C’era una volta una bambina assai curiosa della vita, oltremodo vivace, quasi irrefrenabile, tanto che qualcuno la chiamava Terry, diminutivo di terremoto. Le piaceva soprattutto scoprire il mondo, stare all’aperto, nella bella natura che la circondava, che fosse il mare, la montagna, la campagna, qualsiasi luogo utile da perlustrare. Spesso si arrampicava sugli alberi e si dilettava a comporre versi che poi volavano via, nell’aria, oppure disegnava, o semplicemente parlava con Dio. Sua madre gliene dava di santa ragione per cercare di domare quel suo carattere ribelle ed anticonformista, quasi al limite della follia per taluni; ma andava bene a scuola, leggeva tutto ciò che le capitava sotto mano, persino i fotoromanzi della mamma.
C’era una volta una ragazzina che amava mangiare ed era un po’ cicciottella, portava gli occhiali da quando aveva un anno e per questo veniva presa in giro dai coetanei cattivi ed essendo molto sensibile, piangeva di nascosto. Tuttavia le piaceva stare assieme agli altri, a tutti, senza fare distinzione di genere, condizione sociale, carattere, nazionalità; alcune cose però, davvero malvagie, non le avrebbe mai dimenticate.
C’era una volta una giovane liceale su cui nessuno avrebbe scommesso un soldo e poi una brillante studentessa universitaria senza alcuna guida e priva di mezzi, ma con una determinazione al di fuori del normale, con ideali di eguaglianza sociale e di giustizia nella testa.
C’era una volta una donna che nessuno avrebbe mai visto madre di tre figli, orfana del padre che amava al di sopra di ogni altro essere vivente, una tipa tosta che aveva imparato a non fidarsi di nessuno, pur mantenendo una bizzarra fiducia nel prossimo e in un mondo migliore.
C’era una volta ma ora non c’è più, anche se probabilmente non morirà mai la parte più onesta di essa, quella che non si rassegna alla mediocrità dilagante e alla banalitá del male e che lotterà come quella ragazzina che non si accontentava mai del sentito dire ma che ambiva a ragionare con la propria testa, amando talvolta persino chi non lo meritava.
Portavoce di me stessa e dei bisogni dei più deboli.
Annalisa Capaldo