurea, ci si specializza, si va fuori regione e nazione per trovare una dignitosa occupazione e poi te la tolgono per cause intollerabili in cui non c’entri nulla.
Gli avvocati diventano gli angeli custodi di ogni lavoratore defraudato e i mesi passano, tra burocrazia ed ansia: intanto i sacrifici fatti nello studio e nel lavoro diventano insensati e così il resto della propria esistenza, basata principalmente sulla necessità di lavorare e sbarcare il lunario.
Che importanza ha saper scrivere bene e solo per il gusto di farlo?
A chi interessa che hai tre figli da sfamare?
A cosa portano l’intelligenza della volontà e il pessimismo della ragione?
Quanto valgono le competenze acquisite in svariati ambiti professionali e chi ne tiene conto?
Tutte domande retoriche, logicamente e sconsolatamente.
Le ingiustizie e le lotte per superarle si scontrano con una politica del lavoro rivedibile, con una disoccupazione di laureati vergognosa, mentre nel mio paesotto ci si accapiglia per un voto alle amministrative e, in misura minore, per le elezioni europee. Ma se l’Italia non assicura il lavoro nemmeno a chi l’ha duramente ottenuto, che senso ha l’Europa, così evanescente e distante dal nostro vivere quotidiano?
Sento solo belle parole, arringhe con occhi lucidi dai palchi, ma la verità è che nessuno crede in quel dice e che nella prassi non ha la minima idea di come agire: cambiamento, innovazione, qualcuno ha osato scomodare la desueta rivoluzione, ma guardando ed analizzando candidate e candidati nulla di innovativo e rivoluzionario emerge.
Non voglio dire che non esistano più le persone oneste, quelle pulite, ma il disincanto prende il posto alla speranza e si va al voto per inerzia o per riconoscenza. Non mi piace neppure sentire frasi tipo: voto quello perché rappresenta il male minore.
Povera Italia! Non lo vorrei dire, mi pesa assai.
Mia figlia in questo momento sta facendo i test per entrare alla facoltà di medicina nella stessa Università dove 22 anni fa mi laureai io stessa, il secondogenito è in procinto di andare alle superiori e il terzogenito ora si affaccia alla vita. Hanno sempre respirato il profumo dei libri, ascoltato discorsi di giustizia sociale, libertà di pensiero, tolleranza, spirito di sacrificio ed ora mi sento meschina e turpe nello sconfessare tale beltà.
Non mi va di dire loro che studiare è inutile, che sacrificarsi non porta a nulla, che la giustizia non esiste e che la legge non è uguale per tutti; non mi va di far crollare i loro sogni e di demolire le loro aspettative; non gli confesserò che vanno avanti più facilmente i ricchi e i potenti, che i politici sono arrivisti e lestofanti e la politica è una cosa sporca.
Da un punto di vista laico la lotta è impari: per chi non ha autorità e denaro la disperazione sfocia nell’ affidarsi a Dio o chi per Lui perché a quanto pare noi comuni mortali italiani, senza santi in paradiso, non possiamo far altro.
Annalisa Capaldo