“I lettori li riconosci per strada, da come si muovono, da come guardano, da come parlano. E del resto se un giornalista non sa come sono fatti i suoi lettori, il giornale non si può fare. Queste parole ascoltate tante volte nei corridoi della redazione mi sono venute in mente ieri mentre tornavo a casa, a Repubblica.” E’ l’attacco di qualche giorno fa dell’editoriale di Mario Orfeo, nuovo direttore di Repubblica. Siamo d’accordo, i lettori si riconoscono proprio così, cercando di annusarli, di intuire cosa vogliono leggere, cosa gradiscono di più. Gli elettori, invece, come li riconosci ? Al di là di quel che dicono in pubblico, riusciamo a capire il meccanismo che li muove nel segreto dell’urna ? Occorrerebbe l’illusionismo del sempre verde Mago Silvan per decifrarne la coerenza tra il “dire” e il “votare”. Gore Vidal scriveva questo: “Mentre le società diventano decadenti, il linguaggio decade anch’esso. Le parole sono usate per mascherare, non per illuminare, l’azione: si libera una città o una nazionale distruggendola. Le parole servono a confondere, cosicché in periodo di elezioni la gente voti solennemente contro i loro stessi interessi.” Paradossale Vidal ma interessante nella formulazione del pensiero di fondo: la gente crede di votare per interessi propri ma così facendo finisce per votare esattamente contro i propri interessi. E’ il rovesciamento del suffragio universale: se voti quello che ti promette qualcosa, alla fine voti contro te stesso in quanto cittadino o patriota, in quanto dignitoso elettorale, in quanto ancora legato a quello “scambio” che in questi precipitevoli tempi è pià illusione. Cosa e chi votare allora se proprio si decide di votare ? Chi è politico-uomo o politico-donna disponibile ad ascoltare, a prendere nota di problemi (non ad personam ma in una dimensione di minima estensione), a farsene carico nelle sedi giuste senza proclamare risoluzioni facili. Alla gente manca il contatto diretto, quello di una volta, insomma quello delle sezioni di partito. Non vi fate illusioni voi che rimpiangete quel tempo: non tornerà. Ma sono possibili nuove forme di aggregazioni, anche mobili, che vadano al di là del messaggio social o dell’intervista gessata. Il politico del futuro per noi questo deve diventare, che sia in ambito comunale o provinciale, regionale o nazionale. L’unico che è riuscito veramente a cambiare le cose dopo esser stato in una cabina è Superman. Ma è domenica, via il pessimismo. C’è un’azione peggiore che quella di togliere il diritto di voto al cittadino, e consiste nel togliergli la voglia di votare. Per far tornare la voglia, la prima mossa spetta a chi ispira a essere eletto e non nominato: parlare chiaro, comportarsi di conseguenza, cercando strade di risoluzioni evitando il messianismo, farsi “tutti” partendo da “io” pensante.
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