Coinvolti dipendenti pubblici: una intera squadra forniva i propri turni di servizio ai complici esterni, che dunque pianificavano in totale tranquillità gli illeciti sversamenti.
Dodici arresti per traffico illecito di rifiuti e corruzione. Nelle province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno, i carabinieri del Gruppo per la Tutela Ambientale e quelli dei Comandi provinciali hanno arrestato 12 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, furto aggravato ai danni della Città Metropolitana di Napoli e corruzione.
Condotte illecite sono state riscontrate nel corso dell’attività investigativa eseguita dai carabinieri del N.O.E. di Napoli, indagine portata avanti per circa 6 mesi e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli – Gruppo Specializzato sul Traffico di Rifiuti.
Intercettazioni di conversazioni, video riprese e pedinamenti. Tutto comincia nel gennaio 2023 in seguito alle segnalazioni della Sapna, società interamente partecipata dalla città metropolitana di Napoli che gestisce il ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani. Denunciate anomalie nel trattamento dei rifiuti all’interno dell’impianto di Tufino, nel quale venivano smaltite tipologie di rifiuti di provenienza industriale e dunque estranee al ciclo di raccolta dei rifiuti urbani.
Nel corso delle investigazioni, il Reparto Speciale dei Carabinieri ha accertato l’esistenza di una associazione che vedeva coinvolte diverse figure professionali tra cui gli amministratori di alcune aziende di rifiuti speciali delle province di Napoli e Salerno, autisti di automezzi adibiti alla raccolta di rifiuti urbani e alcuni dipendenti infedeli dell’impianto di Tufino, che avevano organizzato, nei minimi dettagli, un articolato “modus operandi” che consentiva loro di smaltire illecitamente rifiuti speciali, di provenienza industriale, nell’impianto pubblico, a spese dell’Ente pubblico.
L’agire degli indagati era oramai consolidato: gli autisti delle due società, aggiudicatarie di appalti per la raccolta di rifiuti urbani in alcuni paesi vesuviani, fungevano da tramite, tra i produttori di rifiuti speciali e gli operai addetti alla gestione dei rifiuti all’interno dello STIR, nella gestione dell’illecito traffico, finalizzato all’esigenza dei privati di smaltire illecitamente i loro rifiuti, conseguendo un significativo risparmio in termini economici, di contro, consentiva ai dipendenti pubblici di intascare profumate mazzette, in cambio del servizio reso.
Essenziale il ruolo degli addetti al TMB di Tufino, perfettamente organizzati per bypassare il rigido sistema di controllo previsto dalla Sapna, e consentire agli autisti degli automezzi di operare indisturbati e scaricare i rifiuti illecitamente. Una intera squadra forniva i propri turni di servizio ai complici esterni, che dunque pianificavano in totale tranquillità gli illeciti sversamenti nella certezza della compiacenza di tutti i componenti di quel turno, remunerati dal capo squadra, ciascuno in proporzione del contributo fornito.
Al fine di incrementare ulteriormente gli illeciti profitti, alcuni degli indagati, sia dipendenti dello STIR che autisti, dopo aver effettuato gli smaltimenti illeciti, completavano la collaborazione rendendosi protagonisti del furto delle bobine di ferro, del valore di circa 20.000 euro, utilizzate nell’impianto di Tufino per imballare i rifiuti, occultando le stesse all’interno degli stessi autocompattatori.
Nel corso dell’attività sono stati accertati smaltimenti illeciti per oltre 1.000 tonnellate di rifiuti speciali che hanno determinato un aggravio di costi alla Sapna per circa 500 mila euro, oltre i danni spesso causati all’impiantistica dallo sversamento di rifiuti anche ferrosi, che hanno bloccato anche per lunghi periodi il ciclo di trattamento dell’impianto pubblico. Nello stesso contesto investigativo i militari dell’Arma hanno sottoposto a sequestro le due aziende private produttrici di rifiuti industriali.
Le conseguenze degli illeciti in materia ambientale hanno sempre un doppio volto e ciò è particolarmente vero in Campania, dove il traffico dei rifiuti ha infestato alcune aree del territorio, ormai tristemente noto come Terra dei Fuochi. La nuova operazione dei Carabinieri del NOE, coordinata dalla DDA, ha portato all’arresto di dodici persone nelle province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno per traffico illecito di rifiuti speciali e corruzione. Le indagini, iniziate nel gennaio 2023, hanno svelato l’attività di un’associazione che smaltiva illecitamente i rifiuti speciali di provenienza industriale nell’impianto pubblico di Tufino.
Oltre 1000 tonnellate di rifiuti speciali sono state smaltite, secondo gli inquirenti, con un aggravio di costi alla Sapna – società interamente partecipata dalla città metropolitana di Napoli, che gestisce il ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani dell’area metropolitana del capoluogo – per circa 500mila euro, oltre ai danni spesso causati all’impiantistica dallo sversamento di rifiuti anche ferrosi. Lo smaltimento ha causato danni agli impianti, che sono rimasti bloccati per lunghi periodi. Gli stessi militari hanno sottoposto a sequestro le due aziende private produttrici di rifiuti industriali.
I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno poi eseguito un sequestro da 200 milioni di euro nei confronti dei fratelli Giovanni, Cuono e Salvatore Pellini, imprenditori di Acerra, in provincia di Napoli, operanti in diversi settori economici, tra cui la gestione del recupero, smaltimento e riciclaggio di rifiuti urbani e industriali. La notifica del provvedimento è stata contestuale a un ordine di dissequestro e restituzione della Cassazione. Il nuovo decreto di sequestro è stato emesso dalla sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura.
Le prime anomalie erano state segnalate dalla Sapna. Secondo le indagini degli inquirenti, dell’associazione a delinquere fanno parte diverse figure professionali, tra cui amministratori di alcune aziende di rifiuti speciali delle province di Napoli e Salerno, autisti di automezzi adibiti alla raccolta di rifiuti urbani e alcuni dipendenti infedeli dell’impianto di Tufino.
Gli autisti delle due società avevano un ruolo specifico: fare da tramite tra i produttori di rifiuti speciali e gli operai addetti alla gestione dei rifiuti all’interno dello Stabilimento di Tritovagliatura ed Imballaggio Rifiuti (Stir), in cambio di denaro. Essenziale il ruolo degli addetti al TMB (Trattamento meccanico biologico) di Tufino, organizzati per bypassare il rigido sistema di controllo previsto dalla Sapna e consentire agli autisti degli automezzi di operare indisturbati. Era stato studiato un piano ad hoc: una squadra veniva incaricata di fornire i propri turni di lavoro ai complici esterni per pianificare e sversare in piena tranquillità gli illeciti. Alcuni degli indagati, dopo aver effettuato gli smaltimenti, completavano la loro collaborazione rubando anche delle bobine di ferro, del valore di circa 20.000 euro, utilizzate nell’impianto di Tufino per imballare i rifiuti, occultandole all’interno degli stessi autocompattatori.
Il Tribunale di Napoli (presidente Teresa Areniello), nel decreto con cui ha disposto nuovamente a carico dei tre fratelli un sequestro di beni da oltre 200 milioni di euro, sottolinea “la concreta e grave capacità criminale” di Giovanni, Cuono e Salvatore Pellini. Secondo il giudice per le indagini preliminari, i fratelli Pellini “hanno avviato le loro attività e prosperato in un settore imprenditoriale tradizionalmente riservato alla criminalità organizzata, agendo in concorrenza con essa”, “operando in maniera assai spregiudicata, avvantaggiati anche dal ruolo istituzionale ricoperto da uno di essi che, sebbene esponente delle forze dell’ordine (Salvatore Pellini era un carabiniere), risulta essere uno degli organizzatori dell’associazione tesa al traffico di rifiuti che si avvaleva per i suoi scopi dell’attività imprenditoriale formalmente attribuita ai fratelli Giovanni e Cuono”. In sostanza, secondo il Tribunale, la Procura e la Guardia di Finanza di Napoli, “si sono resi autori di gravissime condotte, le cui conseguenze dannose si sono riverberate e si riverberano tutt’oggi sulla salute pubblica e, in particolare, sulla comunità di Acerra”.
Tra gli arrestati ci sono persone che tenevano i contatti con gli imprenditori interessati al business, dipendenti infedeli che trattavano i carichi di rifiuti speciali che nello Stir di Tufino non si dovevano neppure avvicinare. C’era chi faceva in modo che gli autocompattatori senza geolocalizzazione non lasciassero alcuna traccia documentale. I destinatari delle misure cautelari sono Michele Salvatore Esposito (autista della società Super Eco), ritenuto insieme a Giuseppe D’Elia (dipendente della Sapna), capo e promotore dell’associazione a delinquere. Esposito coordinava gli autisti coinvolti nello smaltimento illecito dei rifiuti speciali nello Stir di Tufino (Napoli). Procacciava gli imprenditori interessati al business e, attraverso D’Elia, si teneva in contatto con i dipendenti infedeli dell’impianto. È coinvolto anche nel furto delle bobine di ferro da 20.000 euro ciascuna.
D’Elia, secondo l’ipotesi accusatoria, era il referente degli autisti che trasportavano i rifiuti e riceveva i compensi da distribuire alla squadra di cui faceva parte. Altro indagato e destinatario di misura cautelare è Carmine Felice Aufiero, dipendente e autista della cooperativa Multy Service di Palma Campania (Napoli), che prelevava i rifiuti dalle ditte degli imprenditori collusi e li trasferiva nello Stir. Anche lui è ritenuto dalla DDA coinvolto nel furto delle bobine, come Francesco Somma, dipendente e autista della Super Eco srl.
Tra gli indagati ci sono due dipendenti della Sapna addetti alla pesatura dei rifiuti: Ludovico Petrillo e Antonio Porcaro, che verificavano i documenti dei rifiuti in entrata e, secondo l’accusa, consentivano l’arrivo, lo scarico e la ripartenza degli autocompattatori senza lasciare traccia. Indagato anche Enrico Menna, dipendente Sapna, addetto alla movimentazione e produzione della squadra B dello Stir, che avrebbe avuto un ruolo nel furto delle bobine trasferite negli autocompattatori con un muletto.
Pietro D’Afiero, anche lui dipendente Sapna in veste di gruista (sempre della squadra B dello Stir), pur non sapendo cosa stesse accadendo nell’impianto, avrebbe omesso di rendere noti al capo turno gli affari illeciti. Felice Raffaele Campitiello, capoturno della squadra B dello Stir, redigeva la documentazione di copertura e supervisionava gli smaltimenti illeciti. Infine, ci sono gli amministratori di due società coinvolti nell’affare: Giovanni Moccia (Polimec srl) e Vincenzo Cesarano (Fratelli Cesarano srl). Antonio Musella, dipendente della Super Eco srl, forniva agli autisti Michele Esposito e Francesco Somma autocompattatori privi di geolocalizzazione e orari sicuri per conferire, quando erano presenti i dipendenti infedeli dello Stir.