Vicenda di Nocera Superiore, ecco una delle sentenze più recenti su questione simile. Ovviamente, da semplici giornalisti, riportiamo senza commentare. Ciascuno di voi, si faccia l’idea che vuole (m.m.)
Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 6 novembre 2015, n. 5069
Presidente: Torsello – Estensore: Gaviano
FATTO E DIRITTO
1. Il 25 maggio 2014 si svolgeva la consultazione elettorale per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale di Grumento Nova (Potenza), che vedeva prevalere il sig. Antonio Maria Imperatrice, con la lista n. 5 – Grumento Democratica, il quale riportava n. 468 voti.
Gli altri candidati a sindaco che avevano preso parte alla competizione erano:
– il sig. [omissis], che conseguiva n. 355 voti con la Lista n. 1 – “Sindaco [omissis]”;
– il sig. Caprarella Saverio Salvatore, che conseguiva n. 256 voti con la Lista n. 2 – “Rivoluzione Democratica”;
– il sig. Toscano Josè, con n. 80 voti e la Lista n. 3 – “Grumento Libera”;
– il sig. Vincenzo Romeo, con n. 30 voti e la Lista n. 4 – “Grumento Nuova”.
Il medesimo sig. Romeo il successivo 25 giugno, agendo nella duplice qualità di cittadino elettore e candidato a sindaco non eletto, proponeva un ricorso dinanzi al T.A.R. per la Basilicata ai sensi dell’art. 130 c.p.a., impugnando, in particolare, l’ammissione della Lista n. 1, che aveva conseguito due seggi consiliari, e chiedendo la declaratoria di nullità del complesso delle operazioni elettorali e degli atti del relativo procedimento.
A fondamento del ricorso veniva allegata l’alterazione della competizione che sarebbe stata determinata dalla partecipazione ad essa del candidato a sindaco sig. [omissis], che ne aveva “irrimediabilmente compromesso” il risultato.
Il suddetto, si deduceva, non avrebbe potuto prendere parte alle elezioni, versando in condizione di incandidabilità ai sensi dell’art. 10, comma 1, del d.lgs. 21 dicembre 2012, n. 235 per aver riportato una condanna definitiva alla pena della reclusione per anni uno e mesi sei per i reati di cui agli artt. 479 e 323 c.p.
La riferita condizione ostativa sarebbe stata già accertata dalla Prefettura di Potenza, che con nota del 7 giugno 2014 aveva ritenuto appunto sussistere, nei confronti del sig. [omissis], le cause ostative all’assunzione del mandato previste dall’art. 10, comma 1, lett. c) e d), del d.lgs. n. 235/2012. Sicché il Consiglio comunale di Grumento Nova, anche alla luce di detto parere, con deliberazione n. 8 dell’11 giugno 2014 aveva stabilito di non convalidarne l’elezione a consigliere comunale.
In resistenza al ricorso si costituiva in giudizio il Comune di Grumento Nova, che ne eccepiva l’irricevibilità e l’inammissibilità e, nel merito, l’infondatezza.
Si costituiva, altresì, la Prefettura di Potenza.
2. All’esito del giudizio il Tribunale adìto, con la sentenza n. 816/2014 in epigrafe, in accoglimento dell’eccezione sollevata dalla difesa comunale dichiarava il ricorso inammissibile. Tanto sul rilievo che, poiché il ricorrente aveva conosciuto l’esistenza della condizione d’incandidabilità del sig. [omissis] già prima della consultazione, la sua impugnativa sarebbe dovuta essere proposta preventivamente, ossia nel rispetto dei termini stabiliti dall’art. 129 c.p.a.
3. Avverso tale sentenza seguiva la proposizione del presente appello alla Sezione da parte del soccombente, che contestava la decisione del Tribunale e riproponeva le proprie censure.
Il Comune resisteva all’appello, eccependone la tardività rispetto ai termini prescritti dall’art. 129, comma 8, c.p.a. e domandandone in subordine il rigetto nel merito.
Anche in questa sede si costituiva in giudizio la Prefettura di Potenza, con atto di stile.
L’appellante con successiva memoria controdeduceva agli argomenti della difesa comunale, eccependo anche l’inammissibilità della costituzione in giudizio dell’Ente e insistendo per l’accoglimento dell’appello.
Il Comune presentava a sua volta uno scritto di replica, con il quale eccepiva la carenza di interesse dell’avversario al ricorso e ribadiva le conclusioni già formulate.
Alla pubblica udienza del 26 maggio 2015 la causa veniva trattenuta una prima volta in decisione.
Con ordinanza 18 giugno 2015 n. 3113 la Sezione rilevava che il contraddittorio processuale in appello esigeva di essere integrato. Veniva osservato che unitamente al sindaco tutti i consiglieri comunali eletti, ivi incluso il sig. [omissis], rivestivano la posizione di controinteressati, e avevano quindi titolo a essere posti in condizione di prendere parte al giudizio. Era pertanto disposta la conseguente integrazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati non evocati, ivi compresa la sig.ra Diletto, che aveva surrogato nella carica consiliare il sig. [omissis].
L’appellante faceva luogo all’adempimento dell’incombente prescritto nei confronti dei sigg. [omissis], Maria Diletto, Francesco Tarlano, Giuseppe Pricolo, Carmelina Celano, Antonio G.P. Di Pierri, Carmela Pennella e Matteo Torraca.
La Prefettura di Potenza eccepiva in seguito il proprio difetto di legittimazione passiva, domandando la propria estromissione dal giudizio.
Il Comune con un’ulteriore memoria tornava a opporre la tardività dell’appello rispetto ai termini prescritti dall’art. 129, comma 8, c.p.a., deducendo anche il difetto di giurisdizione amministrativa sulle richieste del ricorrente che venisse ordinata la ripetizione delle elezioni e stabilito chi potesse parteciparvi; in subordine, la difesa comunale concludeva per il rigetto del gravame siccome infondato nel merito.
All’udienza pubblica del 13 ottobre 2015 la causa è stata conclusivamente trattenuta in decisione.
4. La Sezione deve preliminarmente pronunziarsi sull’eccezione erariale di difetto di legittimazione passiva sollevata nell’interesse della Prefettura di Potenza.
L’eccezione merita accoglimento.
L’art. 130, comma 3, del c.p.a. stabilisce che il ricorso relativo alle operazioni elettorali riguardanti le consultazioni amministrative debba essere notificato “all’ente della cui elezione si tratta”, oltre che alle altre parti che vi abbiano interesse.
Con questa disposizione, individuando quale unica parte pubblica necessaria (diversamente da quanto disposto dall’art. 129) l’ente locale interessato dalle elezioni, cui vanno imputati i risultati elettorali, si è quindi recepita la consolidata posizione giurisprudenziale che esclude che siano annoverabili tra le parti necessarie del relativo contenzioso anche gli uffici elettorali (i quali esauriscono la loro funzione con la proclamazione degli eletti) e, più ampiamente, l’Amministrazione statale (C.d.S., V, 12 febbraio 2008, n. 496; 3 febbraio 1999, n. 215).
La giurisprudenza, invero, è tuttora univoca nel senso che nei giudizi elettorali dinanzi al Giudice amministrativo l’individuazione della P.A. cui compete la qualità di parte vada effettuata non già in base al criterio dell’imputazione formale degli atti contestati, bensì secondo quello dell’imputazione dei risultati della consultazione, con la conseguenza che rispetto alle elezioni comunali parte necessaria è il Comune, e non già l’Amministrazione statale cui appartengono gli organi preposti alle operazioni.
La legittimazione passiva è riconducibile, pertanto, solo all’ente locale interessato, il quale si appropria del risultato elettorale e vede riverberarsi su di sé gli effetti dell’annullamento o della conferma della proclamazione degli eletti (V, 2 marzo 2009, n. 1159; 23 luglio 2010, n. 4851; 4 agosto 2010, n. 5183; 26 settembre 2013, n. 4762; 16 giugno 2014, n. 3033).
La Prefettura intimata va dunque estromessa dal giudizio.
5. Tanto premesso, la sentenza impugnata deve essere riformata, in quanto il ricorso di primo grado del sig. Romeo risulta non solo ammissibile, ma anche fondato.
6. Il T.A.R. ha ritenuto che il ricorso introduttivo sarebbe dovuto essere proposto nei termini di cui all’art. 129 c.p.a., ossia entro tre giorni dal provvedimento di ammissione del sig. [omissis] e della sua lista alla competizione elettorale, poiché il ricorrente aveva conosciuto l’esistenza della causa di incandidabilità già prima dello svolgimento delle elezioni.
Il primo Giudice ha ricordato che l’art. 129 cit. nella sua originaria formulazione dava facoltà ai delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi di impugnare immediatamente i provvedimenti concernenti l’esclusione. Diversamente, per effetto del comma 2 dello stesso art. 129, con l’eccezione dei detti provvedimenti, ogni altro atto relativo al procedimento, anche preparatorio, per le elezioni era impugnabile soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti.
L’art. 129 è stato peraltro successivamente novellato dal d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160.
Il suo testo concerne ora i “provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali e per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia”. Per effetto dell’intervento legislativo del 2012, risultano adesso impugnabili tutti i provvedimenti “immediatamente lesivi” del diritto del ricorrente “a partecipare al procedimento elettorale preparatorio”. Inoltre, dalla formulazione della norma è stata espunta la locuzione “possono essere impugnati”, sostituita da quella “sono impugnabili”. E l’art. 129 comma 2 dispone ora soltanto che gli atti diversi da quelli di cui al comma 1 sono impugnati alla conclusione del procedimento elettorale unitamente all’atto di proclamazione degli eletti.
Orbene, il Tribunale ha ritenuto che la nuova norma vada interpretata nel senso che tra i provvedimenti lesivi del “diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale” vadano inclusi anche gli atti di ammissione di candidati o liste differenti da quelle del ricorrente.
Questa interpretazione sarebbe coerente con le affermazioni della decisione della Corte costituzionale 7 luglio 2010, n. 236, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83-undecies, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 nella parte in cui escludeva la possibilità di un’autonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti. “Infatti, ciò che viene in rilievo è la garanzia dell’effettività di tutela delle posizioni giuridiche soggettive in ipotesi lese da atti preparatori, mentre il petitum è costituito dall’interesse del candidato ammesso a non competere nell’agone elettorale con altri candidati o liste illegittimamente ammessi. Tale esigenza di effettività della tutela non può che condurre a respingere qualsiasi differenziazione di tipo oggettivo, quale risulterebbe, in ipotesi, quella tra atti di esclusione ed ammissione” (così la sentenza oggetto d’impugnativa).
Ad avviso del Tribunale, anche l’illegittima ammissione di una lista altrui produrrebbe una lesione immediata dell’interesse degli altri candidati, il quale avrebbe ad oggetto la partecipazione a una consultazione elettorale nella situazione politico-amministrativa esistente alla data prefissata e, inoltre, rispettosa delle regole vigenti. E proprio dal carattere immediatamente lesivo dell’atto di ammissione discenderebbe l’onere della sua immediata impugnazione nel breve termine di cui all’art. 129 c.p.a.
7. L’impostazione seguita dal primo Giudice non può essere condivisa.
7a. Non vi è dubbio che il testo originario dell’art. 129 cit. fosse quanto mai univoco nel circoscrivere l’applicazione del peculiare rito d’impugnazione anticipata da esso disegnato alle sole impugnative degli atti di esclusione dall’elezione.
In tal senso, invero, la Sezione, in vigenza della relativa formulazione, dinanzi a un ricorso impugnatorio di un’ammissione altrui ha avuto modo di osservare quanto segue. “La piana lettura del sistema integrato dagli artt. 129 e 130 c.p.a., … rende evidente come l’onere di spiegare le impugnative introduttive di questo contenzioso, non rientrando esso nel nucleo di ipotesi contemplate dal primo di tali articoli (né per la natura dell’atto da gravare nello specifico, trattandosi di ammissioni, e non già di esclusioni; né per la natura dei soggetti ricorrenti, qui semplici cittadini elettori), non poteva sorgere se non alla conclusione del procedimento elettorale. L’art. 130 cit. comma 1, invero, è quanto mai chiaro nel disporre che, al di fuori dello specifico caso regolato dall’articolo che lo precede, “contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all’emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale”: e ciò da parte di qualsiasi candidato o elettore dell’Ente della cui elezione si tratta (nello stesso senso cfr. anche l’art. 129 comma 2, naturalmente nella versione del tempo)” (sentenza n. 5504 del 29 ottobre 2012).
7b. Il nuovo testo dell’art. 129 cit. presenta obiettivamente un grado di univocità inferiore rispetto alla sua formulazione primitiva. Nondimeno, l’interpretazione di tale testo porta alla stessa conclusione invalsa al cospetto di quello precedente, militando in tal senso la convergenza di tutti i molteplici indici ermeneutici disponibili.
Non è un caso che la Sezione anche nella vigenza della nuova stesura dell’articolo si sia già espressa nello stesso senso delle decisioni precedenti, e pertanto in modo conforme alle tesi dell’attuale appellante, in occasione delle proprie sentenze 16 giugno 2014, n. 3033, nonché 7 marzo 2013, n. 1410, con le quali significativamente non è stato nemmeno ritenuto necessario spendere particolari argomenti a sostegno di una simile lettura.
7c. In primo luogo, la rubrica dell’articolo è rimasta inalterata: essa continua quindi a riguardare il solo “Giudizio avverso gli atti di esclusione”, così come la rubrica del Capo II ove l’articolo è inserito.
7d. In secondo luogo, l’elemento di lesività sul quale la nuova formulazione del comma 1 dell’art. 129 è incentrata deve pur sempre investire il “diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale”. E questa condizione di lesività si profila unicamente in presenza di un’esclusione della lista interessata, laddove l’ammissione altrui non incide, per converso, sul “diritto a partecipare al procedimento”, situazione di natura strumentale che rimane impregiudicata e intatta, ma può solo dispiegare un’eventuale influenza sfavorevole sul futuro esito dell’elezione, riverberandosi quindi su un interesse di natura sostanziale che solo, però, alla luce del concreto risultato elettorale registrato potrebbe dirsi leso.
7e. Occorre poi tenere nel debito conto il fatto che l’art. 129 è pacificamente reputato di stretta interpretazione (in tal senso si veda ad es. Sez. V, 7 marzo 2013, n. 1410, nonché 23 febbraio 2012, n. 1058), data la pesante compressione del contraddittorio processuale che caratterizza tutti i termini, oltremodo ristretti, connotanti il peculiare rito disciplinato dall’articolo (rito nel cui ambito, ad esempio, non vale la regola della notificazione del ricorso presso l’Avvocatura dello Stato, e non è applicabile alcun tipo di fase incidentale che possa comportare il differimento dell’udienza o la sospensione del giudizio, compresa la rimessione all’Adunanza plenaria: cfr., rispettivamente, Sez. V, 29 aprile 2011, n. 2559; Ad. Plen., 9 ottobre 2013, n. 22; per un’esposizione organica delle singolarità del rito ex art. 129 cfr. V, 23 febbraio 2012, n. 1058).
Ora, questa drastica compressione del contraddittorio processuale già di per se stessa non tollera che di una simile disciplina, sotto questo profilo di natura probabilmente eccezionale, sia fatta applicazione al di là della stretta indispensabilità, la quale è riscontrabile appunto unicamente rispetto alle impugnative degli atti di esclusione.
7f. L’art. 129 non è passibile di applicazione al di là dei casi da esso specificamente previsti nemmeno per la sua natura derogatoria rispetto ad altre regole processuali di portata generale.
Sotto questo aspetto va subito ricordata, invero, la previsione del comma 1 dell’art. 130 (anticipata già dal comma 2 dell’articolo precedente), la quale pone la regola generale di settore che “contro tutti gli atti del procedimento elettorale … è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’impugnazione dell’atto di proclamazione degli eletti” (con la sola eccezione, appunto, delle fattispecie di tutela anticipata ammesse dall’art. 129).
È poi appena il caso di osservare che un’ipotetica ricorribilità immediata avverso l’ammissione di altre liste contrasterebbe con il principio generale che, tanto in tema di gare quanto di concorsi, vuole che le ammissione di terzi si rendano impugnabili unicamente in occasione dell’impugnativa dell’atto di conclusione dei relativi procedimenti, in aderenza, del resto, al più ampio canone della non impugnabilità degli atti endoprocedimentali se non unitamente all’atto che definisce la procedura interessata.
7g. Un’ipotetica estensione dello schema della tutela processuale anticipata previsto dall’art. 129 cit. ai casi di ammissione delle liste, d’altra parte, non sarebbe nemmeno assistita dal presupposto dell’eadem ratio legis: quanto detto sopra sulla ben diversa carica di lesività degli atti di esclusione rispetto alle ammissioni altrui comporta, infatti, che la ratio giustificativa dell’articolo in esame sia configurabile unicamente rispetto ai primi.
7h. È appena il caso di rimarcare, infine, che l’interpretazione debitamente restrittiva dell’art. 129 non confligge con l’orientamento di questa Sezione incline ad ammettere che, una volta esperita dinanzi al Giudice di primo grado l’impugnativa dell’esclusione di una lista, la relativa sentenza di accoglimento (che produce l’effetto di ammettere la ricorrente vittoriosa alla competizione elettorale) sarebbe suscettibile di appello anche da parte di terzi.
Questa estensione della legittimazione all’appello si giustifica, infatti, essenzialmente in ragione del fatto che altrimenti in casi simili l’ordinaria impugnazione successiva alla proclamazione degli eletti esperibile avverso l’altrui ammissione – impugnazione pur garantita in via generale dall’art. 130 c.p.a. – potrebbe essere preclusa, in concreto, dalla formazione di un eventuale giudicato sull’ammissibilità della lista ricorrente in prime cure, dal momento che un giudicato di accoglimento sul punto avrebbe efficacia erga omnes (cfr. l’approfondita trattazione del tema rinvenibile nella decisione della Sezione 23 febbraio 2012, n. 1058, paragr. 10).
È in ragione di tanto, quindi, che la Sezione ha riscontrato “la necessità, per assicurare il diritto costituzionalmente garantito degli interessati ad ottenere giustizia, di dover ritenere gli attuali appellanti legittimati a proporre appello avverso la sentenza del T.A.R. di ammissione della lista in questione.
In tema di contenzioso elettorale, infatti, il giudicato formatosi acquista autorità ed efficacia “erga omnes”, non essendo compatibile con la natura popolare dell’azione, con il suo carattere fungibile e con le sue funzioni e finalità, che gli effetti della pronuncia rimangano limitati alle sole parti del giudizio (C.d.S., sez. V, 23 febbraio 2011, n. 488).
Ne deriva che, ai sensi dell’art. 129, comma 1 c.p.a., l’unica specialità, quanto alla legittimazione attiva, del rito elettorale preparatorio, riguarda la fase introduttiva del giudizio di primo grado in quanto, una volta incardinato il rapporto processuale, tutti i soggetti legittimati possono contrastare il ricorso originario o appellare la sentenza di accoglimento al fine di evitare la formazione di un giudicato a loro opponibile” (in termini Sez. V, 8 maggio 2013, n. 2500; nello stesso senso cfr. anche 18 maggio 2015, n. 2526).
7i. Per quanto esposto, il ricorso di prime cure del sig. Romeo contro l’ammissione di un’altra lista e l’esito finale delle elezioni, ricorso introdotto ai sensi dell’art. 130, risulta tempestivo, così come di riflesso il presente appello, non essendo applicabile alla fattispecie concreta l’art. 129 dello stesso Codice.
Di conseguenza, la declaratoria d’inammissibilità del ricorso emessa dal T.A.R. deve essere riformata, imponendosi l’esame della presente controversia nel merito.
8a. Accedendo alla disamina del merito dell’impugnativa del sig. Romeo s’impongono le seguenti, immediate puntualizzazioni.
Occorre ricordare che il sig. [omissis], candidato sindaco della lista n. 1, versava in condizione di incandidabilità ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. 21 dicembre 2012, n. 235, per aver riportato una precedente e qualificata condanna definitiva; che questa sua condizione era stata accertata della Prefettura di Potenza, che con nota del 7 giugno 2014 aveva ritenuto, appunto, sussistere a suo carico le cause ostative al mandato elettivo previste dall’art. 10, comma 1, lett. c) e d), del d.lgs. n. 235/2012; che il Consiglio comunale di Grumento Nova, anche alla luce di detto parere, con deliberazione n. 8 dell’11 giugno 2014 aveva stabilito di non convalidarne l’elezione a consigliere comunale.
Deve inoltre darsi atto che la Corte d’appello di Potenza con sentenza n. 154/2015 ha respinto l’appello proposto dal sunnominato avverso il rigetto del suo ricorso contro il diniego di convalida della sua elezione. Infine, è stato documentato che quest’ultima sentenza è passata in giudicato.
8b. Tanto premesso, il Collegio deve sottolineare che la condizione di incandidabilità del sig. [omissis] è rimasta incontestata tra le parti della presente controversia, la quale verte, dunque, unicamente sulle conseguenze discendenti dalla partecipazione del medesimo, benché incandidabile, e della sua lista, alle elezioni delle quali si tratta.
Va altresì rammentato che la lista n. 1 ha conseguito due seggi consiliari, avendo raccolto, con il proprio candidato sindaco sig. [omissis], n. 355 voti.
8c. Il ricorrente chiede in via principale l’invalidazione integrale del complesso delle operazioni e del procedimento elettorale, con la conseguente ripetizione delle elezioni, adducendo l’alterazione della competizione che sarebbe stata determinata dalla partecipazione ad essa del sig. [omissis], la quale ne avrebbe “irrimediabilmente compromesso” il risultato.
In via subordinata, parte ricorrente contesta la sola assegnazione alla lista n. 1 dei due seggi consiliari attribuitile, chiedendone l’assegnazione alle altre forze politiche.
8d. Il Collegio, chiamato dunque all’individuazione degli effetti della partecipazione alle elezioni di un candidato sindaco versante in condizione di incandidabilità, deve subito rilevare che effetto minimo inevitabile di una patologia siffatta è quello del disconoscimento alla corrispondente lista dei seggi consiliari che le fossero stati assegnati.
L’art. 71 d.lgs. n. 267/2000 sancisce, infatti, un intimo legame tra le candidature alla carica di sindaco e le liste collegatevi, stabilendo in particolare: che con la lista dei candidati al consiglio comunale deve essere presentato anche un candidato alla carica di sindaco; che, correlativamente, ciascuna candidatura alla carica sindacale è collegata a una lista di candidati a seggi consiliari; che, infine, a ciascuna lista s’intendono attribuiti tanti voti quanti sono quelli conseguiti dal candidato alla carica di sindaco collegato alla lista medesima (commi 2, 3 e 7 art. cit.).
Al cospetto di questa disciplina, nel cui contesto l’indicazione del candidato sindaco costituisce, quindi, un elemento essenziale della valida presentazione della lista (cfr. Sez. V, 2 maggio 2002, n. 2333; 13 settembre 1999, n. 1052), deve ritenersi che la partecipazione alle elezioni di un candidato sindaco incandidabile, oltre a essere ex se nulla, ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 235/2012, infici anche il risultato della lista che in tale candidatura si riconosceva e ad essa si era collegata.
Poiché invero, come si è appena visto, con la lista dei candidati al consiglio deve essere presentato anche un candidato alla carica di sindaco, la nullità di questa seconda candidatura non può rimanere circoscritta alla medesima, ma si comunica necessariamente alla lista che la presupponeva (e che a causa della sua nullità ne risulta in definitiva carente), inficiandone il risultato elettorale.
Del resto, giusta il comma 7 dell’art. 71 cit., i voti che s’intendono attribuiti a ciascuna lista sono essenzialmente quelli conseguiti dal suo candidato per la carica sindacale.
L’invalidazione del risultato dell’intera lista interessata costituisce, inoltre, una coerente proiezione dell’incandidabilità del candidato sindaco da essa sostenuto, nonché della ratio della norma che sancisce la detta misura. Laddove una conclusione opposta tradirebbe tale ratio, in quanto permetterebbe alla lista collegata al sindaco, pur incandidabile, di tesaurizzarne il risultato elettorale, sia pure ai limitati fini della distribuzione dei seggi consiliari.
Per quanto fin qui detto, non vi è dunque dubbio che illegittimamente alla lista n. 1 siano stati assegnati due seggi.
8e. La Sezione deve però pur sempre esaminare ancora la domanda principale di parte diretta all’invalidazione integrale delle elezioni comunali, la cui fondatezza si rivela assorbente.
8f. A questo riguardo, la difesa del ricorrente ha attirato l’attenzione sulla circostanza che il sig. Romeo ha presentato la propria impugnativa nella duplice qualità di cittadino elettore e di candidato a sindaco non eletto. E tale dato riveste invero rilievo centrale, poiché la giurisprudenza più autorevole (C.d.S., Ad. Plen., 24 novembre 2005, n. 10), dinanzi a ricorsi elettorali proposti nella detta duplice veste, non solo ha escluso che la spendita di un simile doppio titolo di legittimazione attiva possa viziare il ricorso (definendo simile spendita, anzi, come “vicenda del tutto normale”), ma ha precisato, altresì, che i detti titoli di legittimazione sono suscettibili di “reciproca integrazione”.
Per quest’ultima ragione, la valutazione dell’incidenza della partecipazione alle elezioni della lista illegittimamente ammessavi deve essere effettuata avendo riguardo non già al solo risultato elettorale ottenuto dalla specifica lista collegata al candidato sindaco ricorrente (come opina la difesa comunale nel tentativo di dimostrare la carenza di interesse al ricorso), lista la quale ha riportato solo 30 voti, ma anche al risultato conseguito dalle altre liste: e ciò a partire dalla lista n. 2, la seconda delle più votate, che ha ricevuto ben n. 256 voti.
L’impugnativa del sig. Romeo, infatti, deve sotto questo profilo essere vagliata alla stessa stregua di quella identicamente proponibile da qualsiasi altro cittadino elettore, titolo da lui speso a base del gravame unitamente a quello di candidato, e, come detto, “integrativo” di quest’ultimo.
8g. Tutto ciò premesso, fondatamente il ricorrente ha fatto notare che, mentre lo scarto tra la lista vincitrice e quella legittimamente classificatasi seconda (la lista n. 2, “Rivoluzione Democratica”) era contenuto in 212 voti, i voti ottenuti dalla lista indebitamente ammessa erano stati ben 355; e altrettanto fondatamente egli ne ha desunto che una tempestiva ricusazione di quest’ultima lista avrebbe potuto incidere non solo sulla distribuzione dei seggi consiliari delle minoranze, ma anche sull’individuazione della lista e del candidato sindaco vincitori dell’elezione.
Donde la dimostrazione dell’incidenza totalmente invalidante del vizio cagionato dall’illegittima partecipazione della lista n. 1 alle elezioni in esame.
8h. Nell’impossibilità di sapere, invero, a seguito di un’ipotetica eliminazione, simulata ex post, di una lista illegittimamente ammessa a una competizione elettorale, a quali diverse forze politiche sarebbero potuti andare i relativi voti, una consolidata giurisprudenza attesta la necessità, in casi simili, di soppesare l’influenza invalidante del vizio emerso sulle operazioni elettorali alla luce dei dati disponibili.
Segnatamente, l’effetto perturbante dell’illegittima ammissione alle elezioni va verificato alla luce del rapporto esistente tra l’entità dei voti ottenuti dalla lista illegittimamente ammessa, da un lato, e lo scarto di voti registrato tra i due candidati più votati per la carica di vertice dell’Ente, dall’altro. E un effetto integralmente invalidante deve essere riconosciuto, in concreto, allorché i suffragi raccolti dalla lista indebitamente ammessa superino largamente l’anzidetto scarto differenziale, sì da presentarsi come suscettibili di alterare in maniera significativa il risultato complessivo della consultazione (per questa impostazione cfr., tra le altre, Sez. V, 31 marzo 2012, n. 1889; 20 marzo 2006, n. 1437; 18 giugno 2001, n. 3212; 7 marzo 2001, n. 1343; 10 maggio 1999, n. 535).
8i. Orbene, le deduzioni di parte ricorrente comprovano che l’incidenza sull’esito elettorale della partecipazione al voto della lista n. 1 è risultata tale da poter alterare in misura rilevante la posizione conseguita dalle altre forze politiche, e ribaltare, in definitiva, il risultato della consultazione. Non resta quindi che convenire con la stessa parte sulla complessiva turbativa suscitata dall’illegittima ammissione della lista collegata al candidato sindaco più volte menzionato, in assenza della quale s’impone il fondato sospetto che l’esito della consultazione sarebbe potuto essere diverso.
8l. Né la piena valenza invalidante del vizio accertato potrebbe essere confutata argomentando dalla circostanza che l’art. 10, comma 3, d.lgs. n. 235/2012 prevede testualmente la nullità dell’elezione – solo – per colui che versi in una delle condizioni di incandidabilità elencate dal comma 1.
A questo riguardo occorre considerare, infatti, quanto segue:
– le incandidabilità previste dall’art. 10 cit. riguardano anche – e, in una dimensione di frequenza quantitativa, riguardano soprattutto – la posizione di chi si candidi a ricoprire dei semplici seggi consiliari, ipotesi in presenza della quale la nullità prevista dalla legge si presenta tipicamente nella mera forma della nullità parziale;
– l’art. 10 cit. si limita a regolare le conseguenze immediate dell’elezione di un soggetto incandidabile, lasciando impregiudicata l’eventualità di una propagazione in concreto del relativo effetto invalidante sulle operazioni elettorali alla luce dei preesistenti principi regolatori della materia, con i quali l’articolo va pur sempre coordinato (ad esempio, nel caso emblematico che l’incandidabilità colpisca proprio il candidato sindaco eletto) (cfr. a suo tempo Sez. V, 13 settembre 1999, n. 1052);
– l’art. 10 cit. non risulta offrire, infine, alcun elemento che possa denotare un ipotetico intento legislativo di escludere la possibilità di una propagazione dell’invalidità da esso stabilita al di là di quanto concerne la specifica persona del soggetto incandidabile.
8m. In accoglimento del ricorso di prime cure la Sezione deve pertanto pronunziare l’annullamento integrale delle elezioni oggetto di scrutinio.
9. Il ricorrente ha richiesto che il Giudice adìto, oltre ad annullare le elezioni, ne ordinasse la ripetizione, stabilendo che alla nuova consultazione avrebbero potuto partecipare le sole liste precedentemente ammesse, con l’eccezione della lista n. 1.
Queste domande sono però inammissibili (anche alla luce delle obiezioni della difesa comunale).
La rinnovazione delle elezioni, che è imposta già dalla legge quale conseguenza dell’annullamento che abbia investito le precedenti, esorbita dal petitum consentito dalla disciplina dell’art. 130 c.p.a.
Quanto alla richiesta di interdire anticipatamente la partecipazione alle future elezioni della lista n. 1, essa non solo integra una domanda nuova inammissibilmente formulata per la prima volta in appello, ma è comunque anche una domanda priva di fondamento: a ogni elezione che, data la sua funzione, è diretta a costituire una rappresentanza politica che sia emanazione della volontà attuale del corpo elettorale legittimato a esprimersi, devono poter partecipare tutte le formazioni politiche che adempiano agli oneri previsti dalla legge per la presentazione delle liste.
10. In conclusione, con le precisazioni appena fatte, l’appello deve trovare accoglimento, e con esso anche il ricorso di primo grado del sig. Romeo, con il conseguente annullamento delle elezioni investite dall’impugnativa.
Nella natura della controversia e nella peculiare causale di invalidità riscontrata si rinvengono, tuttavia, ragioni tali da giustificare l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Prefettura di Potenza, che per conseguenza estromette dal giudizio, accoglie l’appello in epigrafe, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie l’originario ricorso introduttivo, e conseguentemente annulla le elezioni per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale di Grumento Nova tenutesi nel maggio del 2014, e la relativa proclamazione degli eletti.
Compensa fra tutte le parti in causa le spese processuali del doppio grado di giudizio.
Manda alla segreteria della Sezione per la trasmissione di copia della presente decisione al sindaco di Grumento Nova e per la sua comunicazione al Prefetto di Potenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, per procedere all’oscuramento delle generalità del sig. [omissis], manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.